Narrare per immagini: la fotografia di Marilena Vita

Narrare per immagini: la fotografia di Marilena Vita

di Pina Mazzaglia

CATANIA – Sempre più protesa verso una dimensione installativa, Marilena Vita, attraverso l’uso del movimento e le atmosfere rarefatte, traduce le emozioni della vita reale in immagini dal forte impatto emotivo. 

Quando la fotografia si fa allusiva, smette di raccontare la tangibilità delle cose e prova a rappresentare un concetto lontano dalla sua fisicità, quando si trasforma in racconto visivo, surreale e fantastico, diventa un’arte concettuale. Marilena Vita, attraverso l’uso del movimento e le atmosfere rarefatte, traduce le emozioni della vita reale in immagini dal forte impatto emotivo, catturando vulnerabilità e turbamenti. Ogni luogo, ogni elemento naturale arricchiscono la capacità narrativa e dimostrano ancora una volta come la fotografia possa assumere un respiro progettuale, combinando la forza del concetto al rigore dell’indagine. Consapevolezza, responsabilità, potere, sono le colonne portanti di un sistema mondo sapientemente indagato: lo scenario di fondo, riconoscibile nella sua concreta natura, è solo il punto di partenza.

Abbiamo incontrato Marilena Vita al Museo dell’Immaginario Verghiano, di Vizzini, dove espone le sue opere fino al 24 novembre.

Da quando fai fotografia? Com’è iniziata questa passione? 

Mi dedico professionalmente alla   fotografia dall’anno 2000, anche se ho portato avanti contestualmente anche il video e la performance, tralasciando la pittura per molti anni per riprendere a dipingere quatto anni fa.

La tua arte si ispira al surrealismo, come nasce questa passione? 

Come già ho scritto la mia arte in genere tutta, fotografia, video, performance o pittura ha a che fare con tutto ciò che è umano e vuole rappresentare un’idea, un’emozione positiva o negativa da comunicare a chi la osserva. È un modo per esprimermi senza parlare.

Ho visto le tue foto e ne sono rimasta affascinata, soprattutto, quando ho capito che si tratta di autoscatti e tu, non sei riconoscibile: maschere, distorsioni, sfumature ne coprono i lineamenti… 

Ti ringrazio per tue parole, perché sono convinta che se l’arte non lascia spazio alle emozioni non può considerarsi arte.

È stato difficile conciliare entrambe le cose?

Quando creo un’opera fotografica non penso mai a me stessa ma all’esistenza dell’esserci come persona, occultare il viso dà significato al messaggio, rendendolo universale.

Che cosa vuol dire esprimersi attraverso la fotografia?

La fotografia per me è una forma di linguaggio che mi piace molto.

Che cos’è per te la capacità di visualizzare?

L’immaginazione   trasformata in creatività.

Secondo te la fotografia odierna ha il giusto riconoscimento all’interno dei musei d’arte contemporanea?

La fotografia come anche tutta l’arte in genere è purtroppo, ancora oggi rivolta a un pubblico colto, che possiede gli strumenti giusti per capirla. È un linguaggio troppo giovane (il primo dagherrotipo risale al 1826). Mentre la pittura ha un suo spazio nei luoghi Istituzionali, la fotografia sta provando ad avvicinarsi ai musei, alle gallerie dedicati nonché al ricco collezionismo. 

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