Fu la mafia perdente contro la sanguinaria Cosa nostra di Riina, adesso invece più operativa che mai. Ma il risveglio per la “stidda” di Gela non è stato tra i migliori: in manette capi, gregari e semplici affiliati della cosca dei Di Giacomo nella maxi operazione della Guardia di Finanza e della Polizia ha riguardato diverse province d’Italia, e ha portato a una settantina di arresti e sequestri per 35 milioni. Secondo gli investigatori, negli ultimi anni il clan avrebbe preso con la forza e le estorsioni il controllo su buona parte del territorio a nord, gestendo il traffico di droga, infiltrando l’economia legale con imprese di comodo e imponendo i prodotti delle proprie aziende ai commercianti. Un clan in evoluzione che negli anni, pur mantenendo le modalità mafiose è riuscito ad attuare una vera e propria metamorfosi alternando ai reati tradizionali nuovi business.
L’indagine denominata “Leonessa” ha portato alla luce diverse spedizioni punitive compiute dagli ‘stiddari’ e consentito di ricostruire decine di estorsioni nei confronti di quei commercianti e quegli imprenditori che non volevano sottomettersi al volere del clan e che hanno trovato il coraggio di denunciare. È emerso che cinquecento uomini armati erano pronti a scatenare una nuova guerra di mafia.
Ascoltando centinaia di ore di intercettazioni, gli investigatori hanno accertato che la cosca aveva una potenzialità “militare” costituita, appunto, da cinquecento persone. “Cinquecento leoni”, come si chiamavano tra di loro durante le telefonate intercettate, che erano pronti a entrare in azione al primo cenno dei capi. I poliziotti hanno anche ripreso diverse spedizioni punitive alle quali gli stiddari si presentavano armati, danneggiamenti e incendi ai danni di chi si opponeva al potere del clan.
“L’operazione Stella cadente ha per oggetto il rientro a Gela di alcuni soggetti apicali della Stidda – ha detto il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone -. Fortissima la loro capacità di penetrazione nel tessuto sociale ma anche economico. Un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni e tentate estorsioni. Ma anche una serie di intestazioni fittizie dei beni e attività di riciclaggio”. “Agli stiddari – ha sottolineato il procuratore – si rivolgevano anche degli imprenditori per risolvere i loro problemi. La Stidda operava come uno Stato nello Stato”.