Concetto Ferrarotto
C’è un’etica nel lavoro che andrebbe difesa contro tutto e tutti. Invece ci si appiglia a rituali antichi, a desueti conflitti tra modernisti e conservatori. E c’è un tempo, per la giustizia, che andrebbe rispettato. Perciò ci vorrebbe un Tribunale veloce, adeguato. Ma non c’è. La Sezione Lavoro del Tribunale di Catania ha tempi biblici, fra i più lunghi d’Italia, in un territorio che soffre di grandi conflitti economici e di diffusa irregolarità nei rapporti di lavoro. Il Codice di procedura c’entra poco con il problema ed anche i magistrati in fondo sono vittime della situazione: sono otto in tutto, con l’ausilio di alcuni giudici onorari. Nel 2001, quando erano nove, il CSM ritenne che fosse un numero largamente inadeguato per fronteggiare le 10.597 cause pendenti di allora. Nel 2015 i procedimenti in carico alla sezione toccavano i 25.000, oggi sono ancora aumentati, i giudici sono diminuiti. La durata media di un processo ordinario per differenze retributive è di circa 6 anni, con punte di 8. I procedimenti di urgenza o le cause per licenziamento hanno la loro prima udienza all’incirca 10 mesi dopo la presentazione in Cancelleria. In pratica, una giustizia inesistente. Facciamo un esempio: se un lavoratore, magari un docente della scuola statale, nel mese di settembre subisce un trasferimento illegittimo da Catania ad Udine ed ha urgenza di bloccarlo, potrà cominciare a discutere la causa dopo che l’anno scolastico si è concluso, più o meno nel mese di luglio dell’anno dopo.
E non avrebbe miglior esito una ripetuta insistenza affinché il giudice coinvolto acceleri la propria attività, perché c’è quasi un’impossibilità materiale e si rischierebbe una decisione erronea: una definizione in tempi rapidi non è l’unico criterio per definire un processo “giusto”, ancor prima, ha scritto qualcuno, occorre “garantire una decisione il più possibile corretta e accurata”.Una qualità che un tempo qui è stata eccellenza ed oggi è semplice adeguamento all’ordinario. Un quadro desolato e allo stesso tempo indifferente alle cronache politiche. Del resto, il Tribunale del Lavoro è sempre stato in città il “Tribunale Calimero”, mal funzionante perché nessuno se ne occupa. Quasi appartenga ad una giustizia di serie B, quella dei conflitti sul lavoro che nella cultura cittadina è vista come capriccio o privilegio invece che regolamento di contratto.
Non tutti si rassegnano e ovviamente c’è chi reagisce. Gli avvocati catanesi dell’A.G.I., un’associazione nazionale rappresentativa degli specialisti in diritto del lavoro, hanno scritto al ministro della Giustizia ed al C.S.M., chiedendo un immediato aumento della pianta organica dei magistrati del lavoro e intanto che si distacchino alcuni giudici delle sezioni civili. Per comprendere: Milano, con lo stesso numero di nuovi ricorsi per anno, ha 23 giudici del lavoro e sono considerati pochi. Napoli 54, Roma 63.
La questione tocca il tessuto economico dell’intero territorio, condizionandolo, quindi servirebbe il coinvolgimento di tutte le forze sociali e dell’opinione pubblica. Perché non giova a nessuno che non vi sia giustizia. Nemmeno alle imprese che restano nell’incertezza sull’esito delle cause, nell’impossibilità di programmare il loro sviluppo. Un giorno il manager di una multinazionale americana offrì 40mila euro per transigere una causa che avrebbe visto l’azienda vincente: spiegò che restare nel limbo del processo per anni ed anni sarebbe costato di più a chi fa impresa progettandone futuro. Il tempo, come si usa dire, è denaro. E forse è proprio la mancanza di cultura della programmazione che illude le imprese locali sulla convenienza di una giustizia del lavoro tragicamente lenta. La verità è che così le aziende sane subiscono il dumping economico di imprese disorganizzate o di società fantasma, create per poi scomparire nel tempo di durata di una causa. Catania deve ricominciare anche da qui. Regolare i rapporti economici, costruire modelli di efficienza attraverso l’intervento di una giustizia rapida e puntuale.
La città non può tollerare i tempi della ferrovia a vapore nell’epoca del digitale.
E non può tollerare che il suo Tribunale del Lavoro sia ospitato nelle stanze di un edificio per abitazione, al costo di 800mila euro l’anno di affitto. Un prezzo, a proposito di giustizia, profondamente ingiusto.
Questo disaggio lo sto provando sulla mia pelle, sono quattro anni ormai che aspetto. Sto vivendo un dosaggio familiare molto forte, esaurimento, problemi finanziari a mai finire. Il datore di lavoro agisce in mala fede confidando proprio nei tempi biblici che il tribunale di Catania ha per le causa. Sono stanco, non si può andare avanti così. Spero che questo articolo possa dare luce ad una situazione insostenibile, vi prego aiutateci stiamo vivendo una situazione molto difficile. Grazie