Meglio la mimetica per nascondere la vergogna


 
 
 
 
Daniele Lo Porto |

CATANIA – La società ha le sue colpe, di certo, e tra queste potrebbe esserci l’esonero di Pino Rigoli, forse l’errore che ha provocato l’attuale situazione con il dodicesimo posto in classifica e la probabile esclusione dai play off. Ma i calciatori ne hanno sicuramente di più. Non sono fuoriclasse né campioni, questo lo sapevamo bene, altrimenti non tirerebbero a vivacchiare in terza serie, ma almeno un po’ di amor proprio, di determinazione, di voglia di correre ce la saremmo aspettata. E, invece, continua un tran tran lento e inesorabile sulle rotaie della disfatta, senza attenuanti e senza giustificazioni. Non ci si venga a dire che l’assenza di Biagianti o di Fornito ha determinato la sconfitta contro il Cosenza. E’ vero, piuttosto, che le presenze di Biagianti e di Fornito, indicato come uno degli elementi più promettenti a inizio stagione, non hanno mai garantito un qualcosa in più. Del capitano si può apprezzare l’attaccamento alla maglia, questo sì, ma è troppo poco. Dispiace dire che, purtroppo, sembra essere tornato a Catania per concludere la carriera piuttosto che per cercare nuove soddisfazioni. Insomma, la buona volontà non basta e non è sufficiente la fascia di capitano per diventare leader. Ecco, sicuramente un altro degli errori della società, vecchia e nuova gestione, enon aver dato al gruppo un vero leader, in campo e nello spogliatoio,  un uomo che nei momenti di difficoltà a- al di là delle qualità tecniche – riuscisse a prendere i compagni di squadra per il colletto della maglia e li lanciasse oltre le loro paure e le insicurezze tattiche. No, Biagianti non c’è riuscito.

E sul piano tattico se Pino Rigoli col suo andamento lento all’insegna della filosofia  “primo: non prenderle”, certo è stato devastante il rivoluzionismo di Mario Petrone (“avanti, miei prodi all’attacco!) e il bassissimo proflo di Giovanni Pulvirenti che ha sempre assicurato tutti del buon lavoro svolto in settimana, salvo poi vedere una squadra priva di cervello, idee, cuore e gambe. Insomma, una non squadra, come contro il Cosenza che a tratti sembrava il Real Madrid, come già il Melfi, poco più di un mese fa.

Che i tifosi siano gradualmente spariti dal Massimino è assolutamente normale, ma – a parer nostro – non è per contestazione alla società – che pure ha cercato con il mercato di gennaio di raddrizzare la situazione – ma proprio ai calciatori tra i quali trovare qualcuno da salvare, nel bilancio di fine stagione, è veramente arduo. Pisseri sì e poi? Di Grazia che si è montato la testa e sembra giocare più per consolidare le sue ambizioni? Mazzarani che ha segnato tanto ma altrettanto ha fatto disperare?  Marchese che doveva essere valore aggiunto e, invece, si è fatto tirare dentro il gorgo della mediocrità come un esordiente’ Insomma, c’è ben poco, o forse nulla, dal salvare in questa stagione.

Una piccola provocazione, per concludere: che la dirigenza dia un segnale ai calciatori e anche ai tifosi non facendo indossare da qui alla fine del campionato la maglia rossazzurra, ma preferisca la bruttissima mimetica per nascondere meglio la vergogna, non umiliare ulteriormente i colori sociali e rendere meno dolorose le prossime prevedibili sconfitte.

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