Non è un paese per vecchi

Non è un paese per vecchi

C’è quando piove sabbia dal deserto e quando piove cenere dal vulcano. E le spiagge sono gialle e sono nere. E i terremoti sono africani o sono dell’Etna. Non c’è da star quieti. Giorni fa è stato il fuoco in risalita a smuoverci. Gli abitanti della Montagna la conoscono bene e la rispettano, con ammirazione e prudenza. Come i pescatori il mare. Il terremoto di Natale ha colpito il versante più bello dell’Etna, quello amato da Brancati e cantato da Battiato. Con i suoi villaggi eleganti e curati che non sembrano Sicilia. Il cittadino va lì a passeggiare e sente la confidenza di luoghi conosciuti, l’estraneità di una cultura tenace e cordiale. Zafferana era stata già colpita nel 1984, case e chiese distrutte, la tendopoli nella bella piazza. Poi l’inizio della ricostruzione, fatta in silenzio e con serietà. Solo qualche polemica del solito Sgarbi per la nuova chiesa di Fleri ma niente di più. E adesso dovranno ricostruire.

La bellezza è così, richiede attenzioni e cura. I boschi del trentino non stanno in piedi da soli, un uragano può spazzarli via, li ha spazzati via, ma l’uomo che li abita dimentica il pianto e lavora perché rifioriscano. Si è scritto tanto sulla vivacità di Catania che si nutrirebbe dell’inquietudine del vulcano, è una poetica che tuttavia ci ha abbandonato. Catania si è seduta sulla sua comodità da spiaggia, ha dimenticato le rocce laviche della scogliera, che infatti rischia di crollare, e i suoi palazzi oscillano senza senso alle scosse notturne e misteriose della terra. Perché si è creduta Milano senza la fatica di lavorare per esserlo. Il 26 dicembre ci ha ricordato che noi siamo diversi, costretti ad essere diversi. Non immobili ma in movimento. Se scegliamo di restare, di preferire la bellezza alla facilità di luoghi dalla ricca economia, allora bisogna essere più dinamici che altrove. Meno provinciali, per uscire dall’insularità costretta tra il mare di scirocco e i fiumi di lava. Tanta bellezza può tradire all’improvviso. La sua seduzione conquista ma non costruisce. E può fallire. La città è fallita.

Per rialzarsi, subito, senza attendere la fata Turchina che ci salvi e perdoni, occorre un nuovo dinamismo fatto di creatività: idee nuove per risolvere problemi vecchi. Essere asimmetrici per ribaltare il passato, senza seguire la moda nazionale del momento che ci vorrebbe tutti ancorati al proprio territorio e chiusi. Noi siamo già isola, quindi abbiamo bisogno del contrario, di apertura al mondo. Non aiutano i narcisismi da perfetti assistiti del parastato, anzi vanno cacciate via le abitudini, le certezze acquisite, i baronaggi. Soprattutto, cacciar via l’idea che ormai non si possa più nulla: sono discorsi da pensionati. Oggi è richiesta la freschezza della gioventù per uscire dal baratro in cui siamo precipitati. Anche senza denaro, anche contro il denaro del debito. Se i nostri Amministratori, il Sindaco, la Giunta, il Consiglio comunale, resteranno fermi ad attendere aiuti, non combineremo un bel niente. Ci sono un mucchio di cose concrete che possono essere realizzate senza bisogno di risorse economiche. Si può ridisegnare la civiltà della città in un nuovo Piano regolatore, in una nuova e moderna mobilità, nella cura del decoro urbano, nella spinta ad una migliore efficienza amministrativa, nella pulizia. Se resteranno fermi e avvizziti, bisognerà che qualcuno gli ricordi che Catania, la Sicilia, non è un paese per vecchi.

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