Quando, all’interno di un sistema fondamentalmente sano, qualcuno tiene comportamenti scorretti, o peggio, per definirlo si usa l’espressione “mela marcia”. Non è facilissima da individuare, perché normalmente la parte marcia è nascosta verso l’interno; infatti è buona regola controllare sempre da tutti i lati prima di portarsi a casa il frutto che potrebbe diffondere il marciume fra le mura domestiche. Quando le mele marce sono molte, quasi tutte quelle in bella mostra, può venire il sospetto che il virus del marciume sia contenuto nel cesto e che da esso parta il contagio, e quindi essere indotti a buttar via il bambino con l’acqua sporca. Non sono molto bravo con le parabole, anche perché mi manca un substrato di religiosità, ma mi arrangio con le metafore e, quindi, si sarà capito che, ovviamente, mi riferisco a quanto sta riempiendo le cronache di questi giorni con il crescendo rossiniano delle accuse rivolte a Montante ed agli uomini e alle donne a lui più vicini.
Politici corrotti e ricattati, alti ufficiali e funzionari di Polizia corrotti, pare anche giornalisti prezzolati ed intere corti di successori, alfieri, ufficiali in seconda, commissari interni per soffocare ribellioni, beneficiati da appalti ed incarichi, tutti insieme appassionatamente nel traboccante cesto delle mele marce, ovviamente stando alle accuse, potrebbero far sorgere il sospetto che marcio sia proprio il cestino, cioè Confindustria.
Non è così. Centinaia e centinaia di imprenditori per bene e di imprese sane, nonostante tutto ancora iscritte a Confindustria, sono la prova del contrario. Si deve solo fare pulizia, sanificare, senza cedere a intollerabili pressioni e sottostare a mortificanti compromessi, già rigettati dalla parte sana, quella preponderante, delle imprese associate.