Non siamo pazzi a vivere sull'Etna. E' stato un terremoto spaventoso, non disastroso

Saro Faraci

FLERI – Avrebbero dovuto fare la diretta RAI da Roma ieri sera per rendersi conto che il terremoto del 26 dicembre, di magnitudo 4.8, che ha colpito Fleri, Pennisi, Pisano e altri centri di un vasto comprensorio etneo intorno alla faglia di Fiandaca, è stato un terremoto spaventoso, durato all’incirca dieci secondi, ma non disastroso. Eccezionale, imprevedibile, sgradevole, caotico ed impressionante, ma non disastroso come hanno fatto credere e vedere. Tant’è che la gente, seppur terrorizzata, è uscita viva da casa e le abitazioni, molte delle quali oggi inagibili parzialmente, hanno retto nelle fondamenta; insomma non sono nè crollate nè si sono sfracellate. Il sensazionalismo mediatico non è più informazione e si trasforma in giornalettismo: dispiace quando anche la TV di Stato cade nella trappola degli ascolti; la spettacolarizzazione delle notizie non è verità scientifica e reclutare ospiti in studio che contribuiscono a fare show non è corretto, giornalisticamente parlando.

Ieri sera, a Fleri, c’è stato un utilissimo incontro della comunità con il vulcanologo Boris Behncke, ricercatore dell’Osservatorio etneo dell’INGV. Organizzato dal movimento spontaneo #rialzatifleri e dalla comunità parrocchiale Maria SS. del Rosario, ospitato all’ultimo minuto grazie alla disponibilità del Sindaco Alfio Vincenzo Russo nella scuola elementare di via Rossi, struttura già colpita dal terremoto del 1984, ristrutturata nel rispetto dei più moderni criteri di anti-sismicità tant’è che ha retto benissimo all’ultimo terremoto di Santo Stefano, l’incontro, al quale hanno preso parte oltre 300 persone, è servito per fare chiarezza sulla natura, le caratteristiche e gli effetti della brutta “sventola” che, alle prime ore del mattino del 26 dicembre, ha buttato giù dal letto migliaia di persone tra Zafferana Etnea, Santa Venerina ed Acireale, e non soltanto in quei paesi. Con un linguaggio semplice, a tratti anche divertente e leggero, la “lectio” di Boris Behncke è stata di elevato spessore scientifico.

Prevedibile, imprevedibile? Inaspettato, annunciato? Quel terremoto – ha detto il ricercatore INGV – è stato preceduto da un’intensa attività sismica che, nel periodo 1 ottobre 2017 – 5 ottobre 2018, ha prodotto un numero di micro-terremoti, di scosse, ben superiore ai movimenti tellurici registratisi tra il 1 ottobre 2016 e il 30 settembre del 2017. Un’avvisaglia importante è stato il terremoto di Santa Maria Licodia, registrato ad inizio di ottobre dello scorso anno, ma la portata dell’evento sismico di Santo Stefano è stata eccezionale, anche per l’energia che si è accumulata nel tempo e soprattutto per l’accelerazione al suolo che ne è scaturita.

Sicuramente, c’è da dire che il terremoto si è manifestato contemporaneamente all’eruzione di fianco del 24 dicembre 2018, che alla vigilia di Natale ha sollevato un nuvolone di cenere vulcanica e ha prodotto tra i 4 e i 5 milioni di metri cubi di materiali lapidei. E’ stata una breve e piccola eruzione, ma subito dopo è stata seguita da un terremoto. La precedente eruzione di fianco, durata dal 13 maggio 2008 al 6 luglio 2009, aveva prodotto ben 70 milioni di metri cubi di materiali vulcanici, ma non aveva generato alcun terremoto. Ed in effetti, ripercorrere a ritroso la storia del Vulcano, ci dice che non è possibile stabilire una regola tra eruzioni e terremoti. In passato, terremoti forti, come quello di Santo Stefano, si sono verificati sia prima che durante e persino dopo una eruzione sui fianchi dell’Etna. Fleri ha conosciuto nel 1984 un terremoto molto forte, ma a quel tempo l’attività eruttiva del Vulcano era cessata già da un anno prima.

