Milano senza muri: la marcia per i migranti, un inno di accoglienza

|Martina Pumo|

MILANO – “Milano senza muri”, la marcia proposta dall’assessore Pierfrancesco Majorino, sotto l’esempio di Barcellona, è diventata realtà mobilitando numerosi milanesi e non, che dell’accoglienza ne hanno fatto un inno. Circa 100mila i manifestanti che sabato 20 maggio hanno attraversato la città, un corteo che partendo da Porta Venezia ha attraversato i Bastioni di Porta Nuova, sfilando vicino all’Arena Civica, passando per Parco Sempione per poi concludersi in Piazza Cannone. Niente bandiere né simboli di partito, solo persone che sfilano per una realtà più unita, senza muri né discriminazioni per le minoranze etniche. In testa al corteo 200 migranti ospiti dei centri di accoglienza a Milano, insieme ai bambini delle scuole elementari e le comunità straniere.
Un corteo quasi pacifico, rotto dalle contestazioni di alcuni centri sociali contro il PD, tra cui il centro sociale Cantiere, che ha contestato sia Beppe Sala, sindaco di Milano che Giorgio Gori, primo cittadino di Bergamo. Urla e cartelloni, in cui dichiaravano il PD peggiore destra e Minniti razzista, il tutto accompagnato da numerosi striscioni contro il decreto Minniti-Orlando. Tra le urla chiesero anche l’allontanamento dal corteo a Carmela Rozza, assessore alla sicurezza, in seguito agli avvenimenti del 2 maggio, quando un bliz in Stazione Centrale, decine di migranti furono identificati e portati in questura, tra paura e disordine. A proteggere il sindaco di Milano nessuna forza dell’ordine o persone del partito ma migranti, del centro di accoglienza di Via Corelli, la Crew Corelli: maglietta verde e un abbraccio, l’unico muro per proteggere il nostro, il loro sindaco. Forse è stato proprio questo il simbolo, il gesto che racchiude il grande significato di una marcia così importante in una città, una metropoli dove etnie diverse cercano di convivere, tra accoglienza e disagi.
Un inno contro odio e pregiudizi, un esempio per chi vede lo straniero come qualcuno da respingere e non abbracciare.
Non era solo il primo cittadino meneghino, accompagnato durante tutta la sfilata non solo da questo abbraccio di persone ma anche dal presidente del Senato Pietro Grasso che ha affermato: “Chi è nato e studia in Italia è italiano”. Molte le polemiche della destra che dopo gli ultimi avvenimenti che a Milano hanno visto coinvolti due militari accoltellati, hanno chiesto la chiusura del corteo. Sala ha prontamente risposto che se avessero chiesto ai militari feriti se era giusto fare la manifestazione, loro avrebbero risposto di sì. Aggiunge che il tema dell’immigrazione continuerà per decenni e lui vuole essere costruttore di ponti, non di muri. “Nessuno è illegale” dichiara Nicola Fratoianni, confermando il sentimento che ha attraversato i social in questi giorni. Ma purtroppo non è stato un pensiero unitario. Molti i tweet xenofobi e razzisti, una spaccatura non indifferente ma sofferente, per chi crede e lotta per un paese unito, senza confini né discriminazioni tra colore, genere e provenienza.

La manifestazione si è poi conclusa con diversi interventi, personaggi importanti si sono schierati per una Milano costruttrice di ponti e non di muri. Tra loro, Carlotta Sami, portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati, Emma Bonino, don Virgilio Colmegna e Carlo Feltrinelli. Molti i protagonisti di questa marcia unica e senza precedenti, dove la musica ha reso il suo percorso più ritmato grazie al coro “Coro dei Leoni” che in venti lingue diverse ha intonato inni sulla libertà e la speranza provenienti da tutto il mondo. Non solo persone ma anche associazioni hanno supportato quest’importante marcia, tra cui Nessuno è illegale, Legambiente e Anpi.

Una giornata importante, che farà parte della storia di una Milano accogliente, sicura, che protegge i cittadini costruendo legami e abbattendo pregiudizi. Un abbraccio che durerà, nonostante le critiche social e della destra. Continuerà, con il miglior augurio da parte di uno degli organizzatori, Majorino, che il testimone passi ad altre città, per un paese più unito, senza distinzione di colore.

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