Eroi o vittime, il confine è labile

Eroi o vittime, il confine è labile

di Alfio Franco Vinci

Poche settimane fa un carabiniere ucciso a coltellate mentre effettuava un fermo a Roma; ieri due poliziotti uccisi ,con le loro stesse armi dentro la Questura di Trieste, dopo aver arrestato due sospetti. Per tutti doverose condoglianze delle autorità, dolore delle famiglie, esecrazioni della società civile; fiumi di inchiostro sui giornali ed ore di trasmissioni, approfondimenti e talk show in tutte le televisioni. Analisi sulle possibili cause, ma, in ogni caso tutti concordi su una cosa: ”sono eroi”.
Altrettanto concordi sono tutti i dizionari nel dare la definizione di eroe: ”L’eroe, nell’era moderna, è colui che compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di se stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune.” Orbene,per quanto mi sforzi di trovare nell’andare in servizio disarmato o nel farsi disarmare nell’accompagnare in bagno un fermato, un atto consapevole di coraggio portato al limite del possibile sacrificio di se stesso, tale da configurare l’eroismo, proprio non ci riesco.
Questi sfortunati operatori di polizia sono due volte vittime. La prima e più evidente, di chi li ha uccisi. La seconda, invisibile, più subdola, ma altrettanto devastante, perché agisce giorno per giorno, in ogni azione e circostanza, è il lassismo, il pressappochismo e quindi l’incoscienza di chi consente i comportamenti che hanno portato agli ultimi lutti, e la “ comodità apparente “ del lavorare senza ricordarsi che avere una divisa ti fa diverso dagli altri.
Piango di dolore per questi uomini, questi nostri fratelli strappati alla vita.
Ma piango di rabbia nella consapevolezza che, con miglior addestramento, più rigida disciplina, più osservanza dei regolamenti teoricamente perfetti, di fatto rispolverati a ”fatto avvenuto“ ,potremmo piangere molto meno e potremmo dover ricorrere molto meno a cercare eroi la’ dove l’eroismo non c’è.
Anche perché, come scriveva Brecht, “sventurato il popolo che ha bisogno di eroi”.

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