L'oro rosso dell'Etna. La storia della vitivinicoltura orientale etnea in un libro di Antonio Patanè

L'oro rosso dell'Etna. La storia della vitivinicoltura orientale etnea in un libro di Antonio Patanè

ACIREALE – E’ stato presentato ieri sera, ad Acireale, all’Accademia Zelantea il nuovo libro dello storico Antonio Patanè dal titolo L’oro rosso dell’Etna, una pubblicazione di 275 pagine che racconta la storia e l’etnoantropologia della vitivinicoltura orientale europea, dal secolo XIV fino ai nostri giorni. A presentare il libro è stato il professore Eugenio Magnano di San Lio dell’Università di Catania che non ha esitato a definire il contributo di Patanè, originario di Fleri, attualmente cultore della materia di Storia Moderna nell’Ateneo catanese, come una descrizione attenta, documentata e dettagliata della civiltà del vino alle pendici orientali e meridionali dell’Etna.

Da alcuni anni, grazie anche all’impulso del consorzio di tutela dei vini dell’Etna DOC e agli investimenti di numerose cantine nei terreni alle pendici del Vulcano, la vitivinicoltura della Sicilia Orientale sta conoscendo una fase economica espansiva, segnata pure dall’affermazione di numerose etichette sui mercati esteri. La visibilità all’estero è cresciuta; la “palatabilità” del vino dell’Etna, soprattutto il nerello mascalese e quello cappuccio, è molto gradita dagli stranieri; l’enoturismo, cioè la combinazione fra degustazioni del prodotto e visite alle aziende, rientra a pieno titolo fra le attività ricettive e di ospitalità degli operatori turistici. Persino il New York Times, indicando la Sicilia fra i 52 posti più belli al mondo da visitare per il 2020, menziona il vino come elemento distintivo del territorio e cita al riguardo gli investimenti effettuati da Tasca d’Almerita.

Nei secoli scorsi, la vitivinicoltura non è stata soltanto un’attività economica di natura agricola nel territorio etneo, per giunta rilevante dal punto di vista degli investimenti, della produzione, dell’occupazione diretta e dell’indotto. Essa ha rappresentato pure un elemento fortemente identitario della Sicilia Orientale, al punto tale che l’intero sistema di relazioni umane fra le persone, ivi comprese le gerarchie sociali, ruotava intorno al variegato mondo dell’uva e del vino. E’ nella prima parte del libro di Patanè che questa dimensione sociologica, antropologica ed economica si coglie maggiormente con una documentata descrizione fra l’altro delle concessioni curiali e monastiche medievali (nel capitolo II), dell’espansione vignata nell’Ottocento (nel capitolo VI), del ruolo di Riposto fra mare e mercato (nel capitolo VII) e della fillossera che tra il 1880 e il 1910 portò alla crisi e alla trasformazione del settore. Il capitolo X del libro di Patanè è dedicato al presente e al futuro del comparto vitivinicolo europeo

La seconda parte della pubblicazione di Antonio Patanè è una specie di libro aperto sulle memorie del cuore, che anche con l’ausilio di inedite fotografie, ripercorre la civiltà del vino tra i lavori e le fatiche nei vigneti, i “riti” della vendemmia, dove venivano impegnate tante donne, e la frenetica attività all’interno dei palmenti. In queste pagine, oltre alla ricostruzione attenta dello storico, ci sono i ricordi di fanciullezza di Patanè vissuti a fianco del padre Alfio, geniale artigiano, maestro d’ascia e di palmento, alla cui memoria e a quella della mamma Peppina il libro è dedicato.

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