Katya Maugeri
Veronica Panarello ricorre in Cassazione. A dichiararlo è l’avvocato Franco Villardita, legale della donna condannata anche in secondo grado a 30 anni di reclusione per l’omicidio del figlio Loris di otto anni e l’occultamento del cadavere del bambino, dopo il deposito delle motivazioni della Corte d’assise d’appello di Catania.
La condanna
Loris Stival fu strangolato con delle fascette di plastica il 29 novembre del 2014 nella casa di famiglia a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. La sentenza di primo grado che condannava la madre a 30 anni di reclusione era stata emessa dal Gup di Ragusa, Andrea Reale, il 17 ottobre del 2016. Le motivazioni della sentenza hanno descritto Veronica Panarello come una “lucida assassina capace di intendere e volere”. Questa, la motivazione della sentenza del 5 luglio del 2018, depositata dalla Corte di Appello di Catania, che ha portato alla conferma della condanna a trent’anni per della giovane mamma, rea di aver ucciso il figlio. Secondo la Corte “le diverse versioni che la donna ha fornito su quanto accaduto non sono il frutto di un disturbo della personalità e di un processo di verità progressiva come sostenuto dal suo legale ma, i tasselli di una deliberata e dolosa strategia manipolatoria e falsificatrice della realtà”.
Il caso dell’omicidio di Loris Stival
È il 29 novembre 2014 quando Veronica Panarello, madre del bimbo, denuncia la scomparsa di Loris. La donna dice di averlo accompagnato a scuola la mattina e di non averlo trovato all’uscita: vengono da subito avviate le ricerche nel paese e nelle zone limitrofe. In realtà, il piccolo in classe non è mai arrivato, come testimoniano le maestre. Lo stesso giorno, intorno alle 16.00, un contadino chiama i Carabinieri per riferire di aver ritrovato il cadavere di un bambino in un canalone nel pressi del Mulino Vecchio, nell’estrema periferia di Santa Croce Camerina.
Il 1º dicembre 2014 l’autopsia stabilisce che il piccolo Loris era morto tra le 8.30 e le 10 del 29 novembre, per strangolamento: le indagini seguenti stabiliscono che l’arma del delitto erano delle fascette di plastica.
Veronica Panarello si dichiara innocente e comincia a raccontare la sua versione dei fatti in numerose trasmissioni televisive: inizialmente aveva raccontato che il bambino non voleva andare avanti, e i suoi capricci avevano scatenato una reazione negativa da parte sua. Poi raccontò che mentre lei era distratta, il figlio si era strangolato da solo giocando con le fascette e sentite le urla, la donna avrebbe cercato di soccorrere il figlio, senza alcun risultato, quindi temendo la reazione del marito avrebbe caricato il figlio morto in macchina per gettarlo nel canalone in cui fu ritrovato.
Ma la versione viene ulteriormente modificato l’anno successivo: la Panarello racconta che Loris fu ucciso dal nonno paterno, con il quale lei aveva avuto una relazione. Il bambino era stato ucciso perché aveva scoperto la relazione. Il nonno del bambino si è sempre difeso dalle accuse, definendole calunnie.