Nicolò Zocco: storico, giurista e filosofo nella Sicilia di fine Ottocento


 
 
 

Nicolò Zocco nacque a Palazzolo Acreide il 12 febbraio 1844 da Salvatore Zocco D’Albergo e Francesca Mazzarella, fu l’unico figlio maschio ed ebbe come precettore negli studi lo zio, il Cavalier Giuseppe D’Albergo. Gli anni trascorsi con lo zio furono molto importanti per la sua formazione, non solo culturale ma umana, conobbe il futuro poeta Vincenzo Messina «a cui lo legarono profondi vincoli di amicizia, cultura e interessi affettivi di patria e di fede». Nicolò si trasferì a Siracusa, dove ebbe come maestro il Sac. Sebastiano Nicastro, alla cui scuola ben presto manifestò un’intelligenza viva e un notevole spirito di ricerca.

In seguito, adolescente, si trasferì a Catania sotto la guida del Can. D. Luigi Pappalardo, noto studioso, dove conseguì con successo la licenza liceale, il nostro attuale diploma. Gli studi liceali consentirono al giovane studente di dimostrare, al di là delle nozioni scolastiche apprese, la cultura dell’esperienza e della verità, facendo presagire il futuro del giovane allievo. Il preside De Angelis, scriveva così «Io mi rallegro con Lei del trionfo nella difficile carriera della scienza, e ho fiducia che in Lei avrà la Patria un benemerito e insigne cittadino, i genitori, una consolazione, la patria dove nacque un’ambizione».

Fu proprio così, le parole profetiche del Preside divennero realtà nella breve vita di Nicolò, che morì a soli trentasei anni a Trecastagni, stroncato da una malattia incurabile. Il 1859 fu un anno funesto per Nicolò, il suo beneamato precettore morì l’11 novembre, i documenti e le Fonti non rilevano nulla su come superò il lutto, ma abbiamo cognizione che continuò gli studi. Nel 1862 presentò domanda per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza e iniziò, così, il suo percorso universitario.

Ancora studente alla Facoltà di Giurisprudenza scrisse il testo “Fondamenti e i limiti del punire”, in cui analizzava la questione del punire rifacendosi alle vicende storiche di Palazzolo, studiando Alessandro Italia, il giurista palazzolese che nel 1580, circa due secoli prima di Cesare Beccaria, aveva proposto l’abolizione della pena di morte e quella della tortura, ma l’opera rimase inascoltata. Elaborò la Tesi di Laurea intitolata “Nozioni del reato sue condizioni e contingenza del reato” nel 1866 e ottenne il massimo dei voti con “laude”. La Trattazione è vergata in un italiano aulico, con i richiami alla legislazione penale del tempo e con una forte critica alla condizione di miseria e d’incultura che spinge l’uomo a commettere “ruberie e azioni immonde.” La conclusione degli studi vede il ritorno di Nicolò nella casa natia, dove resterà sino al trasferimento a causa della sua malattia, un virus gastrointestinale che si estese anche ai bronchi e che, in seguito a problemi respiratori, rese forzato il viaggio a Trecastagni, dove si spegnerà il 17 marzo 1880.

Il biografo di Nicolò Zocco, Salvatore Aliotta, afferma che «Quivi, modesto in ogni sua manifestazione, diventa oggetto della considerazione di ogni cittadino, serve Palazzolo nella vita pubblica, quale assessore al Comune e Consigliere provinciale, serve la Società amministrando la giustizia con equanimità e generoso disinteresse quale pretore sostituto si dedicò alla ricerca del vero coltivando tutto l’ardore della sua fede e con l’entusiasmo del suo cuore le lettere, la storia, il diritto». Nel 1869 Nicolò pubblica la bella biografia dello zio Giuseppe D’Albergo intitolata “Sulla vita e sulle opere del Cavalier Giuseppe D’Albergo”, dove non tralascia nulla, cita tutte le opere e le tragedie, analizza l’amore dello zio verso la cultura greca e latina, affermando che fu amato per la sua sapienza politica e la costanza negli affetti e descrivendo le incombenze che aveva il ruolo di Sindaco. Un bel brano contenuto nel testo descrive il popolo, che in alcuni casi non comprendeva il valore di chi lo amministrava. Emblematica in tal senso, è la seguente citazione: «La sommossa popolare del 1849 contro onesti e innocui cittadini, che appena giunsero a salvare la vita, mostra l’insana ferocia del volgo abbandonato a se stesso e dove possa giungervi la protervia umana non frenata dalle leggi».

Nicolò traccia i capisaldi teorici dell’opera dello zio, l’amore per la legalità e per la bellezza, non a caso sarà lo zio ad avviare gli studi d’arte ed estetica in Sicilia, in questo sarà coadiuvato dal Barone Gabriele Judica, noto archeologo. In seguito pubblica il volume intitolato “Sulle conseguenze religiose, etiche, sociali dei tre sistemi di Filosofia: il materialismo, il razionalismo, il panteismo”, tale opera illustra la vastità degli interessi di Nicolò, da storico, a filosofo, a giurista, egli era tutto questo, unitamente a una vasta conoscenza artistica, potrebbe essere definito un umanista.

