La laurea paga e ripaga gli sforzi degli studi universitari, il differenziale retributivo però non si vede subito

La laurea paga e ripaga gli sforzi degli studi universitari, il differenziale retributivo però non si vede subito

di Saro Faraci (seconda puntata)

Abbiamo presentato ieri i primi risultati dell’indagine dell’Osservatorio Job Pricing sui laureati delle Università italiane. Vediamo di capire perché le lauree in ingegneria e in ambito scientifico danno una probabilità nettamente superiore alle altre di trovare lavoro, mentre quelle in ambito politico-sociale e giuridico incontrano ancora le maggiori difficoltà.

Il punto di partenza è l’indagine sulla condizione occupazionale dei laureati di AlmaLaurea, giunta alla XXI edizione nel 2019. Da un lato, i laureati di primo livello in Ingegneria, in ambito scientifico, nelle professioni mediche e sanitarie, nel settore chimico-farmaceutico e così via hanno un’elevata probabilità di lavorare rispetto ai laureati con indirizzo politico-sociale. Il mercato del lavoro tira a loro favore. Dall’altro lato, ad un anno dalla laurea oltre il 15% dei laureati italiani di qualsiasi livello è però senza lavoro. Concorre al dato anche la naturale revisione delle aspettative al ribasso, che in gran parte spiega il fenomeno della “sovra-istruzione”, ovvero i laureati hanno competenze ridondanti rispetto a quanto chiede il mercato del lavoro privato. Sebbene, nell’ultimo quinquennio (2014-2019) vi sia stato un miglioramento, la situazione occupazionale è peggiore di quella di dieci anni fa. Colpa delle recessioni economiche dell’ultimo decennio. Però, dopo cinque anni dal conseguimento del titolo accademico, la situazione migliora nettamente e la disoccupazione cala fra il 6% e il 7%.

Se l’istruzione accademica è dunque un differenziale competitivo importante per un giovane che ricerca lavoro, vediamo di capire quanto vale il livello di istruzione, ovvero se esista una differenza retributiva fra chi è laureato e chi non lo è. I dati dell’Osservatorio Job Pricing aiutano a fare un po’ di chiarezza.  La retribuzione media lorda annua di un laureato è di quasi 40 mila euro, quella di un non laureato poco meno di 28.000. Dunque c’è una differenza di 12 mila euro che diventano quasi 13.000 se si considera l’intero pacchetto retributivo, comprensivo di eventuali premi variabili aggiuntivi alla retribuzione fissa. La laurea paga dunque.

Entrando nel dettaglio dei livelli di scolarizzazione, è evidente la correlazione fra titolo di studio e valore medio delle retribuzioni. Migliore è il titolo di studio ottenuto, maggiore si prospetta la retribuzione percepita. Ad esempio, chi ha un master di secondo livello ha una retribuzione media lorda annua di 47.298 euro, quasi il doppio di chi invece si è fermato solo alla scuola dell’obbligo. Insomma, studiare paga, perché lo stipendio cresce al crescere del titolo di studio. Il conseguimento di un master di primo livello o della laurea magistrale, ad esempio, è un fattore decisivo in termini retributivi. Più basso è invece lo spread fra chi ha conseguito una laurea triennale e chi invece è in possesso del diploma, almeno all’inizio. Col passare del tempo, la situazione però migliora. Infatti, anche i lavoratori con laurea triennale hanno evidenziato negli ultimi 5 anni il trend migliore in termini di retribuzione.

Ma quando è il momento in cui lo studio inizia a rendere? L’investimento nello studio universitario – secondo l’Osservatorio Job Pricing – comincia a produrre frutti in modo significativo entro i cinque anni dal conseguimento del titolo. Del resto, secondo i dati del XXI rapporto di Almalaurea, la retribuzione netta aumenta di oltre il 35% sia per le lauree triennali che per quelle magistrali. Tuttavia, le recessioni economiche del decennio precedente hanno lasciato uno strascico. Le retribuzioni d’ingresso, infatti, sono considerevolmente più basse di dieci anni fa, seppure in tendenza positiva dal 2013 ad oggi. Il 2020, tuttavia, ci ha catapultati nel periodo del coronavirus e dunque non è possibile stimare al momento quali saranno i prossimi effetti sul mercato del lavoro.

La laurea paga dunque e nel tempo ripaga pure gli sforzi degli anni di studio. Analizzando le retribuzioni negli anni e differenziando per titolo di studio, inizialmente la forbice tra le retribuzioni di laureati e non laureati è molto sottile, appena il 12,3%, nella fascia giovanile, per il fatto che i laureati entrano stabilmente nel mercato del lavoro non prima dei 25-26 anni, mentre chi ha un diploma al raggiungimento dei 24 anni ha già acquisito un certo numero di anni di lavoro.  Lo spread però poi cresce nelle successive fasce d’età. Arriva al 44,6% nella fascia 35-44 anni e del 68,1% nella fascia d’età successiva (45-54 anni). E’ dopo i 35 anni infatti che giunge il momento in cui si concretizzano a livello professionale gli anni di studio universitari. E’ lì che avviene il salto retributivo.

Qual è infine l’impatto del titolo di studio sulla carriera? Interessanti sono le conclusioni dell’indagine di Job Pricing. Infatti, analizzando gli stipendi in funzione dei livelli di istruzione e dell’inquadramento contrattuale, l’istruzione non è un fattore di differenziazione nell’ambito di una medesima qualifica professionale: “per un dirigente, un quadro, un impiegato o un operaio, avere la laurea o no fa poca o nessuna differenza in termini di stipendio”. L’istruzione universitaria però diventa un fattore decisivo nella probabilità di accesso alle posizioni più importanti e per scalare la gerarchia organizzativa di imprese ed istituzioni. La percentuale di dirigenti e quadri è considerevolmente più elevata tra i laureati (meglio ancora se in possesso di un master), mentre tra i non laureati la percentuale di dirigenti e quadri si ferma intorno al 5%.  Da una prospettiva diversa, dirigenti e quadri nel mercato sono in maggioranza laureati, mentre solo un impiegato su quattro possiede un titolo di studio accademico.

Non è solo italiana la caratteristica che i laureati siano i meglio retribuiti nel mercato del lavoro. Come per altri Paesi, c’è un premio per l’istruzione terziaria che in Italia però si ferma al +36,5%, comparativamente più basso sia rispetto alla media OECD (+53,6%) che a quella UE (+49,1%).

A proposito di laurea e retribuzione, quale facoltà scegliere? quale Ateneo frequentare? A queste domande, daremo risposta nell’ultima puntata di questa breve inchiesta.

fine seconda puntata – clicca qui per i contenuti della prima

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *