La lezione della lavanda

 

Salvo Reitano

I giorni che ci separano dal Natale concedono una mitezza inusuale, almeno nella riserva d’uomini di Sicilia dove tutti viviamo accostati.
Appena si dirada il buio e il sole si affaccia sull’orizzonte del mare le giornate risultano chiare e monta nel cielo di dicembre un solicello tiepido che promana un alito di piacevole calore.
Si sta lì, nel chiarore di una luce che andrà presto a perdersi e non si fa che pensare. Non più progetti a lunga scadenza, sogni gonfi di lievito, mani affondate nelle tasche del cappotto per crederci ancora e neppure qualche lungo, nitido attimo di compiacimento: che so io, la salute che tiene, il pane che resta in tavola companatico compreso, i figli che crescono bene, un lavoro da sudare.

Un pacco e una lettera dalla Maremma Toscana

Quasi niente è più possibile, senza sentire ripetere e affermare per ogni giorno italiano la parola morte, senza esserne sovrastati. I giorni sono chiari, gli addobbi natalizi emettono luci ad intermittenza, ma perimetralmente restano listati a lutto. Ogni nostra considerazione, pensiero, ipotesi, sentimento e pagina di cronaca è ormai profilata di nero, come i dolenti bigliettini con cui si ringrazia chi partecipò al dolore per un addio senza ritorno. Non so se questa sia vita. C’è chi ha patito certamente di più negli anni e nei secoli che hanno preceduto questo tempo macilento e infame, dove il rispetto per la sacralità della vita umana è calpestato e deriso in una continua slavina di sangue innocente.
Certo che è vita grama: l’obbligo di sperare è stracolmo come uno zaino da alpinista d’alta quota, il peso abbassa e curva le spalle, si ha così spesso urgenza di un sollievo per riprendere fiato.
Ieri, uno di quei giorni, mi consolavano, come il carezzevole venire di un’onda dolce di spruzzi su una spiaggia di sabbia dorata, un pacco e una lettera ricevuti dalla Maremma Toscana. E’ un vecchio amico. Un plurilaureato di campagna che scrive.
Pacco e lettera sono indirizzati ai mie figli. Il pacco è parecchio pesante ben tenuto dall’adesivo da imballaggio e legato con corda forte. Chiedo il permesso e apro pacco e lettera. Ed è così che leggo i fogli scritti in bella calligrafia con una penna a inchiostro che odora di giorni lontani. Dicono: “Cari ragazzi, tempo fa scrissi a vostro padre promettendo che sarei venuto a Catania per portare un po’ di quanto coltivo appassionatamente nel mio podere. Papà mi aspettava ma io non ho potuto mantenere la promessa perché nottetempo i ladri, che sono una delle tante “glorie” nazionali, m’hanno rubato ogni cosa. Tuttavia l’estate scorsa sono riuscito ad essiccare dei fichi e, sapendo quanto siete golosi, ve ne mando un po’, insieme ad alcune altre coserelle buone per il prossimo Natale. Se vi piacciono mangiatele con gusto. Le ho sterilizzate all’antica con un metodo naturale: acqua calda bollente. Le piante che io stesso ho messo a dimora le ho cresciute con tanto amore, forse con lo stesso amore con cui vostro padre coltiva quell’orticello di elzeviri, fino a farne un piccolo paradiso”.

I doni preziosi della terra

“Le ho innaffiate, concimate senza prodotti chimici, ripulite dalle erbacce infestanti, ho sarchiato spesso la terra per farla respirare e le ho legate ad un tutore di legno per meglio sostenerle e ripararle dalla furia del vento che qui in Maremma quando soffia, fischia forte.
Proprio come hanno fatto e continuano a fare i vostri genitori allorquando erigono intorno a voi delle fortezze per proteggervi dagli attacchi del male. Non scordate mai che sono i limiti che si pongono alla libertà per un fine superiore”.
Continua l’amico agricoltore plurilaureato: “Come dicevo mando qualcosa anche per il resto della famiglia. In particolare: un mazzetto di lavanda per la casa e le castagne per papà che ne va ghiotto. Le ho raccolte personalmente in una collina abbandonata, le ho messe a mollo per tre giorni e, dopo averle asciugate, le ho conservate sotto la sabbia.
Aggiungo: funghi di bosco, nocciole di macchia, olive (degli stessi olivi che misi a dimora tanto tempo fa e incredibilmente sono riuscito a rimanere la stessa persona che affondò le piccole radici nella terra e anche visto fiorire e maturare), aglio, origano, salvia, finochietto selvatico, foglie di alloro, rosmarino, conserva e astratto dei pomodori del mio orto e cinque litri di vino toscano dell’uva dei mie filari.
Spero che gradirete il significato di tutto: l’amicizia.
Cari ragazzi, vi prego: amate i vostri genitori. Amateli con tutta la forza del vostro cuore e della vostra mente. Amateli ora e sempre, anche quando, forse, vi verrà voglia di mandarli a quel paese. Ricordate che vi accompagnano alla vita vaccinandovi contro le tossine che un nuovo modo di vivere, che secondo me non è umano, sta cercando di iniettarvi.
Si può vivere, per fortuna e basta volerlo, come il fiore del loto che cresce nel fango senza sporcarsi. Ci si può costituire oasi nel deserto dei sentimenti. Trarre alimento e gioia dalle piccole cose che nessun mostro tecnologico riuscirà a distruggere.

Le parole sono un incanto

Ciao ragazzi, salutate cordialmente tutti, tanti auguri per i vostri studi e Buon Natale di gioia e di amore”. Segue la bella firma a inchiostro blu.
Le parole e i doni sono un incanto. E’ tutto un magistero. Una lezione di vita. Finisco di scartare il pacco e dal fruscio prorompono gli odori dell’orto, il profumo delle colline, gli effluvi della cantina, la fedeltà della terrà ingravidata e prodiga di bene, la costanza di un amore dedicato a ciò che davvero rende liberi, la coerenza instancabile con i grandi temi dell’uomo: credere, capire, donare, consegnarsi, trarre sempre il bello e il meglio dai giorni della vita e farlo anche, e soprattutto, per gli altri.
L’amico agricoltore della dolce Maremma, che tiene le sue lauree appese  alla parete della rimessa dove parcheggia i trattori e gli attrezzi dei campi, l’ha capito nei giorni del buio.
Ci manda castagne, fichi, olive, funghi di bosco, nocciole, rosmarino, aglio, finocchietto selvatico, salvia, alloro, lavanda, conserve di pomodoro e vino novello come simbolo della sua avvenuta ricerca del meglio e del buono e della pace che alberga il suo cuore.
La offre a noi, amici lontani, elargendola a piene mani. Invogliandoci all’imitazione.
I telegiornali e questi tempi difficili restano listati a lutto. Salvia e rosmarino mi fanno la predica. Odoro a lungo, respirando a piene narici, la lezione della lavanda.

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