L'insegnante di sostegno è uno, nessuno e centomila

|Katya Maugeri|

NAPOLI – Confrontarsi con un disabile non significa fare “assistenzialismo”, è un confronto costante fatto di rispetto, di arricchimento umano oltre che professionale, mettendo in luce e sviluppando sempre di più le potenzialità e le risorse dell’alunno. “L’insegnante di sostegno vive il suo essere docente come il pirandelliano “uno, nessuno e centomila”. Siamo utili a fare tutto ma siamo anche quelli di “prenditi il tuo bambino e se puoi portalo un po’ fuori dalla classe”. Lo dichiara Giovanna – un nome di fantasia che abbiamo scelto per tutelare la sua privacy – una docente napoletana di sostegno, che durante la nostra intervista esprime una forte passione per il proprio lavoro. “Per fortuna nella mia carriera di docente mi sono capitate poche colleghe “scarica barile”, con la maggior parte si può lavorare per una vera e duratura inclusione degli alunni disabili – continua – tanto si è fatto dal lontano 1977 quando con la legge 517 venivano abolite le classi differenziali. Oggi con le deleghe in bianco della riforma della “buona scuola”, che tanto buona poi non è, sembra che la logica da seguire sia quella dei tagli. Meno ore di sostegno, meno insegnanti specializzati che si occupino di questi alunni con bisogni diversi”.
“La scuola è diventata un’azienda dove si deve far quadrare il bilancio, una scuola dove non viene garantito il totale delle ore nemmeno agli alunni gravi – dichiara – dove il rapporto di un docente per 2 bambini non viene mai rispettato. Ci vengono assegnati anche 3/4 bambini e a quel punto ti auguri che stiamo almeno nella stessa classe così li fai lavorare insieme pur nella loro diversità”. Impegnarsi tutelare e garantire la dignità dell’alunno con situazione di disabilità significa lottare per una società migliore, nella quale il valore umano diventi la strada da percorrere. “Durante la mia formazione ricordo di una tutor che ci disse ” la nostra non è una missione, non dobbiamo salvare nessuno”. È vero non dobbiamo salvare nessuno, dobbiamo lottare solo per garantire il rispetto dei diritti dei più deboli, per permettere agli alunni disabili di sviluppare le potenzialità che possiedono”, continua la docente, “nel corso degli anni le patologie che permettevano di avere il sostegno scolastico sono diminuite sempre più ciò a discapito di alunni e docenti di classe sempre più stressate e oberate di lavoro psicologico e pratico legato anche alla burocrazia italiana di dover scrivere carte su carte”.
Sono tanti i quesiti relativi a un percorso più adatto, quello che sia in grado di garantire il loro bene, prima di tutto, “quello che si dovrebbe fare – afferma la docente – è attuare pienamente la legge 104 del 1992 che promuove la massima autonomia individuale che anche l’Europa ci invidia e che il governo invece vuole smantellare. Da chi vive la scuola come mamma e insegnante mi viene da dire solo che bisogna partire dai bisogni dei bambini, degli alunni disabili e non per permettere loro di sviluppare al massimo le loro capacità e potenzialità”.

Bisognerebbe approcciarsi alla diversità con molto pudore consapevoli che sia ricchezza condivisa, una importante crescita umana e culturale dalla quale attingere il più importante dei valori: quello di donare amore incondizionato e farlo attraverso i mezzi utili e necessari per la comunità.

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  1. Professori di latino, o di matematica, sceglieranno ancora di dedicarsi al sostegno o si ridurra ulteriormente la platea degli aspiranti?

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