L'assistenza oncologica ai tempi del coronavirus. Intervista a Roberto Bordonaro

L'assistenza oncologica ai tempi del coronavirus. Intervista a Roberto Bordonaro

di Luigia Carapezza – Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, Esperto in Psico – Oncologia

Il cancro non va in quarantena e ne sono testimoni le persone che ricevono una diagnosi di tumore anche ai tempi dell’epidemia da coronavirus. Cosa significa fare l’oncologo in un clima di emergenza nazionale ce lo spiega Roberto Bordonaro, che ci racconta l’esperienza dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia medica dell’Arnas Garibaldi di Catania di cui è direttore. 

“Io ritengo che il nostro compito da oncologi sia quello di garantire la continuità dell’assistenza oncologica e dell’erogazione delle terapie oncologiche sia a chi è già in cura, sia a tutti i nuovi pazienti che dovessero presentarsi domani, a prescindere delle rimodulazioni organizzative incontro alle quali la nostra Sanità regionale sia andata o dovrà andare nel prossimo futuro per fronteggiare l’epidemia da virus COVID2/SARS2. Noi continuiamo a lavorare a pieno regime nel nostro day-hospital continuando ad erogare più o meno lo stesso numero di terapie giornaliere, mentre le attività ambulatoriali sono state limitate alle sole prime visite non differibili e alle urgenze, per risparmiare all’utenza accessi in ambiente ospedaliero rinviabili a periodi meno a rischio ed evitare il congestionamento delle sale di attesa. Anche il nostro reparto di degenza lavora a pieno regime: stiamo privilegiando le ospedalizzazioni dei pazienti provenienti dal Pronto Soccorso, in modo da poter alleggerire il peso dell’attività dei nostri colleghi che lavorano nei settori di emergenza urgenza, affinché si possano dedicare alle eventuali infezioni da COVID2/SARS2 il cui afflusso in ospedale sta significativamente aumentando, soprattutto nella nostra città. Abbiamo pensato e realizzato dei percorsi di tutela per i pazienti più fragili con una particolare attenzione ai pazienti con neoplasia polmonare o i pazienti in trattamento immunologico. Riteniamo che sia un imperativo etico garantire la corretta assistenza oncologica a tutti i nostri pazienti anche in costanza di una situazione emergenziale come quella che stiamo attraversando.”

Quali sono le maggiori difficoltà che stanno affrontando in questo momento i suoi collaboratori?

“Purtroppo gli operatori sanitari tutti, medici, infermieri e personale ausiliario si confrontano con la grave condizione di non poter disporre di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) adeguati a proteggerli realmente da una eventuale fonte di contagio; ogni paziente che accede al day-hospital e al reparto degenze è sottoposto ad un triage anamnestico, finalizzato a evidenziare il grado di rischio di trovarsi di fronte ad un potenziale portatore di infezione da virus COVID2/SARS2, ma ovviamente le sole procedure di triage non sono sufficienti a scongiurare il pericolo. L’utilizzo delle semplici mascherine chirurgiche, in dotazione presso le nostre aziende, serve soltanto ad impedire che le goccioline di saliva che emette chi la indossa vengano disperse nell’aria, diventando così possibili vettori del virus; uno strumento quindi che non protegge chi lo indossa e che, comunque, è anch’esso distribuito con molta, forse eccessiva parsimonia. Così come vengono distribuiti in quantità largamente insufficiente anche i disinfettanti, così necessari in questo drammatico frangente.”

A quali raccomandazioni devono attenersi i pazienti che sono “costretti” a spostarsi dalle loro abitazioni per accedere alle prestazioni oncologiche ospedaliere? 

“Ai nostri pazienti raccomandiamo di indossare sempre mascherine chirurgiche sia a domicilio che nei propri spostamenti per raggiungere l’ospedale, mentre bisogna che evitino di utilizzare le mascherine FFP con filtro a valvola che rischiano di divenire un importante vettore di infezione per coloro che stanno loro vicino. I pazienti che sviluppino febbre durante la loro permanenza a domicilio sono invitati a non recarsi in ospedale, ed a contattare il proprio medico curante che valuterà il grado di rischio esistente che la sintomatologia espressa correli con una intervenuta infezione da COVID2/SARS2. Ovviamente valgono per i nostri pazienti le stesse restrizioni nei comportamenti sociali che valgono per la popolazione intera, cioè il non uscire se non per le poche attività indispensabili, gli atteggiamenti di distanziamento sociale, quale evitare di darsi la mano e di abbracciarsi e la necessità di mantenere una distanza minima con le altre persone di almeno un metro.”

Avete organizzato dei percorsi dedicati ai pazienti oncologici con sospetto covid-19? 

“La gestione dei casi sospetti di infezione da COVID2/SARS2 è regolata dalle procedure aziendali e a queste ogni operatore si riferisce.”

Galli, infettivologo Milanese, attacca in TV Ascierto negando i meriti ai medici del Pascale circa la sperimentazione del Tocilizumab (farmaco anti artrite) efficace contro la polmonite da coronavirus. Dottore Bordonaro, cosa pensa della vicenda?

“Il Tocilizumab è un agente anti-interleukina-6 utilizzato per la cura di varie forme di artrite reumatoide ed a cui l’European Medicine Agency ha riconosciuto l’indicazione all’uso nella gestione della sindrome “da tempesta di citokine” che è una complicanza delle terapie cellulari che utilizzano le “CAR-T cells”; proprio da questa sua seconda indicazione deriva l’intuizione dei medici cinesi di utilizzarlo come farmaco di supporto nelle forme più gravi di polmonite interstiziale che complicano nel 10-15% dei casi l’infezione da virus COVID2/SARS2. L’osservazione episodica dei buoni risultati ottenuti su diversi casi, ha spinto Paolo Ascierto a proporne l’utilizzo all’interno di uno studio clinico controllato che ne garantisca, da un lato, la possibilità di utilizzo “off-label”, cioè al di fuori delle indicazioni registrate e che allo stesso tempo produca, secondo i criteri rigorosi della metodologia della ricerca clinica, delle evidenze scientificamente valide allo scopo di poterlo poi, eventualmente, proporre come trattamento di salvataggio in tutti i casi di polmonite interstiziale da virus COVID2/SARS2; ciò ovviamente nel caso in cui i risultati dello studio clinico fossero positivi.

Ritengo si debba quindi essere grati a Paolo Ascierto per quello che ha fatto e continuerà a fare sia per i pazienti, che per la comunità scientifica tutta.”

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