Non solo terremoto, a Fleri una casa e un luogo sicuri per Sant’Agata, la patrona di Catania

di Saro Faraci

Fleri è balzata agli onori della cronaca per lo spaventoso terremoto della notte di Santo Stefano che non ha provocato morti o feriti ma ha danneggiato seriamente le abitazioni e ha causato una lunga scia di dolore e disagio ma anche di amarezza per le parole proferite con tanta disinvoltura dai salottieri della tv a proposito della presunta precarietà delle abitazioni.

Oggi vi narriamo una storia che forse pochi conoscono. E vi parleremo di un amore diverso. Ed infine vi racconteremo una storia d’amore che dura da secoli e che gli eventi esterni non sono mai riusciti a scalfire, anzi l’hanno resa ancora più forte.

La storia è quella di una casa e di un luogo sicuri per Sant’Agata. Si trovano a Fleri, ironia della sorte in quelle stesse zone colpite dal sisma del 26 dicembre scorso. Qui, sul finire della seconda guerra mondiale esattamente dal 14 maggio al 26 settembre del 1943, vennero custodite le reliquie di Sant’Agata, patrona di Catania, nascoste in una anonima e vecchia cassa di legno dentro una cisterna, dietro la canonica della Chiesa Maria Ss. del Rosario, per intenderci la “vecchia chiesa” di cui è caduto il campanile la notte di Santo Stefano. La storia viene narrata con dovizia di particolari da Antonio Patanè, in una pubblicazione del 1992 a cura dell’Accademia degli Zelanti di Acireale. Protagonisti di quella storia furono mons. Carmelo Patanè, Arcivescovo di Catania, mons. Giuseppe Carciotto, suo Vicario generale, don Ignazio Messina, energico parroco di Fleri, e la famiglia del barone Gaetano Francica Nava da sempre presente a Fleri, tant’è che a loro spese venne eretta nel 1782 la Chiesa Maria Ss. del Rosario. Attorno a queste figure importanti ruotano i nomi di tanti altri personaggi, dai castaldi di fiducia dei Francica Nava cioè Agostino Sapuppo e Orazio Di Salvo cui venne affidato il compito di riporre nella cisterna della Chiesa la pesantissima cassa di legno proveniente da Catania, il giovane militare Giuseppe Pappalardo, parrocchiano di Fleri, cui sotto giuramento a Gesù Sacramento don Messina fece spostare in fretta e furia le reliquie dagli uffici della canonica al dismesso pozzo; il cappellano militare Giacomo Graham cui venne svelato il segreto che i luoghi della Chiesa, occupati dagli alleati anglo-americani, erano sacri e custodivano un “ospite” molto illustre. La storia è bellissima ed avvincente e narra pure di come prima i tedeschi e poi gli alleati anglo-americani fossero molto attirati dai preziosi e costosissimi reliquiari contenenti il velo e le spoglie di Sant’Agata, tant’è che li cercarono invano alla Cattedrale di Catania e qualcuno raccontò loro la bugia che si trovavano a Roma, in Vaticano, mentre erano invece a Fleri, laddove nel 1943 tanti nobili catanesi vi alloggiarono perchè sfollati da Catania per sfuggire ai bombardamenti sul capoluogo etneo.

