Io sono minoranza

Io sono minoranza

di Erica Donzella
editor e scrittrice

Me ne sono resa conto mentre sorseggiavo il mio primo caffè della giornata, a gambe incrociate sulla mia poltrona. Mi sono ritrovata a farfugliare qualcosa nel momento esatto in cui lo specchio del mio armadio ha riflesso la mia immagine assonnata e sbiadita alle 7,30 del mattino.

«Accidenti… sono un insieme di “meno”». È facile: il mio biascicare è stato indotto da una riflessione che ha a che fare con la mia carta d’identità. Il prossimo mese sono 31, e questo è un fatto. Di cosa sono fatti questi anni? Di scelte e scoperte, di prese di posizione e di scarti. Con lo sguardo fisso sul riflesso specchiato della tazzina, ho pensato di essere minoranza già dall’abitudine di fare colazione con un caffè amaro e a stomaco vuoto. Anche questa è una scelta, importante. Mi estromette, di fatto, da tutta quella popolazione mondiale che prende il primo caffè della giornata al bar. Da questo momento in poi l’elenco inizia a gonfiarsi notevolmente.

Sono una minoranza in quanto omosessuale.

Fisso la mia maglietta indossata al Pride e sento, in una eco lontana, gli insulti di quando ero piccola, adolescente, ragazza dieci anni fa: «Ma è fimmina?». Non riuscirò mai a comprendere il motivo di tanta curiosità nei confronti di una persona che vedi passare per strada. E sono traumi, e sono silenzi, e solchi da cui è difficile uscire, fin quando non alzi la voce e li batti con la logica: «No, sugnu masculu, e quindi?». Una vita così, facendo finta che sia “normale”.

Sono una minoranza in quanto meridionale.

Diciamocelo francamente, la questione è ancora aperta da ogni punto di vista: storico, economico, culturale. Ci sto mettendo un po’ a prendere le misure con i miei colleghi “continentali”. «Da dove vieni?» «Sicilia» «Ah beh, non è facile fare qualcosa lì…». Certo, ma non è facile da nessun’altra parte, attualmente, in Italia. Ce la facciamo comunque a dialogare con le stesse competenze o diamo ancora ragione a chi si pensa ancora che la secessione del nord Italia sia necessaria e ci infarcisce di pregiudizi sui terroni?

Sono una minoranza in quanto antifascista.

E nello stesso momento in cui lo penso mi sembra assurdo sentire la necessità di elencare questo punto, perché in un paese civile dichiararsi contro ogni regime dovrebbe essere la norma e non l’eccezione. Sono una delle poche persone (milioni in realtà, fortunatamente, ma non la maggioranza, ahimè) a pensare che ci siamo ricascati? Davvero per difendere i miei diritti mi devo ancora appellare ad articoli della Costituzione in cui si afferma, nero su bianco, che il fascismo è un reato? Mi devo persino difendere da chi dice che esagero. Meraviglie del diritto di parola.

Sono una minoranza in quanto donna.

A dispetto di quanto ancora se lo stessero chiedendo quando passo per strada. Perché c’è ancora un abisso tra lo stipendio che potrò guadagnare da dieci anni rispetto a quello di un mio collega, perché le mestruazioni per me sono considerate un lusso che pago con il 22% di Iva sugli assorbenti, perché mi devo ancora spaventare tornando a casa di notte.

Mentre elenco tutte queste cose il caffè è finito e mi riscopro improvvisamente meno triste di quando avevo iniziato a parlare con me stessa con un occhio ancora mezzo chiuso. Perché considerare meno quello che invece, a trent’anni, mi fa essere semplicemente me stessa e un essere umano in grado di guardarsi allo specchio senza farsi, in fin dei conti, così troppo schifo?

Scelte, e non scelte minori. Io sono tutto questo e tanto altro, una variegata complessità. Io sono minoranza, ma “non mi avrete mai come volete voi”. E questo è sicuramente più di quanto potessi desiderare prima di compiere 31 anni.

Instagram: @the_bookeditor / donzellaerica@gmail.com

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