Mario Francese, il cronista che raccontò gli affari di Cosa nostra

Katya Maugeri
SIRACUSA – Ucciso il 26 gennaio 1979 sotto la sua abitazione, Mario Francese, cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia dal killer di Cosa nostra, Leoluca Bagarella, sarà ricordato oggi giorno del 38esimo anniversario della sua morte, dall’Assostampa di Siracusa. Come ogni anno, la commemorazione si terrà al giardino di Casina Cuti, intitolato dal Comune al cronista assassinato. I giornalisti siracusani deporranno un mazzo di fiori davanti alla lapide commemorativa. Saranno presenti: il prefetto, Armando Gradone; l’assessore comunale alla Legalità, Giovanni Sallicano, che porterà i saluti del sindaco, Giancarlo Garozzo; i vertici provinciali di Questura, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza.
Ucciso perché scomodo, per la sua passione e per il desiderio di ricercare e raccontare quelle verità che tutti sapevano ma era meglio non rivelare. Le sue inchieste, con le quali denunciò gli interessi economici sempre più ramificati nella attività lecite dei Corleonesi di Totò Riina, come nel caso della costruzione della diga Garcia –  opera che non è mai stata completata – lo condannarono a morte. Francese stava scrivendo un altro dossier sul rapporto mafia-appalti, ma non venne pubblicato. I suoi articoli erano lì sotto gli occhi di tutti e lo erano anche i nomi di coloro che formavano la struttura sempre più solida di Cosa nostra. Nomi e cognomi, senza timore.
Non si riuscì, per vent’anni, a consegnare alla giustizia i mandanti e gli esecutori dell’omicidio, era stata la mafia – si diceva – ma non vi era riscontro. Non c’erano i nomi. Fu il figlio più piccolo di Francese, Giuseppe a volere a tutti costi quei nomi, cercò la verità come una ossessione. Giuseppe Francese, così, iniziò a ricostruire l’attività di suo padre attraverso i suoi articoli, cercando di trovare dei collegamenti tra gli appalti della diga Garcia, l’omicidio Russo e gli attentati al caporedattore e direttore del giornale di quel tempo. Il lavoro certosino dei fratelli Francese portarono al dibattimento del 10 maggio 2000 per il processo di primo grado nel quale furono condannati: Totò RiinaMichele GrecoFrancesco MadoniaAntonino GeraciGiuseppe FarinellaMatteo Motisi, Pippo Calò e imputati per essere stati i mandati Leoluca Bagarella e Giuseppe Madonia. In quel processo non si stava ricostruendo solo l’omicidio del giornalista, ma anche la storia della mafia di quei anni. Furono chiamati a depositare numerosi giornalisti dell’epoca: Giuseppe SottileLucio GalluzzoFrancesco La Licata,Francesco Nicastro, e molti altri.
Un epilogo triste per Giuseppe Francese che il Il 3 settembre 2002, scelse di togliersi la vita dopo aver reso giustizia alla memoria del padre.

Le polemiche sulla fiction su Mario Francese

Nei giorni scorsi si è molto discusso sulle  polemiche che hanno accompagnato la fiction su Mario Francese, “Delitto di mafia” trasmessa su Canale5, accusata di “falsa ricostruzione”. Claudio Fava, sceneggiatore della fiction, ha difeso la messa in onda: «Pretendere il diritto al silenzio, all’oblio, alla reticenza e alla menzogna sulla storia di un loro cronista ammazzato dalla mafia è assai triste». E oggi più che mai si ha la necessità di raccontarla la storia di Mario Francese e di tutti coloro che hanno creduto di poter estirpare quel male chiamato mafia usando la loro passione, la loro devozione e quella dignità che li rende uomini e non eroi.

“Quella di Mario Francese è la storia di un giornalista attento, scrupoloso e coraggioso, che prima di ogni altro aveva intuito ciò che stava avvenendo nel mondo di Cosa Nostra: l’ascesa all’apice del potere criminale dei corleonesi Riina e Provenzano”. Lo dichiara, in una nota, il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, ricordando il cronista del Giornale di Sicilia, ucciso dalla mafia la sera del 26 gennaio di 39 anni fa.
“Francese, uno dei primi cronisti a essere assassinati nell’Isola – continua – nelle sue cronache faceva nomi e cognomi dei mafiosi, ma anche dei colletti bianchi che li proteggevano, dei loro ‘affari’, descrivendo tutta la rete di collusioni, corruzioni e interessi che ruotava intorno. Con la sua uccisione, Cosa nostra ha eliminato una delle menti più lucide del giornalismo siciliano, estraneo a qualsiasi condizionamento e capace di fornire all’opinione pubblica importanti strumenti di analisi sull’evoluzione del potere criminale alla fine degli anni Settanta”.

“Mario Francese, con il suo esempio, ci ha lasciato un messaggio chiaro, valido sempre e per il futuro: bisogna credere in ciò che si fa non rinunciando mai alla propria libertà”. Lo ha detto il vice sindaco, Francesco Italia, partecipando oggi (anche in rappresentanza del sindaco, Giancarlo Garozzo, impegnato a Roma) alla commemorazione del giornalista siracusano ucciso dalla mafia a Palermo 39 anni fa. La cerimonia si è svolta al giardino “Mario Francese”, nell’area dell’ex Casina Cuti, dove quest’anno l’Associazione siciliana della stampa ha fatto collocare una nuova iscrizione che si aggiunge alla lapide già esistente. La tabella è stata scoperta da due alunni della scuola media “Giuseppe Lombardo Radice”, che ha aderito alla manifestazione introdotta dal segretario provinciale dell’Assostampa, Prospero Dente. Poi gli interventi del segretario regionale dell’Assostampa, Alberto Cicero, del segretario dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Santo Gallo, del vice prefetto, Filippo Romano e del vice sindaco Italia. Presenti esponenti di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, di Cgil, Cisl e Uil e don Aurelio Russo, giornalista e rettore della vicina basilica Santuario della Madonna delle Lacrime.

“Un momento emozionante – ha aggiunto il vice sindaco Italia – che celebriamo in un luogo simbolico per Siracusa, a pochi passi del Teatro greco, al quale il Comune aderisce sempre con convinzione. Per quanto significativo l’esempio del giornalista siracusano, non possiamo dimenticare l’enorme tragedia che attraverso la sua famiglia, il segno profondo che la morte lasciò nella moglie e nei figli, in particolare in Giuseppe che fu l’artefice della ricerca della verità su quel delitto prima di togliersi la vita”.

            Infine Italia si è rivolto ai bambini evidenziando il valore dei comportamenti quotidiani: “pensiamo che gli eroi facciano grandi cose ma la società, per funzionare bene, ha soprattutto bisogno di gesti normali. Per essere eroi – ha concluso – non occorrono superpoteri ma, come  Mario Francese, bisogna compiere il proprio dovere ogni giorno”.
 

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