Katya Maugeri
CATANIA – “Io oggi ho avuto – ancora di più – la consapevolezza di ciò che è avvenuto: mio marito uccide mia figlia per vendetta, lucidamente”. Sono parole forti, che durante una intervista a Sicilia Network, rivela con una forte commozione, dolore e rassegnazione Giovanna Zizzo madre di Laura Russo uccisa dal padre.
I giudici della terza sezione penale della Corte di Assise di Appello di Catania, presieduta da Elisabetta Messina, stamattina hanno confermato l’ergastolo per Roberto Russo: dovrà scontare il carcere a vita con isolamento diurno per quattro mesi e la perdita della potestà genitoriale.
L’uomo era lì, presente. “Fermo, impassibile, freddo come tutte le volte”, racconta la Zizzo. Nessuna dichiarazione di pentimento, nessuna emozione dinanzi alla presenza di Marika ed Emanuele, i suoi figli.
La vendetta, l’omicidio
Erano una coppia in crisi, Giovanna Zizzo aveva deciso di lasciarlo. Lui per vendicarsi usa le figlie come strumento di vendetta nei confronti della donna. È la notte del 22 agosto del 2014 nella sua abitazione a San Giovanni La Punta, con due grossi coltelli da cucina colpì le figlie di 12 e 14 anni. Entrambe dormivano nel letto del padre. La più piccola, ferita gravemente, morirà poco dopo all’ospedale Cannizzaro di Catania. La quattordicenne si salverà dopo un delicato intervento chirurgico, dopo il coma si è risvegliata proprio il giorno del funerale della sorella. Dopo aver colpito le figlie, Roberto Russo cercò di uccidersi, un tentativo di suicidio che il legale della donne interpretò sin da subito come un tentativo di sottrarsi alle inevitabili conseguenze.
La sentenza
Una sentenza che ha il sapore della vittoria terrena, tende a precisa la madre, “mi reputo soddisfatta per questa giustizia terrena, molte madri purtroppo ne sono prive, se si pensa a tutti gli assassini fuori dopo pochi anni di detenzione. Lui non ha solo un capo di accusa, ma tanti, sarebbe stato davvero assurdo un risultato diverso da quello che abbiamo ottenuto. Mia figlia è stata uccisa dal padre. Uomo che resta il padre dei miei figli, ed è agghiacciante. Ciò, però, se per un verso può darmi sollievo, per altro verso non può mai cancellare né in me né nei miei figli le sofferenze patite che ci accompagneranno per tutta la nostra esistenza. Niente e nessuno potrà riportare in vita Laura ma, ripeto, a me e ai miei ragazzi interessava che venisse fatta giustizia. A questo e soltanto a questo ha obbedito la nostra costituzione di parte civile. Un grazie di cuore va all’operato della Magistratura che nulla ha tralasciato e ha compiuto ogni accertamento”.
È scossa Giovanna, come tutte le volte che in aula ripercorre quella notte, il gesto macabro e crudele di un uomo che per vendicarsi uccide una parte di sé, senza mai – negli anni a seguire – mostrare il minimo pentimento. Una parola che possa in qualche modo alleviare il cuore e il dolore di una madre alla quale hanno strappato via l’anima.
Sono state accolte in pieno le richieste formulate dal sostituto procuratore generale Antonino Nicastro, che ha rinunciato alle repliche previste oggi. Nessuna infermità mentale, invocata spesso dal difensore, l’avvocato Mario Brancato, Roberto Russo, quella donne di agosto, era pienamente in grado di intendere e volere.
“È stato mio marito per trent’anni. Sono diverse le emozioni che mi invadono: tutte orribili, atroci, la sete di giustizia, vendicare mia figlia, un’anima innocente che ha pagato per un ragionamento crudele”.
“È una sentenza, quella della Corte d’Assise d’appello, che fa ancora una volta giustizia – dichiara l legale della Zizzo, Giuseppe Lo Faro – Sia i giudici di primo grado che quelli di secondo grado sono stati pienamente concordi e sono giunti alle medesime conclusioni”.
“Io non mi posso permettere di stare in silenzio, non riesco – conclude Giovanna Zizzo – parlare ai giovani, raccontare la storia di Laura è un modo per farla rivivere ogni giorno. Il mio caso non era di certo prevedibile: nessuna violenza psicologica, ma sento il dovere di sensibilizzare i giovani per spiegare loro che quel punto di non ritorno è devastante, che se avvertono la minima sete di vendetta è bene intervenire subito, facendosi aiutare. Ed evitare così l’irrimediabile.
E sulla iniziativa legata alle panchine rosse, portata avanti con Vera Squatrito, madre di Giordana Di Stefano, uccisa dal suo ex compagno Luca Priolo, spiega che tutti possono dipingere di rosso una panchina, la missione inizia dopo: un cammino di sensibilizzazione nelle scuole, perché spiega “la panchina rossa, la condivisione del nostro dolore è una forma di speranza, affinché i giovani possano comprendere il valore dell’amore sano e allontanare quello malato”.