Nessuno verrà lasciato solo, il Terzo Settore terza gamba dell'economia in tempi di Covid-19

Nessuno verrà lasciato solo, il Terzo Settore terza gamba dell'economia in tempi di Covid-19

di Saro Faraci

Sono settantadue pagine, tutte dedicate al ruolo dell’economia sociale in Italia e nel Mezzogiorno durante e dopo il Covid-19. Il rapporto, appena pubblicato sul sito, è stato curato da SRM Studi e Ricerche per conto di Intesa San Paolo e della Fondazione Compagnia di San Paolo e si intitola “I nuovi scenari economici di fronte alla sfida del Covid-19”.

Il Rapporto mette a fuoco, attraverso la voce di vari autori, in che modo durante questo periodo il sistema di imprese sociali e organizzazioni di Terzo Settore ha saputo gestire l’emergenza, sia in termini di mantenimento dei livelli di produzione e occupazione, sia in termini di flessibilità organizzative e produttive in grado di far fronte alle variazioni, quantitative e qualitative, virulente e non previste, della domanda di cura che ci sono state in questi mesi.

Il punto di partenza è la crisi dalle molteplici sfaccettature. A seguito del Covid-19, Italia, Europa e larga parte del mondo intero sono stati colpiti contemporaneamente da quattro gravissime crisi: sanitaria, economica, finanziaria e sociale. Una crisi di tali proporzioni “ha immediato e violentemente acuito le diseguaglianze, ha reso più fragili i soggetti deboli, ha aumentato in modo esponenziale il numero dei poveri”, sostiene il rapporto. Alle politiche pubbliche di contenimento hanno fatto seguito quelle economiche di sostegno all’economia, anche per non far cadere il PIL più in basso delle previsioni. In Italia, però, non è mancato il sostegno generoso offerto dal Terzo Settore, in diversi casi di totale supplenza rispetto alle istituzioni e di questo si occupa il rapporto appena pubblicato da SRM.

Se in Europa, l’economia sociale rappresenta il 6,4% dell’occupazione con quasi 12 milioni di posti di lavoro e vale il 7% del PIL dei 27 Paesi dell’Unione, in Italia il cosiddetto Terzo Settore vale 80 miliardi di euro, quindi il 5% del PIL, ed occupa 1,14 milioni di lavoratori retribuiti e 5,5 milioni di volontari; riesce a soddisfare le necessità di oltre 1/3 della popolazione italiana. Importante è anche la sua valenza finanziaria, perché in Italia il totale delle entrate delle istituzioni non profit è pari a 70 miliardi di euro, mentre le uscite ammontano a 61 miliardi di euro. Cresce anche il ruolo del Mezzogiorno, dato che le entrate rappresentano il 12% del dato nazionale (pari a 8,4 miliardi di euro), mentre le uscite sono pari a 8,2 miliardi di euro. Entrambe le voci di bilancio sono in crescita negli ultimi anni.

Anche altri numeri evidenziano crescita del Terzo Settore e la sua importanza nel Mezzogiorno. In Italia le istituzioni non profit sono oltre 350 mila, in crescita del +2,05% rispetto al 2016, e del +48,99% sul 2001. Nel Mezzogiorno la crescita si presenta più sostenuta con 93,5 mila istituzioni, +3,1% rispetto al 2016.

I valori del Terzo Settore vanno ben oltre una dimensione prettamente economica. “Si caratterizza infatti non solo per ciò che fa, producendo ed erogando beni e servizi per la collettività spesso altrimenti non disponibili per tutti, ma anche per come lo fa, agendo su varie dimensioni della vita sociale, favorendo l’aspetto relazionale, alimentando la diffusione dei valori, supportando i bisogni e le necessità”, secondo il rapporto di SRM. L’ambito di attività prevalente è cultura, sport e ricreazione che interessa il 64% delle istituzioni; poi assistenza sociale e protezione civile pari al 9%, relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (6%), religione (5%), istruzione e ricerca (4%). Il Terzo Settore è anche attore nell’innovazione sociale, nella capacità di rispondere ai bisogni nuovi, favorendo idee e creatività. Ad esempio, molti servizi sono stati reinventati in pochissimi giorni, sull’onda dell’emergenza, poichè i soggetti sociali di prossimità avevano il polso diretto della situazione e dei bisogni concreti delle persone.

In tempi di Covid-19, il Terzo Settore ha rappresentato la faccia della solidarietà degli italiani, dando valenza della sua forza intrinseca che è il centro di gravita delle attività svolte dalle organizzazioni dell’economia sociale. Nel Mezzogiorno, ad esempio, privati, cittadini, associazioni e cooperative hanno supportato e coadiuvato le istituzioni nel cercare di non lasciare nessuno indietro. Il motto “andrà tutto bene” si è trasformato in “nessuno verrà lasciato solo”. Si sono sviluppati in tutto il Paese tre filoni di solidarietà, aiuti di tipo alimentare, aiuti di tipo psicologico e aiuti di tipo medico. Hanno supportato e sostenuto lo sforzo del Paese e delle strutture pubbliche nel dare aiuto e sostegno a quella gran parte della popolazione che in pochi ha perso lavoro, reddito e purtroppo anche la salute.

Inoltre, l’economia sociale non si è limitata alle sole attività delle organizzazioni non profit ma anche al supporto operativo e fattivo di tipo socio-economico svolto dalle imprese for profit nei settori bancario, assicurativo, agricolo, sanitario, dei servizi sociali. L’emergenza da pandemia ha dato visibilità concreta a tutto ciò. Numerose sono state le iniziative messe in campo da soggetti non tipicamente afferenti al tradizionale confine dell’economia sociale. Si è trattato di un lavoro svolto spesso lontano dai riflettori, non sempre prontamente gratificato dalle azioni di sostegno finanziario ed organizzativo, ma sicuramente importante. Per questi motivi, il Terzo Settore, in un periodo di pandemia che ha rivelato la centralità della società civile e dei territori, è destinato ad assurgere a tutti gli effetti a terza gamba dell’economia “dando al concetto di sussidiarietà la dinamicità di una forza aggregante che metta insieme imprese for profit, imprese non profit e pubblica amministrazione per definire comuni linee di intervento”, chiosa il rapporto SRM.

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