Dunque è nelle viscere della terra che bisognerebbe entrare per capire cosa sta succedendo nel territorio etneo e ciò che, in fondo, da sempre succede. Quando il magma risale verso l’alto, si determinano eruzioni a livello sommitale e l’Etna oggi in tal senso è ben attrezzata, avendo non uno, ma addirittura quattro crateri in vetta. Quando invece il magma non riesce a risalire in modo fluido verso i condotti sommitali, si fa spazio ai fianchi e – come si dice dalle nostre parti – “a Muntagna scassa”. Ne risentono così i diversi versanti, quello di Ovest, quello di Nord, che sono però bene ancorati; ne risente ancor di più il versante di Est, che non trovando appoggi, sta lentamente scivolando, di un cm all’anno, verso il mare. Si sapeva tutto ciò; è stato sempre così. Scientificamente il fenomeno è noto ed è osservato. Ma da qui a dire che ci sarà una catastrofe, un terremoto o un’eruzione “Big One” dalle proporzioni spaventose, è esagerato, oltre che scientificamente poco fondato.

Dunque, è il movimento delle faglie che ha determinato il brutto terremoto di Santo Stefano. Della faglia di Fiandaca, in particolare; ma anche eventi sismici successivi al 26 dicembre si sono determinati per effetto dello spostamento della faglia Pernicana (a Piano Provenzana) e persino di quella contro-Pernicana a sud ovest (Ragalna). Laddove, come in zona etnea, il terreno è roccioso e disomogeneo, ogni spostamento genera movimenti tellurici, fino all’accelerazione improvvisa registratasi alle prime ore del mattino del 26 dicembre. Laddove il terreno è più argilloso, come a Catania, non ci saranno mai eventi sismici legati a questo genere di spostamento di faglie.

Si ripeterà a breve un evento del genere? Pare assai improbabile, anche perchè l’accumulazione di energia al suolo è notevolmente diminuita; non ci sono eruzioni al momento; e poi le faglie mica si spostano giornalmente come se fossero zattere sul mare in tempesta. In passato, ci sono state tantissime eruzioni di fianco, ma solo nel 1875, nel 1894, nel 1931 e nel 1984 si sono registrati terremoti così forti. Diversa la storia del terremoto del 2002 che colpì Santa Venerina. Dunque, per un po’, la terra non dovrebbe tremare così forte.

C’è da stare tranquilli allora? Attenti e vigili sicuramente, ha detto Boris Behncke. Chi vive alla falde dell’Etna sa di dover convivere con i rischi di natura sismica e vulcanica, ma di certo non può definirsi pazzo solo perchè abita qui. Rischi del genere non sono così diversi dai tantissimi rischi ai quali la gente è esposta quotidianamente, sulle strade, a lavoro e a casa propria. Bisogna prestare massima attenzione, quella sì. A cominciare dalla sfida che adesso si presenta a molti, nella ricostruzione delle abitazioni e degli edifici commerciali che sicuramente si potranno riadattare con metodi e tecniche ancora più all’avanguardia per reggere meglio futuri ed eventuali scossoni che “a Muntagna” non mancherà di produrre, come è naturale che sia. L’Etna è un vulcano attivo, non dimentichiamolo.

Una cosa però è certa. A nessuna delle trecento e passa persone, presenti ieri alla scuola di Fleri e tra loro diversi giovani e ragazzi, è passata nemmeno per un secondo per la testa l’idea di lasciare quelle zone. Quando si vive a fianco e ai piedi di una bellezza così rara e universalmente riconosciuta come meravigliosa qual è l’Etna, bisogna solo abituarsi a convivere con tale spettacolo in un modo vigile e attento. La “lezione” del magnifico Boris Behncke è servita soprattutto a questo: lanciare un messaggio di speranza, ieri sera decisamente più efficace di tante “pillole televisive” di pochi minuti che non hanno affatto aiutato nessuno nei giorni post-terremoto e che hanno creato tanta confusione.

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