Partorire durante la pandemia: i racconti delle neomamme e i consigli degli esperti

Partorire durante la pandemia: i racconti delle neomamme e i consigli degli esperti

di Giorgia Landolfo
giornalista e insegnante Kundalini Yoga come insegnato da Yogi Bhajan

Nel cambiare il mondo il Covid-19 ha certamente modificato anche molti aspetti relativi al “venire al mondo”. Partorire durante la pandemia vuol dire dover fare i conti con una serie di divieti e limitazioni che mettono a dura prova le future mamme e i futuri papà. Molto cambia già durante i nove mesi della gravidanza.

Corsi preparto online, controlli mensili in solitudine, tampone durante il travaglio – spesso vissuto senza i papà – , mascherina in sala parto, reparti svuotati da parenti e confetti, parti in video call, sono alcuni dei segni indelebili che l’emergenza sanitaria sta lasciando sul momento della nascita.

 A raccontarcelo, a volte con difficoltà, altre volte con la necessità di condividere ed elaborare ciò che è stato, sono alcune neomamme del 2020/2021 che, in piena pandemia, da nord a sud, hanno affrontato la gravidanza e il parto.

Nascere madri durante il Covid-19: le testimonianze

«Sono stata ricoverata alcuni giorni prima del parto – racconta Silvia – e stare sempre da sola, anche prima della nascita del mio secondo bambino, è stato difficile. Speravo in un vbac ( parto naturale dopo un cesareo ndr), ma ho subìto un cesareo, e nonostante la grande umanità del personale sanitario durante quelle ore, l’assenza del mio compagno in quel momento così unico mi è pesata moltissimo».

La presenza dei papà in sala parto e durante la degenza è infatti una sorta di roulette russa spesso legata a scelte, diverse, di ospedali e cliniche. Il travaglio nella grande maggioranza dei casi, è vissuto dalle donne in solitudine perché mariti e compagni – con tampone negativo – se riescono, partecipano solo alla parte conclusiva del parto. Nel caso di un cesareo invece, quindi di un intervento chirurgico, i papà conoscono i propri figli solo qualche minuto dopo la nascita.

«Il mio bambino è stato ricoverato 6 giorni a causa di un lieve problema di ipoglicemia – continua Silvia –  e quello è stato il momento più duro perché io e mio marito lo vedevamo davvero poco e mai tutti e due insieme. Abbiamo perso la gioia e la naturalezza dello scoprirci finalmente in quattro, perché il mio primo figlio ha conosciuto il fratello solo al nostro rientro a casa. Inoltre ho dovuto combattere molto per ottenere il pelle a pelle con il mio bambino, perché il Covid ha imposto regole molto stringenti anche in questo senso».

«L’idea di affrontare tutto il travaglio da sola mi ha messo subito molta ansia – racconta Chiara  -.  Ansia che è cresciuta quando ho saputo che era necessario un cesareo d’urgenza e quando mio figlio appena nato è stato trasferito immediatamente in terapia intensiva. Medici, infermieri e ostetriche sono stati impeccabili, sempre presenti, ma non avere mio marito accanto nei giorni successivi è stato emotivamente molto impegnativo. Ho ricevuto tutta l’assistenza sanitaria necessaria eppure non avere una persona cara con me, soprattutto quando il mio bambino non c’era, è stata un’esperienza molto dura».

Mamme positive al Covid-19: l’allattamento è sicuro

Più complicato è il percorso delle mamme che, raggiunto l’ospedale o la clinica all’inizio del travaglio, risultano positive al Coronavirus. Per loro è previsto un trasferimento immediato in un Hub Maternità Covid – nel caso in cui la struttura scelta per la nascita non lo fosse – per partorire in sicurezza, secondo le linee guida governative. Dall’inizio della pandemia ad oggi alcune stringenti limitazioni sono state eliminate anche per le donne che hanno contratto il virus, alle quali è finalmente permesso di stare in camera con i propri bambini e di allattarli serenamente.

«L’allattamento è sicuro – spiega Grazia De Fiore, consulente IBCLC in allattamento da oltre 20 anni – anzi i benefici sono, come sempre, elevati. Il latte materno non trasmette la malattia, nel caso in cui la mamma fosse positiva al Covid, però è necessario indossare sempre la mascherina e igienizzare spesso le mani. Se anche il bambino dovesse risultare positivo alla nascita – conclude – bisogna continuare ad allattare perché nel latte della mamma ci sono tutti gli anticorpi necessari per guarire più velocemente».

Anche il rientro a casa può essere complicato se vissuto in solitudine e con la paura di ammalarsi.

«Il giorno dopo il nostro rientro dall’ospedale – ci racconta Virginia – il mio compagno ha scoperto di aver contratto il Covid. Siamo stati tutti e tre in quarantena, sempre con le mascherine in casa e con il timore che la bimba potesse ammalarsi. La mia famiglia abita all’estero e la pandemia ci ha tolto la condivisione di questo momento speciale con i nostri cari. Le fatiche pratiche ed emotive si sono così amplificate perché per diverso tempo non abbiamo potuto ricevere nessun aiuto. Inoltre non sappiamo ancora quando nostra figlia conoscerà i nonni materni che vivono in un altro paese e ci sentiamo privati del confronto e della condivisione di questa esperienza anche con i nostri amici che stanno vivendo i loro primi mesi da genitori. Così si spengono anche creatività e leggerezza».

Prepararsi al parto attraverso lo yoga

Palestre, piscine e centri culturali chiusi hanno tolto alle future mamme l’opportunità di alleggerire il carico fisico ed emotivo della gravidanza, ma anche di confrontarsi con altre donne, scambiarsi chiacchiere, idee, paure. Per imparare a gestire ansia e preoccupazione e prepararsi al parto al meglio tante future mamme hanno cominciato a frequentare dei corsi di yoga in gravidanza online.

«Lo yoga mi ha salvato – ci dice Silvia – la meditazione, le tecniche di respirazione, i mantra mi hanno dato un sostegno essenziale. Ho imparato ha fidarmi del mio corpo e a conoscermi più profondamente».

«Le future madri hanno bisogno di essere ascoltate e di rimanere connesse fra loro – ci spiegano Guru Jiwan, Siri Ram e Simran Kaur, insegnanti e formatrici di yoga in gravidanza, secondo il metodo di gravidanza consapevole – è essenziale che non perdano il contatto tra loro, anche se a distanza. Attraverso lo yoga scoprono che tutto ciò che serve loro per dare alla luce non hanno bisogno di cercarlo fuori perché lo posseggono già. Non esiste la tecnica di respiro perfetta per partorire, ma un’attitudine ad usare il respiro per attraversare l’intensità del momento».

«Esistono strumenti semplici, rapidi e molto efficaci – sottolineano Guru Jiwan e Simran Kaur per rilassarsi tra una contrazione e l’altra e usare le pause in maniera funzionale».

«Si può imparare a rilassare la mente – afferma Siri Ram Kaur – attraverso il suono, così da produrre e mettere in circolo le endorfine che consentono di affrontare il travaglio con meno tensione e più lucidità».

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