ACI CASTELLO – Passò la prima auto dei Carabinieri a tutta velocità e con la sirena azionata. Pensai: la solita rapina all’ufficio postale. Poi un’altra “gazzella” e dopo pochi secondi una volante della Polizia e un’altra ancora. No, non poteva essere la solita rapina all’ufficio postale. Ero allo Sheraton per un convegno, in compagnia dell’ allora presidente della Provincia, Nello Musumeci, agli ultimi giorni deli suoi dieci anni a Palazzo Minoriti. Telefonai al collega Mimmo Trovato dell’Ansa: “Che è successo?”, “Una sparatoria al Comune di Aci Castello, ci sono dei morti”. Avvisai Musumeci, salimmo sulla blindata, in un paio di minuti arrivammo davanti al Municipio. Aci Castello sembrava in stato d’assedio. “Abbassatevi, entrate subito!” ci disse un ufficiale dei Carabinieri indicandoci l’ingresso del palazzo, sotto la bandiera, tra le cui colonne. Vicino alle scale si intravedeva il corpo di un uomo. “Sopra c’è il sindaco…” ci dissero.
Una situazione surreale dentro e fuori dal Municipio. “E’ ancora qua, in giro, armato”…”Bloccate le uscite del paese”…”Attenti…attenti….ha rubato un’auto”. poi il resto è cronaca e storia ufficiale: Giovanni Leotta, 32 anni, impegnato come lavoratore socialmente utile nel Comune, durante un raptus di follia uccise il sindaco Michele Toscano, 45 anni, ginecologo, e altre quattro persone: tre dipendenti comunali, Rita Mammino, 43 anni, Maria Marta Cappadonna, di 34, e Salvatore Li Volsi, di 37; e un pensionato di 66 anni, Giuseppe Castorina, in piazza Castello. L’omicida, in fuga, dopo avere sequestrato un rappresentante di commercio, concluse la sua giornata di follia suicidandosi nel Santuario della Madonna della Salute, nel Ragusano.
Sono trascorsi quattordici anni, ma le sensazioni di quel giorno sono incancellabili.
Daniele Lo Porto