Il terremoto dei Santi. Fare memoria, ma non è solo speranza

Il terremoto dei Santi. Fare memoria, ma non è solo speranza

di Saro Faraci

Oggi è il 13 dicembre, la festa di Santa Lucia patrona della città di Siracusa.

Trent’anni fa, proprio nella provincia aretusea, nella notte del 13 dicembre si scatenò un sisma di magnitudo 5.7. Il terremoto di Santa Lucia causò ingenti danni ad edifici privati e pubblici: 500 miliardi di lire, ma a conti fatti molti di più. Provocò la morte di 17 persone, dodici delle quali a Carlentini. Lasciò per lungo tempo una scia di dolore e di disagi nelle famiglie duramente colpite da quel terremoto venuto dal mare.

Tremò tutta la Sicilia sud-orientale allora, il terremoto si avvertì anche nel catanese. Sono passati trent’anni fa, la ricostruzione seppur lentamente è avvenuta. Ci sono però fondi non ancora spesi dei 4.000 miliardi di vecchie lire che lo Stato trasferì alla Regione Siciliana.

Prende spunto da quel terribile evento il prof. Paolo La Greca, urbanista, per scrivere oggi sul quotidiano La Sicilia che in materia sismica bisogna pianificare per prevenire. “I costi di ricostruzione sono molto più elevati di quelli della prevenzione e questa si fa solo se vi è elevata conoscenza dei fenomeni e adeguato consenso sulle azioni da intraprendere”, puntualizza il docente dell’Università degli Studi di Catania.

La Greca però precisa ancora: “Le misure messe in campo finora dalle detrazioni fiscali al super bonus decollano a fatica. Hanno più appeal per l’adeguamento energetico meno invasivo sugli edifici”. Non c’è insomma ancora una cultura della prevenzione. Leccarsi le ferite dopo un terremoto è quello che succede spesso a chi vive nelle zone sismiche come quelle etnee.

Tra tredici giorni sarà Santo Stefano.

Questa festa, il giorno dopo Natale, per un vasto territorio ricompreso fra Zafferana Etnea, Acireale ed Aci Sant’Antonio evoca il triste ricordo di un altro sisma. Il sisma di Santo Stefano. Quello del 26 dicembre 2018, di magnitudo 4,8, verificatosi sul fianco laterale dell’Etna, alla profondità di un km.

Una scossa fortissima, terribile. Chi ha vissuto quell’evento, come chi vi scrive, ricorda benissimo quella notte, alle ore 3.19. Abbiamo provato la sensazione come di due mani giganti che dall’esterno afferravano le nostre case e le scuotevano energicamente fino quasi a romperle. Non ci furono morti, ma tanti danni. Il centro più colpito Zafferana, nelle sue popolose frazioni di Fleri, Poggiofelice e Pisano.

Sono trascorsi due anni dal sisma di Santo Stefano, le cose da fare sono ancora tante.

L’ufficio del commissario straordinario per la ricostruzione dell’area etnea guidato dall’ex magistrato Salvatore Scalia è in piena attività per accelerare l’iter amministrativo, ma i nodi da sciogliere rimangono ancora tanti. Negli uffici tecnici dei comuni colpiti dal sisma, nuovo personale è stato appena reclutato per velocizzare le pratiche di autorizzazione ai lavori di ripristino degli edifici. Ci sono ancora tante abitazioni private che necessitano di manutenzione a valere sulle risorse finanziarie che il Governo nazionale mise subito a disposizione della Protezione Civile, ma ancora non tutte spese

Il 26 dicembre i comitati per i terremotati, i gruppi spontanei sorti in questi anni nei territori e i principali protagonisti istituzionali coinvolti nel “dopo terremoto” si ritroveranno alle 16 in una diretta social che sarà trasmessa dalla pagina Facebook Movimentorialzatifleri.

Non solo Speranza hanno titolato l’incontro. Speranza la prima a nascere, mai ultima a morire in questi territori flagellati dal sisma di Santo Stefano. Ma Speranza è come un bambino che ha bisogno di cure e attenzioni per crescere bene e arrivare alla maturità.

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