Non solo sushi. Le alghe che curano e la nostra alga siciliana: il "mauro"

Non solo sushi. Le alghe che curano e la nostra alga siciliana: il "mauro"

Elisa Musumeci
biologa e nutrizionista

La mania del sushi impazza ormai ovunque, è solo moda o possiamo trarne dei benefici per la nostra salute?

Sebbene la parola “Sushi” nell’immaginario collettivo richiami l’idea di pesce crudo, non è in verità il pesce l’ingrediente principale, dal momento che anche nella madrepatria, il Giappone, esistono delle versioni di suhi vegan. Quel che non può assolutamente mancare è invece la presenza di alghe. Questi vegetali non appartengono oggi alla cucina tipica mediterranea, ma in oriente, particolarmente in Giappone, rappresentano uno degli alimenti base per la prevenzione e la salute

In realtà esistono anche diverse microalghe d’acqua dolce, dalle innumerevoli virtù terapeutiche, ma di questo parlerò in un articolo dedicato. Tornando alghe marine, ne esistono circa diecimila varietà suddivise in alghe verdi o Cloroficee, alghe rosse o Rodoficee e alghe brune o Feoficee, il cui diverso colore dipende dai pigmenti con i quali assorbono i raggi del sole.

Proprio questi pigmenti conferiscono proprietà nutrizionali. Le ficocianine e ficoeritrine, ad esempio, sono importanti antiossidanti, la luteina è un tipo di carotene dall’azione protettiva sulle cellule, così come il pigmento più noto tra tutti, la fucoxantina, un altro carotenoide giallo che ha invece proprietà stimolanti il metabolismo cellulare e protettive contro il cancro, in particolare quello al seno e quello alla prostata. All’azione antiproliferativa contro la cellula tumorale, si aggiunge l’effetto antinfiammatorio e di stimolo del sistema immunitario, molto spesso indebolito dalle chemio e radioterapie. 

Le alghe più diffuse ad uso culinario sono perlopiù conosciute con nomi nipponici, poiché il Giappone detiene il primato mondiale per consumo ed esportazione. Tra le più note troviamo:

  • ALGA WAKAME: E’ l’alga base della zuppa di miso, un classico della cucina macrobiotica. E’ utile per riparare la mucosa gastrointestinale, grazie al notevole contenuto di mucillagini, e rappresenta un’eccezionale fonte di calcio oltre dieci volte superiore a quello contenuto nel latte. La fucoxantina è ben concentrata rendendola un importante sostegno nella lotta al tumore. L’alga wakame, come la kombu, hanno la proprietà di ammorbidire gli alimenti con cui vengono cucinate, ottima dunque l’aggiunta alle zuppe di legumi.
  • NORI: Alga rossa venduta sotto forma di foglietti essiccati usati, già da diversi secoli, per confezionare sushi. Ha un contenuto proteico parecchio elevato, pari al 35% del peso secco, e un ampio spettro vitaminico, tra cui spicca la vitamina B12,e acidi grassi omega3. La sua regolare assunzione aiuterebbe dunque a prevenire il rischio cardiovascolare.
  • KOMBU: E’ un’alga bruna dall’uso millenario.Cresce nei mari freddi, in profondità, ed ha proprietà di stimolo della tiroide per la percentuale di Iodio contenuta. Contiene anche acido glutammico che, se da un lato ne rende l’utilizzo in cucina utile a sostituire il sale, d’altra parte alla luce di recentissime scoperte scientifiche, un eccesso di acido glutammico farebbe da substrato proliferativo per le cellule cancerogene, dunque l’uso è fortemente sconsigliato.
  • ARAME: Alga dal sapore dolciastro, più delicato delle altre. Si presta bene ad accompagnare i cibi come insalata. L’alga Arame è particolarmente ricca di potassio. La sua assunzione può essere utile per chi pratica sport, al fine di arginare il rischio di incorrere in crampi muscolari. Secondo i consumatori giapponesi, se ne consiglia l’uso per mantenere folte e lucide le chiome.
  • DULSE: E’ una delle alghe rosse diffuse in nord europea, precisamente Irlanda e Scozia, e in Canada. In Inghilterra si serve essiccata insieme all’aperitivo. Tra le proprietà spicca la presenza in ferro.

