L'antimafia avanza con trasparenza tra critiche e polemiche

|Katya Maugeri|

CATANIA – “Oggi siamo un po’ più contenti di ieri”, dichiara Dario Montana, referente provinciale del settore Memoria di Libera Catania e fratello del commissario Beppe Montana ucciso da Cosa nostra, riferendosi al nuovo Codice antimafia divenuto legge con 259 voti a favore. La Camera ha approvato la riforma che punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale; rende più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari; ridisegna l’Agenzia per i beni sequestrati; include corrotti, stalker e terroristi tra i possibili destinatari dei provvedimenti.

Critiche e polemiche da parte, invece, di Forza Italia, con Renato Brunetta, perché “si porta tutto sul piano penale” e dal M5S: “il testo uscito dalle modifiche apportate al Senato e che qui alla Camera ci è stato impedito di modificare, è un compromesso al ribasso”. Soddisfatta, dopo il via libera alla riforma, la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi: “È un regalo al Paese”, afferma. Per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è una “svolta”, ci saranno “più strumenti contro la mafia e più trasparenza”. Aria di cambiamento, quindi all’orizzonte.
Sono quasi 20 mila i beni confiscati alle mafie, tramite sequestro preventivo, a cui si aggiungono 2.876 aziende. Altri 20 mila i beni confiscati (tra terreni, aziende e immobili) con procedimenti di natura penale. Immenso il valore: quasi 30 miliardi, ma oltre il 90% oggi fallisce. Si allarga la cerchia dei possibili destinatari di misure di prevenzione: oltre a chi è indiziato per aver aiutato latitanti di associazioni a delinquere, la riforma inserisce anche chi commette reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione (ma solo nel caso di reato associativo) – anche in atti giudiziari – e concussione.

L’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali è resa “più veloce e tempestiva” prevedendo una “trattazione prioritaria”. Nei tribunali dei capoluoghi sede di corte d’Appello si istituiranno sezioni o collegi specializzati per trattare in via esclusiva i procedimenti. Si estendono i casi di confisca allargata, quando viene accertato che il patrimonio dell’autore del reato è sproporzionato rispetto al reddito e il condannato non è in grado giustificare la provenienza dei beni. Quando non viene applicata la confisca si può avere l’amministrazione giudiziaria e il controllo giudiziario. Confisca allargata obbligatoria per alcuni ecoreati e per l’autoriciclaggio e si applica anche in caso di amnistia, prescrizione o morte di chi l’ha subita.

Introdotto, inoltre, l’istituto del controllo giudiziario delle aziende in caso di pericolo concreto di infiltrazioni mafiose. Il controllo è previsto per un periodo che va da uno a 3 anni e può anche essere chiesto volontariamente dalle imprese. Maggiore trasparenza – quindi- nella scelta degli amministratori giudiziari, con garanzia di competenze idonee e di rotazione negli incarichi. Viene infatti modificato il procedimento di nomina e revoca dell’amministratore giudiziario di beni confiscati: l’incarico non potrà essere dato a parenti né a “conviventi e commensali abituali” del magistrato che lo conferisce.
Si tratta della cosiddetta “norma Saguto”, dal nome dell’ex presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo sospesa e indagata per corruzione.

Inoltre, per favorire la ripresa delle aziende sequestrate nasce un fondo da 10 milioni di euro l’anno e misure per aiutare la prosecuzione delle attività e la salvaguardia dei posti di lavoro. Gli imprenditori del settore matureranno, dopo un anno di collaborazione, un diritto di prelazione in caso di vendita o affitto dell’azienda e la possibilità di un supporto tecnico gratuito. Novità sulla segnalazione di banche colluse con la malavita.

Viene riorganizza l’Agenzia nazionale per i beni confiscati dotandola di un organico di 200 persone e che rimane sotto la vigilanza del ministero dell’Interno. La sede centrale sarà a Roma e avrà un direttore – non per forza un prefetto – che si occuperà dell’amministrazione dei beni dopo la confisca di secondo grado. Ridefiniti i compiti, potenziata l’attività di acquisizione dati e il ruolo in fase di sequestro con l’obiettivo di consentire un’assegnazione provvisoria di beni e aziende, che l’Agenzia può anche destinare beni e aziende direttamente a enti territoriali e associazioni.
“La speranza è che con la modifica delle norme sull’ANBSC (L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) possa essere più efficace il sistema della confisca – continua Dario Montana – soprattutto quello collegato alla gestione delle aziende confiscate che in questi anni è stato l’anello più debole soprattutto nei momenti di crisi economica non possiamo vedere andare in fumo macchinari e posti di lavoro. Proprio partendo della confisca delle aziende e dal loro mantenimento sul mercato si potranno bonificare interi settori economici ad oggi in mano a settori criminali. Speriamo che con il nuovo testo i beni confiscati possano essere messi al centro delle nuove politiche di welfare e rappresentare un’occasione di restituzione, non tanto dei danni creati ma quanto della dignità e della libertà delle persone. Mi sembra infine che la confisca per i corrotti saldi un debito con chi ha firmato sui banchetti per la prima legge di iniziativa popolare che chiedeva, già allora: vogliamo sequestrare i beni si mafiosi e ai corrotti, con l’approvazione della L. 109 questa seconda parte allora saltò”

“È un segnale positivo, un passo che va nella giusta direzione”, conclude Montana, una direzione fatta di speranza, di giustizia e voglia di rinascita.

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