Il voto delle donne che cambiò l’Italia quel 2 giugno 1946

Katya Maugeri

Monarchia o Repubblica? Oltre dodici milioni di donne a esprimere il proprio parere politico, per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente cui spetterà il compito di redigere la nuova carta costituzionale. Lunghissime file di fronte ai seggi elettorali. Donne che impazienti attendevano il turno, per manifestare la loro opinione, per la prima volta, attraverso il voto.

Era il 2 giugno del 1946. Voti che contribuirono a decretare l’esilio di casa Savoia. Una vittoria importante, frutto di lunghe battaglie sociali, politiche, culturali. Erano state numerose le lotte per affermare e conquistare l’emancipazione femminile, la parità dei diritti, il diritto all’istruzione.
Già nel 1919 il Parlamento approvò la proposta di legge per il riconoscimento della capacità giuridica della donna, rimandandone però l’attuazione alla legislatura successiva. Fu Benito Mussolini, nel 1923, a introdurre il suffragio amministrativo femminile, che non trovò attuazione a causa della stessa riforma fascista degli enti locali; le suffragiste – che avevano sostenuto il fascismo credendolo una forza di modernizzazione nazionale – dovettero rinunciare, ancora una volta, e attendere la liberazione del Paese dalla dittatura. La vera svolta avvenne il 1° febbraio del 1945 quando durante il governo Bonomi, su proposta di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, venne concesso il diritto di voto alle donne italiane. Un impegno civile e politico incarnati in figure importanti quali Nilde Lotti – prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera, e Tina Anselmi – partigiana attivista nella lotta contro il fascismo. Un traguardo raggiunto grazie al coraggio di donne che la storia l’hanno segnata e vissuta attraverso sogni diventati sentieri da percorrere.

Emancipazione, libertà che si incastrano a fatica con la nostra attuale realtà, impreparata, una realtà politica e sociale difficile, contraddittoria lontana dalle idee e dagli ideali che alimentavano le donne in fila dinanzi quei seggi, con la voglia di migliorare la propria condizione, credendo fortemente al cambiamento attivo come in quel 2 giugno 1946.

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