Monte Scalpello, dopo il Tribunale amministrativo anche il Cga dà ragione a SiciliAntica

Monte Scalpello, dopo il Tribunale amministrativo anche il Cga dà ragione a SiciliAntica

Riceviamo e pubblichiamo.

Dopo aver ottenuto la revoca dell’autorizzazione, inopinatamente concessa dalla Regione Siciliana, per l’apertura di una cava a Monte Scalpello in territorio di Agira, e acquisito il rigetto del relativo ricorso al TAR, la settimana scorsa, il Consiglio di Giustizia Amministrativa ha confermato le argomentazioni ed istanze di SiciliAntica. Il massimo Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ha infatti riconosciuto la non sussistenza dei presupposti per sospendere il provvedimento impugnato. Va inoltre ricordato che qualche mese fa l’Assessorato Regionale, accogliendo le motivazioni dell’Associazione, aveva dichiarato decaduta l’autorizzazione per la violazione del Patto di legalità e integrità essendo presenti nel rogito definitivo soggetti condannati per mafia.

“Un’altra vittoria per il nostro patrimonio culturale e per la legalità”, commenta Simona Modeo, presidente dell’Associazione SiciliAntica, “questo significa che la nostra battaglia contro questa ulteriore speculazione è stata giusta e sacrosanta, anche se osteggiata da altre associazioni ambientaliste. Non temiamo altre azioni, in quanto sappiamo di avere dalla nostra la Giustizia e la Verità”. L’Associazione SiciliAntica, difesa dall’avvocato Francesco Condorelli Caff del Foro di Catania, ha evidenziato avanti la Corte i danni derivabili dalla realizzazione della cava in Contrada Santa Nicolella nonché l’accordo per la redistribuzione del materiale cavato con taluni soggetti mafiosi.

L’area nella quale la Fassa avrebbe voluto realizzare la cava si caratterizza per essere sottoposta ad innumerevoli vincoli (ambientale, paesaggistico, archeologico, boschivo, etc.) che però non hanno fermato l’iter burocratico per la concessione delle autorizzazioni né ostacolato in alcun modo il progetto che ha incassato peraltro i numerosi placet della comunità agirina attirata dal miraggio dei fantomatici cento posti di lavoro. Poco importa se i posti di lavoro previsti in realtà erano solo sette; intanto bisognava ottenere l’autorizzazione della cava e superare un primo rifiuto della Soprintendenza.

Quando l’azienda trevigiana arriva pure a finanziare, assieme al partner Legambiente, la Sagra paesana della Cassatella di Agira l’intero Consiglio Comunale, surrealmente, delibera all’unanimità che il villaggio preistorico e le mura di fortificazione del Monte, d’intralcio all’apertura della cava, possono essere spostati di una quindicina di chilometri e ricostruiti presso il castello medievale. Così viene presentato un nuovo progetto che in soli quindici giorni ottiene il nulla osta. E quando l’Autorizzazione viene rilasciata, dopo sole 48 ore dalla presentazione dell’atto di acquisto dei terreni, fra il tripudio del Presidente della Regione, al quale il nome dei venditori evoca, forse, un nostalgico passato, la felicità dell’Assessore al ramo (di Treviso come il cavatore), del Direttore Generale, che si era offerto alle telecamere per illustrare la bontà del progetto e garantire che la dinamite usata per cavare mai avrebbe danneggiato le strutture archeologiche copiosamente presenti e del Sindaco di Agira che già da tempo sosteneva orgogliosamente l’insano progetto, il compianto Assessore Sebastiano Tusa, allargando le braccia, non può che constatare che dietro al progetto della cava “ci sono poteri forti”. In effetti nessuno si era accorto, prima di rilasciare l’ autorizzazione, che fra i venditori vi è un mafioso e che l’atto di vendita prevede un accordo commerciale che potrebbe configurare una società di fatto. Adesso si aspetta la prossima mossa del Collegio di Difesa della Fassa srl: il ricorso in Cassazione ma, a questo punto, non si tratterebbe di lite temeraria?

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