Migranti - restauratori recuperano una chiesa

PALERMO – Sono dieci gli extracomunitari, con regolare permesso di soggiorno per motivi umanitari, attualmente ospitati in tre strutture di seconda accoglienza, pronti a imparare un nuovo lavoro, giurando amore all’Italia, e saranno tra gli operai che parteciperanno ai lavori di recupero della Chiesa di San Giovanni dell’Origlione, a Palermo, di proprietà del Fondo edifici di culto del ministero dell’Interno.

“Cominciare questa esperienza di lavoro da Ballarò è una bellissima cosa perché è il quartiere più multiculturale di Palermo”, dice Valentina Petralia, della cooperativa sociale La fenice di Piana degli Albanesi. “Permettere a questi ragazzi di vivere qui e lavorare è la cosa più importante per loro”.
Prima un corso di formazione professionale e sulla sicurezza sul lavoro, poi l’inizio dei lavori della facciata. Sarà possibile grazie al project work, una misura di orientamento formativo ed al lavoro che rientra tra le finalità del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar).
Il ministero dell’Interno ha finanziato il rifacimento prospetto per 16 mila euro, mentre i migranti saranno pagati con borse lavoro dello Sprar.

Il protocollo d’intesa di un progetto pilota che va in questa direzione è stato firmato proprio oggi. “Sono arrivato in Italia dal 2014 – ha detto Bari Suleiman, 39 anni, dalla Guinea Bissau – dopo un viaggio in un barcone. Il mio primo campo era a Palermo, qui vicino, poi mi sono trasferito a San Cipirello in una comunità e mi sono trovato benissimo. Devo dire grazie al governo italiano per la accoglienza. Ci ha fatti sentire e bene. Abbiamo ricevuto un grande aiuto a Palermo. Sono contento di essere qui e di stare bene”. E’ sorridente e ringrazia tutti anche Salifu Kongira, 18 anni appena compiuti. E’ arrivato dal Gambia con tanti capelli e molta speranza nel futuro. “Sono approdato a Siracusa – racconta – Poi sono arrivato a Palermo, a Piana degli Albanesi e San Cipirello. Sono contento che la mia casa sia qui. Siete troppo gentili con me. Questo progetto ci può fare sentire utili, è utile per il mio futuro. Il mio futuro è domani. Io ho tante speranze e voglio restare qui”. A bordo di un gommone è arrivato in Italia a dicembre 2015 anche Mohammed Raquim che alloggia nel centro di San Giuseppe Jato. “Voi siete bravi e buoni, nel posto da dove veniamo non possiamo trovare questo. E’ difficile per noi – spiega – trovare lavoro ed è meraviglioso che lo troviate voi per noi. Non posso dire molte parole ma ho tante cose nel mio cuore”.

Send a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *