L’impatto del Covid-19 sull’economia e il management delle imprese è uno dei “topics” più caldi del momento. Cosa accadrà dopo che la pandemia sarà finita? Ma cosa sta accadendo già fin da adesso? Prosegue il dibattito fra studentesse e studenti del corso di Principi di Management impartito all’Università di Catania nel corso di laurea in Economia Aziendale. Di seguito i primi tre articoli fin qui pubblicati, il primo, il secondo e il terzo. Oggi è il turno di Cristian Amico e Samuele Maugeri con il loro contributo sulla leadership dei manager
***
Il Manager che può salvare l’impresa dal Covid-19 di Cristian Amico e Samuele Maugeri
Ogni crisi può essere vista come un’opportunità: in un mondo fortemente globalizzato ed altamente competitivo il virus si diffonde velocemente e tanto più l’epidemia durerà, più diventerà fondamentale reagire con tempestività e creatività.
Tra i settori più colpiti troviamo proprio il turismo (-35%). Un’altra brutta batosta per l’Italia, come se la crisi finanziaria del 2008, la crisi dei debiti sovrani e la convocazione di Pellè in nazionale non fossero abbastanza.
“Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione.”
Un problema nuovo richiede soluzioni nuove ma la struttura di base rimane la stessa.
Le quattro funzioni del manager possono essere riadattate ad un contesto nuovo, pieno di insidie.
Il primo step è riconoscere il momento di crisi e pronosticarne la durata. Ad oggi non vi è tra gli studiosi un’opinione unanime a riguardo, ma secondo gli scenari più pessimistici solo a partire dal 2021 riusciremo ad uscire totalmente dalla crisi.
Il manager dovrà quindi creare un framework di possibili outcomes e definire le strategie, stilando obiettivi (Planning) e budget (Organizing) che rappresentino la risposta più efficace alla crisi. Ciò non è affatto semplice, soprattutto a causa dell’incompletezza delle informazioni a disposizione.
Ed è proprio nella funzione di Leadership che si fa la differenza. Un manager di livello rende partecipi i collaboratori della nuova strategia aziendale e se ne prende la responsabilità. Ancor di più va stimolato il lavoro di gruppo, seppur a distanza, in un momento in cui il lavoratore potrebbe sentirsi isolato e, quindi, alienato.
Infine la funzione di Controlling va effettuata periodicamente, per verificare che il nuovo piano di azione stia funzionando e, se necessario, per correggere la traiettoria.
L’attivazione di piani di smartworking necessita che il manager si ponga come interlocutore vicino e credibile nei confronti di dipendenti e clienti, capace di comunicare in modo umano, mettendo in gioco i propri valori.
In Italia, nonostante i potenziali benefici economici, sociali e ambientali, i tassi di adozione del lavoro in remoto sono sempre stati molto bassi. È soltanto l’emergenza economica causata dal coronavirus che sta permettendo di attuare il più grande esperimento di smart working mai realizzato nel panorama imprenditoriale italiano.
Un segnale di forte interesse è arrivato anche dal governo, che ha emanato un decreto attuativo con cui si bypassano tutti gli adempimenti normativi per l’avvio del lavoro agile. È la dimostrazione di come le istituzioni siano molto attente alle esigenze delle aziende, impegnate sul duplice fronte di rispettare le misure di contenimento dell’epidemia, e di mantenere elevata la propria produttività.
Ma a questo punto sorge spontanea la domanda: alla fine dell’emergenza le aziende saranno diverse? Muterà il modo di vivere in azienda e in società?
Per ciò che riguarda lo smartworking, le probabilità di assistere ad un cambiamento irreversibile sono estremamente alte. Chiarire gli obiettivi, valorizzare i risultati raggiunti e responsabilizzare i propri dipendenti saranno le azioni chiave per impostare un progetto di smartworking vincente. E un modello da cui trarre spunto potrebbe essere il sistema scolastico, in cui i docenti stanno sperimentando nuove strategie didattiche, grazie ad un’applicazione, in alcuni casi anche originale, delle proprie soft skills