La Cassazione nega i domiciliari a Giovanni Brusca: "La collaborazione non basta"

Katya Maugeri

ROMA – La Cassazione ha negato i domiciliari al mafioso pentito, Giovanni Brusca, soprannominato “lo scannacristiani”, ritenuto responsabile di oltre cento omicidi tra cui quello del piccolo Giuseppe di Matteo e del giudice Giovanni Falcone:  il “ravvedimento” non può essere presunto “sulla base della sola collaborazione” e dell’assenza di attuali collegamenti con la mafia, ma “richiede ulteriori, specifici, elementi” e “una maggiore attenzione verso le vittime”, confermando così, quanto stabilito nell’ottobre scorso dal tribunale di sorveglianza di Roma. Brusca sconta una pena a 30 anni che scade nel 2022, e non l’ergastolo in base ai benefici riconosciuti per la sua collaborazione.

Gli “specifici elementi di resipiscenza”, nel caso di un soggetto della “caratura criminale” quale quella dimostrata da Brusca “con la pregressa devianza”, spiega la Cassazione, devono essere sostenuti anche da “concrete iniziative riparatorie” tali da rivelare “un serio intento di riconciliazione con la società civile così gravemente offesa”.
La difesa dell’ex boss di Cosa nostra ha più volte sottolineato la revisione critica del passato criminale, spiegando che i domiciliari non possono essere esclusi solo sulla base della gravità e atrocità con la quale Brusca ha commesso i propri reati, come inoltre non possono essere subordinati alle offerte risarcitorie, secondo i legali  non sarebbe comunque economicamente in grado di sostenere. Per la Cassazione da parte di Brusca non ci sono ancora “progressi determinanti”, nessun gesto concreto di riparazione nei confronti delle vittime, nemmeno di “tipo simbolico”.

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *