di Katya Maugeri
CATANIA – Valentina Salamone non si è suicidata. È stata uccisa da Nicola Mancuso. A stabilirlo, stamattina, la Corte d’Assise di Catania che ha condannato l’uomo all’ergastolo, imputato per la morte della giovanissima amante, Valentina Salamone, avvenuta nove anni fa e inizialmente archiviata come gesto volontario.
La decisione della Corte che ha accolto la richiesta del Sostituto procuratore della Repubblica di Catania, Sabrina Gambino, è arrivata oggi al termine di un processo a cui Mancuso ha partecipato da detenuto, in videoconferenza. L’allora 33enne, infatti, si trova già in carcere per per scontare una pena di quattordici anni per traffico di droga. “Non perdoneremo mai chi ha fatto questo a nostra figlia” sono le parole dei genitori della giovanissima Valentina.
Il 24 luglio del 2010 Valentina era stata trovata impiccata a una trave all’esterno della villa in cui era stata ospite per il weekend insieme a un gruppo di amici e allo stesso Mancuso. Il suo corpo, trovato con le mani intrecciate nel cappio, venne scoperto da alcuni operai dell’Enel che erano a lavoro in zona e diedero l’allarme. Il caso fu archiviato frettolosamente come suicidio salvo poi essere riaperto nel marzo successivo, con un rinvio a giudizio per omicidio pluriaggravato a carico di Mancuso, sposato e padre di tre figli, con cui Valentina aveva da tempo una relazione clandestina. Secondo la ricostruzione processuale Valentina sarebbe stata uccisa dal Mancuso per “abietti e futili motivi”, tramite impiccagione. All’epoca dei fatti la ragazza, che aveva avuto diverse esperienze come modella, aveva diciannove anni e sognava di diventare assistente sociale. Un futuro distrutto da un uomo che da oggi sconterà la sua giusta pena: l’ergastolo. Giustizia è stata fatta, ripetono i familiari della giovane, con occhi lucidi e il cuore colmo di dolore, quello che nessuna sentenza potrà mai alleviare.