Malattie Rare: analisi delle categorie “incontro” ed “empatia”

Malattie Rare: analisi delle categorie “incontro” ed “empatia”

CATANIA – Migliorare la resilienza nella comunicazione e costruire un modello che sia un “metaparadigma” di buone prassi nell’àmbito delle Malattie Rare: è l’obiettivo del progetto di ricerca della durata di un anno, denominato “Rare Empathy. Comunicare nelle Malattie Rare”, finanziato dall’ASSI Gulliver (Associazione Sindrome di Sotos Italia), in collaborazione con l’Università Kore di Enna e IF Life Design, e rivolto a famiglie e caregiver, ma anche al personale sanitario interessato alla delicata tematica.

“Siamo molto felici di finanziare questo progetto di ricerca. Infatti, solo chi come noi combatte quotidianamente nei corridoi degli ospedali sa quanto sia importante l’aspetto comunicativo ed empatico nella ricezione di una brutta notizia, di una diagnosi o semplicemente durante una visita di controllo. Inoltre, grazie al Parent Training, prima fase dell’iniziativa, le nostre famiglie hanno già potuto toccare con mano la concretezza della stessa e siamo tutti felici di proseguire”. A sostenerlo è Silvia Cerbarano, presidente dell’ASSI Gulliver (Associazione Sindrome di Sotos Italia), che in collaborazione con l’Università Kore di Enna e IF Life Design, sta finanziando Rare Empathy.

Tutto ciò fa parte di un progetto di ricerca che si pone appunto come obiettivo quello di migliorare l’efficacia della comunicazione e costruire un modello replicabile di buone prassi nell’àmbito delle Malattie Rare. Si tratta in sostanza di una ricerca della durata di un anno, che coinvolge famiglie, caregiver e operatori sanitari. Per le prime l’obiettivo principale è realizzare attività di informazione e orientamento, nel nome del già citato Parent Training, per il raggiungimento di una piena consapevolezza circa le condizioni date dalla disabilità, promuovendo l’aiuto reciproco e condividendo i rispettivi vissuti.

Per i professionisti sanitari, invece, che possono svolgere un ruolo chiave nel fornire supporto alle persone con Malattie Rare e alle loro famiglie, si punta a valorizzarne le abilità comunicative nella relazione con i pazienti, intesi come un insieme di “esperienze”, in cui il vissuto di “malattia” prende corpo, diventa esperienza arricchente che determina cambiamenti profondi nel vissuto dei soggetti. Curata da IF Life Design, la prima fase, come accennato, è incentrata sui percorsi di Parent Training dedicati alle famiglie di bambini e bambine con Malattie Rare.

E in tal senso lo sviluppo di queste risorse si traduce, nella quotidianità, in una maggior prontezza nel superare gli ostacoli, risolvere problemi e imprevisti e tollerare la frustrazione, trovando soluzioni e risorse ottimali o alternative al raggiungimento dei propri obiettivi. A tal proposito sono doverose alcune considerazioni generali sulle categorie meta-paradigmatiche di “incontro” ed “empatia”. L’incontro è la genesi della comunicazione, determina il punto d’arrivo dell’essere uomo, ma al contempo genera il focus di partenza dell’espressione tra donne e uomini.

La comunicazione è ciò che scaturisce dall’incontro, è uno scambio reciproco di idee e opinioni, può nascere dall’uso della parola o del gesto. L’incontro nel campo sanitario, per esempio, è l’approccio che il curante ha verso l’assistito, un approccio gestuale e di scambio reciproco. L’aspetto fondamentale dell’incontro sta nel riconoscere i confini tra “io” e “tu”. L’operatore deve riconoscere il malato come fine della comunicazione e non come mezzo, l’intenzionalità del professionista determina in questo modo la relazione. Il sanitario, incontrandosi con l’assistito, afferma la propria identità comunicativa ed entrando in relazione col malato “lo sperimenta”, ossia comunica con lui. Guggenbühl- Craig scrisse: l’altro non è mai qualcosa di statico: è vita, sviluppo, passato, presente e futuro. Comprendere un’altra persona significa quindi mettersi in rapporto non solo col suo presente ma anche con il suo passato e il suo futuro (Guggenbühl, 1987).

Gli operatori, attraverso la comunicazione, possono instaurare una relazione d’aiuto ed educativa, in cui l’obiettivo primario è quello di accogliere l’altro attraverso la sua identità. I sanitari esperiscono

l’altro nella loro alterità, cogliendo ciò come ricchezza costruttiva. Il malato, inteso come unità ontologica, concorre alla creazione di una relazione comunicativa inter-soggettiva, in cui le categorie filosofiche di “incontro” ed “empatia” prendono corpo.

L’incontro trova la sua dimensione nella reciprocità, Romano Guardini lo definisce come “compiuto” quando l’altro ci concede tutta la sua attenzione. Incontro vuol dire: ciò che mi circonda fa un passo avanti, rispetto all’allineamento consueto nel quadro dello svolgersi quotidiano di tante azioni. Non perché quella persona faccia qualcosa fuori dall’ordinario; bensì per il fatto che essa mi appare dentro un diverso orizzonte di significato (Lodigiani, 2005).

Tale orizzonte prevede due entità che in uno spazio comune si accolgono attraverso la propria disponibilità interiore e con intenzionalità non direttiva esprimono la volontà nel non voler strumentalizzare la comunicazione. L’incontro può affermarsi come l’”io” che, attraverso la relazione col “tu”, risveglia la propria coscienza; A tale proposito entra in gioco l’empatia, intesa come la capacità di capire, sentire e condividere i pensieri o le emozioni dell’altro in una determinata situazione. Ciò significa ascoltare l’altro cogliendo la sua coscienza. L’“io” è aperto ad altri “io”, li percepisce come epicentri di orientamento del mondo diversi da sé, ne coglie la vita interiore, può empatizzare le esperienze vissute, ma nonostante tutto questo anche nel momento della massima partecipazione ed immedesimazione l’“io” non sparisce, non si dissolve nell’ “io” dell’altro, ma resta accanto, è solidale e sempre diverso (Lodigiani, 2005). La relazione comunicativa è quindi un modo per interpretare ed immedesimarsi nell’altro e ciò può avvenire a livello verbale e non verbale. L’empatia può essere sperimentata ancora prima che inizi la comunicazione linguistica, poiché può nascere anche tra due persone in solo contatto corporeo o in prossimità intercorporea.

Incontro ed empatia sono i perni della relazione interpersonale, quest’ultima è portatrice di un’ambivalenza profonda che si perpetua in ogni momento, è una domanda, una sfida, una minaccia ma anche una risposta, una presenza, una promessa.

Munita di una grande possibilità di crescita essa è anche potenzialmente sempre occasione di fissazione e di regressione nello sviluppo. La sua importanza, ma anche la sua vulnerabilità, deriva dal fatto che essa è principalmente costituita da una dimensione affettiva. Il rapporto ha sempre a che fare con un “altro”, non con un oggetto inanimato, e la conoscenza che se ne ricava è più complessa e coinvolgente: conoscere un’idea, magari su un libro, ed entrare in sintonia con essa non è mai equiparabile al tipo di contatto che si ha con una persona. (Lodigiani, 2005). L’infermiere, tra i vari operatori sanitari, è il fautore di un processo educativo, in cui l’incontro, l’empatia e l’ascolto significano stabilire un contatto umano con l’altro.

In tal modo il malato acquisisce fiducia, s’ impadronisce di un senso di sicurezza che viene dal profondo coinvolgimento emotivo.

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