Migranti ovvero persone dietro i numeri


|Rachele Gerace |

ENNA  – “Mi chiamo Ivan e sono arrivato in Italia dopo essere scappato dal Camerun con mio fratello per motivi religiosi. Ho viaggiato per tre anni: Nigeria, Algeria, Marocco, Tunisia, Algeria, Libia e, finalmente, l’Italia. In ogni città nella quale arrivavo, cercavo un lavoro per guadagnare i soldi che mi permettessero di spostarmi di nuovo. In Italia sono venuto solo; mio fratello ha avuto paura di affrontare un viaggio di tre giorni in mare”. Questa è la storia di uno delle tante persone che, come dice Papa Francesco, stanno dietro i numeri. A raccontarla, commosso e felice, è lo stesso protagonista. Nell’istituto Spirito Santo, dove era stato portato al suo arrivo a Messina e dove ogni mattina si svegliava alle sette per andare a correre e poi ascoltare la messa, un giorno conosce quelli che sarebbero diventati sua madre e suo fratello Andrea. “Alla proposta di far parte della loro famiglia, non ho risposto subito…Noi abbiamo paura quanto voi di ciò che non conosciamo – ribatte scherzosamente – All’inizio, era tutto nuovo per me, parlavo solo con la mamma che conosceva il francese e mangiavo solamente biscotti. Andrea ha diviso tutto con me sin dal primo giorno e, mentre con il mio fratello di sangue litigavo sempre, con lui non è mai successo”. Questo è uno dei mille volti dell’immigrazione che ci pone dinanzi alla sfida più ardua, quella del confronto: “Il sangue che scorre nelle  ha lo stesso colore del vostro. Bisogna giudicare una persona, solo dopo averla conosciuta”, ha affermato Ivan.

La sua testimonianza, durante il convegno “Migranti, la sfida dell’incontro” organizzato  nell’aula magna del Rettorato da Comunione e Liberazione con le associazioni “Hic et nunc”, “don Giuseppe Riggi” e con il patrocinio degli uffici diocesani Migrantes e Caritas, è stata la risposta più vera alla considerazione che buona parte dell’opinione pubblica consideri il fenomeno migratorio il più grande pericolo del nostro Paese. A parlarne, alla luce delle ultime riflessioni dell’Unione Europea sulla posizione sociale, non solo economica degli stati membro, è stato Claudio Gambino docente di geopolitica dell’università Kore di Enna: “Le migrazioni sono un test d’intelligenza per tutta l’Europa, un tema trasversale che coinvolge le dinamiche politiche e elettorali. Bisogna guardare al fenomeno migratorio con oggettività, affinché non venga manipolato in base alle circostanze”. Noi italiani, più di altri europei, dovremmo conoscere meglio la questione della mobilità, legata al fenomeno dell’immigrazione strutturale che, dagli anni ’40 a oggi, continua a esistere, caratterizzata dallo stereotipo pregiudizio. La sociologa Delfina Licata, responsabile dell’Area ricerca e documentazione della Fondazione Migrantes, ha presentato il dossier statistico del rapporto Italiani nel mondo, relativo al decennio 2006/2016. Un periodo in cui la mobilità italiana è aumentata del 54,9%, con una crescita del 12,1% solo nell’ultimo anno. 5316 i giovani fra i 18 e i 34 anni, 1972 i minori e 597 gli ultra sessantenni; Germania, Regno Unito, Svizzera, Francia e Usa le principali destinazioni. “Una mobilità – ha detto la Licata – visibile nel mondo e legata a svariate motivazioni dalla fuga di cervelli, a nuovi bisogni economici e culturali, fino alla voglia di inseguire un sogno”. Accogliere, promuovere, integrare e crescere, sono dunque quelli che il Santo Padre definisce obblighi morali ha detto suor Etra Modica, missionaria dell’ordine di San Carlo Borromeo: “Il magistero di Papa Francesco ha ridisegnato i confini geosociali trasformando l’autorità in servizio alla fragilità, insegnando che il migrante è un segno dei tempi e un luogo teologico e che la cultura dell’indifferenza va affrontata secondo una riforma di crescita e inclusione”. All’ingresso del Rettorato è stata allestita una mostra itinerante sullo stesso tema, che sarà visitabile fino all’1 aprile.

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