In Asia l’uso delle alghe, come già anticipato, è radicato nella cultura da millenni, a differenza dell’Occidente dove non vengono considerate ad uso alimentare se non liofilizzate, polverizzate e vendute come gelificati, il più noto tra tutti l’Agar Agar.

Eppure in Sicilia vi era un tempo, neanche tanto lontano, in cui un tipo particolare di alga che cresceva nelle scogliere della costa catanese, rappresentava una specialità locale. La chiamavano “U’ Mauru”.

IL “MAURO”, UNA PRELIBATEZZA DAL MARE CHE RISCHIA L’OBLIO

C’è un ricordo che mi accompagna ogni qual volta passeggio per la scogliera del piccolo borgo marinaro di Ognina. Ero allora bambina e con la mia famiglia abitavamo in provincia pavese, ma ogni estate passavamo le ferie in Sicilia per godere un po’ del mare e del sole.

Ricordo la prima volta che, scendendo per un bagno, passammo per la pescheria. C’era pesce di ogni tipo, tanto fresco da vederlo spesso, ancora vivo, dimenarsi nelle vasche o saltare sul banco, poveretto. Tra l’intenso odore e le urla goliardiche che caratterizzano il mercato ittico, rimasi colpita da un anziano signore, la pelle bruciata dal sole, il classico lupo di mare. Non aveva un banco ricco, ma esponeva diversi piatti contenenti qualcosa dal color marroncino e all’apparenza viscido, servito su un letto di fette di limone. Nessun cartellino d’indicazione, né alcun vociferare per attirare all’acquisto, come se il prodotto non avesse bisogno di presentazioni. Incuriosita, chiesi a mia nonna che, divertita dalla mia perplessità, mi rispose “E’ ‘u mauru. L’erba di mare”!  Non fu quella l’unica volta che lo vidi. Fino a qualche decennio fa lo vendevano comunemente anche nelle sagre.

 Il “mauro” (“mauru” in dialetto catanese) è un’alga rossa filamentosa. Il suo nome scientifico è Chondrachantus teedei ed è presente, in realtà, nelle coste di tutto il mondo. In Sicilia cresceva in abbondanza sugli scogli vulcanici e rappresentava una specialità tipica del litorale catanese, per la sua apprezzata consistenza callosa e l’intenso sapore “di mare”. Chissà perché, poi, questo nome. Io ritengo possa essere un’associazione al colore bruno, “marocchinu” come i siciliani identificano ogni individuo dalla pelle bronzea, dunque forse abbreviandolo a “mauru”. 

L’alga “mauro”, come tutte le alghe, ha un alto contenuto di nutrienti ed è un piatto perfetto per chi segue diete o, per altri motivi, ha bisogno di integrare carenze alimentari.  Attenzione però allo Iodio! La sua alta concentrazione ne rende sconsigliata l’assunzione a chiunque presenti scompensi alla ghiandola tiroidea. La presenza di quest’alga nelle nostre coste indica, in oltre, una buona qualità delle acque, poiché non riesce a sopravvivere in ambiente inquinato. Per questa ragione oggi, purtroppo, è una vera rarità. 

Del “mauro” le nuove generazioni catanesi non conoscono ormai l’esistenza, eppure gira voce che esista qualche trattoria di specialità tipiche marinare in cui, ancora, lo si può trovare. Dove lo raccolgono? Segreto professionale! Varrebbe comunque la pena, fin che siamo in tempo, di assaggiare almeno una volta questo piatto tipico ormai destinato a cadere nell’oblio. 

  • Ricette a base di alga “mauro”

Il tipico piatto a base di “mauro” è l’insalata rigorosamente a crudo, con qualche goccia di olio e limone. Qualcuno lo saltava in padella con un po’ di olio per accompagnare piatti a base di pesce. I più fantasiosi, aggiungendo qualche spicchio d’aglio e un po’ di pepe, tritando il tutto, ne facevano un gustoso ripieno per ravioli fatti in casa da condire con del buon ragù di pesce. Altri impastavano il tallo del”mauro” con uovo e pangrattato per ottenere delle polpette. C’è invece chi ritiene che qualsiasi ingrediente in aggiunta non faccia che guastare il suo sapore autentico,  è per questo che i veri amatori lo consumavano tal quale mentre lo raccoglievano sugli scogli.

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