L’amore è quello della gente di Fleri per Sant’Agata. Dura dal 1667 quando una chiesetta dedicata a Sant’Agata fu eretta nel fondo delle Verginelle a Fleri. Ma forse dura da più lungo tempo e ne sappiamo ancora poco. E’ amore intriso di fede e devozione, ma è vero amore, perché – dopo la Madonna del Rosario cui è dedicata la Chiesa parrocchiale – Sant’Agata è considerata la grande protettrice di Fleri.  Questo pomeriggio alle 17.30 il parroco della Chiesa Maria Ss. del Rosario mons. Alfio Russo officerà a casa Dusmet la Santa Messa, preceduta dalla recita del Rosario e della preghiera a S.Agata, cui seguirà prima della celebrazione l’intonazione del famoso canto “Inneggiamo alla martire invitta. Rifulgente di luce divina. Inneggiamo alla grande eroina. Presso l’ara cosparsa di fior”. Fino allo scorso anno, dopo la Messa seguiva una breve processione dalla Chiesa “nuova” a quella “vecchia”, per fermarsi a pregare in una piccola stanza – in corrispondenza dell’antica cisterna – dove fino al terremoto di Santo Stefano era custodita una reliquia della patrona di Catania, donata alla Parrocchia di Fleri dal cardinale Giuseppe Francica Nava. Dichiarate inagibili entrambe le Chiese, la reliquia si trova adesso a casa Dusmet e verrà esposta questo pomeriggio, in occasione della festa della Santuzza. Nel 2008 due reliquie contenente una mammella e la mano di Sant’Agata tornarono a Fleri, sessantacinque anni dopo gli eventi dell’estate del 1943. Nel 2009 il popolo di Fleri rese visita alla Santa patrona di Catania alla Cattedrale, prima dell’inizio del triduo della festa. Nel 2013 la “Peregrinatio del Velo” cominciò proprio da Fleri e la preziosa reliquia di Sant’Agata rimase esposta per ben tre giorni nella Chiesa “nuova”, anch’essa allo stesso attuale interdetta a causa del terremoto di dicembre. Ed ancora quest’anno, alla scuola elementare di via Rossi, il Velo di Sant’Agata è rimasto esposto per un pomeriggio, in segno di solidarietà della comunità catanese verso gli abitanti di Fleri e di Pisano, sfollati per via del terremoto. Insomma, non c’è dubbio che quello tra Agata e il popolo di Fleri è amore vero, non è stata una infatuazione passeggera, e segreta, di un’estate sul finire della guerra.

E poi c’è la storia d’amore che mette insieme la storia e l’amore di cui prima Vi abbiamo parlato prima. Una storia d’amore che ha alcuni solidi punti di riferimento. La presenza dei Francica Nava a Fleri e il puntuale arrivo ogni estate dei tanti villeggianti catanesi che, nel periodo della guerra, iniziarono un po’ prima a salire verso Fleri e le zone etnee, perché i bombardamenti imperversavano su Catania e c’era il rischio di morire sotto le macerie nel capoluogo. Un altro punto di riferimento è la Chiesa Maria del Ss. Rosario, quella vecchia. Resistette allo scoppio di alcune mine fatte brillare l’8 agosto del 1943, la canonica fu colpita da una granata, cadde la volta del bagno e dello stanzino, si ruppe la conduttura dell’acqua e si sconquassarono le porte interne, ma le spoglie di Sant’Agata rimasero lì al sicuro, fintanto che non vennero riportate a Catania a guerra terminata. Di quella Chiesa rimasero facciata e campanile dopo il terremoto dell’ottobre 1984 che in pratica la rase quasi al solo. Ristrutturata ed adibita ad auditorium, adesso, dopo il terremoto di Santo Stefano, la Chiesa “vecchia” ha subito un’altra menomazione, perdendo il campanile venuto giù dentro la struttura, ma sulla sua facciata rimasta in piedi è ancora integra la lapide recante la seguente epigrafe “L’associazione S.Agata al carcere qui convenuta da Catania in devoto e solenne pellegrinaggio il 13 giugno 1948 tramanda ai posteri che le venerate insigne reliquie di S.Agata sotto la furia del turbine della guerra nel tragico luglio 1943 in questa romita Chiesa furono amorosamente custodite”. Infine, c’è il crocevia di Fleri quello che a nord porta verso la “Montagna” e ad est verso Giarre. Lì, dove adesso passa la faglia di Fiandaca, i tedeschi disseminarono tante mine e ne fecero brillare diverse per precludere l’accesso ai nemici anglo-americani durante la loro avanzata verso i Paesi etnei. Era l’agosto del 1943. Non ci furono morti nemmeno allora (forse uno solo per via dei bombardamenti a Pisano di qualche giorno prima) e una “manina” la diede pure Sant’Agata, l’innamorata di Fleri.

 

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