Il testo è frutto di una ricerca minuziosa, è letto nel marzo del 1866 all’Accademia del Progresso, con una recensione molto lusinghiera da parte di tutti i notabili iscritti. Nell’opera in esame rende evidente posizioni filosofiche che saranno patrimonio della neoscolastica, illustra le conseguenze negative che sulla mente umana hanno i tre sistemi filosofici e vi contrappone il cattolicesimo. Zocco spiega la bellezza per l’anima e la vita umana di aderire al Cattolicesimo, illustra con fede e dovizia filosofica le dottrine di San Tommaso, rivisto in chiave moderna. «Ma non è questione di date semplicemente, egli percorre i pensatori neoscolastici anche per quanto riguarda l’oggetto della speculazione. Precorre i neoscolastici di Lovanio affrontando il materialismo e il panteismo; precorre i neoscolastici italiani affrontando l’idealismo hegeliano (padre del crociano e del gentiliano)».

E’ singolare che, in un secolo in cui dilagavano le tre correnti di pensiero materialistico, il razionalismo e il panteismo, un giovane scriveva in merito a valori cattolici, precorrendo numerose digressioni appartenenti alla Neoscolastica. L’impianto filosofico si manifesta nella sua visione nel rifiuto di quei sistemi filosofici la cui applicazione ha consentito di delinquere, negando i valori morali e spirituali, il nostro da buon giurista li conosceva bene.

Nicolò aveva ricevuto un’educazione rigidamente cattolica ma l’aveva approfondita con i suoi studi sui sistemi filosofici e storici, ravvisandone i limiti, solo spirito o solo materia, e l’inconciliabilità fra essi. L’umanista palazzolese prosegue la sua attività con la “Breve descrizione e stato morale di Palazzolo”, che precede la specifica trattazione storica, in quest’opera è leggibile lo spirito di analisi storico e territoriale. Lo studioso analizza gli avvenimenti storici del territorio, li affianca alle vicende urbanistiche ed economiche, formula progetti concreti e realizzabili per migliorare la qualità di vita degli abitanti di Palazzolo.

Nicolò Zocco afferma che «All’incremento dell’industria agricola palazzolese sarebbe oggi più che mai importante procurare un maggiore sviluppo dello spirito di Associazione, lo erigere un istituto di credito agrario onde rendere accessibile a tutti il capitale, e sovra ogni altro l’apertura di una nuova rotovia che muovendo dal Paese transitasse gli extrafeudi Santa Lucia, Bauli, Aguglia, Sparano, Mezzogregori ed altre terre intermedie per mettere capo alla strada di Castelluccio, e così facilitare da quelle terre il trasporto delle produzioni agrarie da Palazzolo a Noto. Sarebbe anche uno dei più importanti benefizi alla prosperità del Paese l’attribuire a questo quella porzione di territorio che in onta ai principi di giustizia i Paesi limitrofi possiedono a suo danno».

La produzione zocchiana del 1813 e degli anni successivi annovera tutta una serie di discorsi tenuti all’Accademia del Progresso. L’Accademia del Progresso fu fondata nel 1868 da Nicolò Zocco, unitamente a Vincenzo Messina e al Barone di Bibbia, ne è ideatore e organizzatore. L’Accademia ha sede nella sala della biblioteca di Palazzolo, ed ha l’obiettivo di creare un salotto culturale, dove si discuterà sotto la supervisione del socio più anziano, del Presidente e dell’ufficio di consiglio e revisione. Quest’ultimo è suddiviso in cinque sezioni e ognuna di esse analizza un settore: letteratura e belle arti, scienze storiche e legali, scienze matematiche e sociali, scienze naturali, scienze filosofiche. L’Accademia è regolata da uno Statuto elaborato dal Direttorio e precisamente dal Barone Bibbia, il Presidente, i Direttori, il Dottor Pietro Messina e il Dottor Gaetano Italia, il Dottor Nicolò Zocco, il Segretario. Già dal Direttivo, come diremmo oggi, si evince lo spessore intellettuale e il vasto ambito disciplinare in cui si muoveva l’Accademia. Uno degli obiettivi era promuovere la cultura, il sapere umanistico e scientifico. Lo Statuto all’art. 1 recita che «L’Accademia è composta da Soci attivi corrispondenti e onorari, avrà a scopo il progresso delle Scienze delle Lettere, delle Arti. Essa terrà due volte il mese le sue ordinarie sedute nel locale ove è sita la Biblioteca Comunale. Oltre il corpo degli Accademici è istituito un alunnato di giovani fervidi d’ingegno, ma che per difetto d’età non hanno percorso il tirocinio degli studi. L’alunnato si servirà di titolo per conseguire più facilmente il grado accademico». Il costo per aderire all’Accademia era di dieci lire annuali da pagare in anticipo, mentre la quota per i rinnovi era di cinque lire a semestre, le quote erano registrate e inserite nel bilancio tenuto dall’infaticabile Nicolò.

Zocco scrisse per l’Accademia, oltre ai verbali, alcune relazioni “Rivelazione e filantropia”, “Fondamento del diritto del punire”, scritti in occasione dell’anniversario della nascita di Dante, un’opera densa che illustra gli aspetti giuridici unitamente alla disamina della Divina Commedia. Nicolò morirà nel fiore della sua produzione e dei suoi anni, il 17 marzo 1880, rimangono i suoi scritti, e il suo esempio. Una figura importante, che va di là dalle etichettature, non può definirsi conservatore, seppur appartenente a quel credo politico, ma un illuminato, un dotto che ha reso, come diremmo oggi, il suo sapere multidisciplinare, abbracciando saperi differenti, giuridico, storico e artistico.

Vincenzo Zocco

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