Pride | In the name of Love

Pride | In the name of Love

di Erica Donzella

editor e scrittrice

Da un paio di giorni mi sveglio con la voce di Bono Vox dentro la testa. E non per una rotazione casuale della mia playlist personale e interiore, ma perché si avvicina il Pride del 29 giugno a Catania. In dodici anni di mia vita catanese ho partecipato al mio primo Pride solo lo scorso anno. Ero diffidente e non capivo molto del perché fosse così necessario marciare sotto il vessillo di una bandiera rainbow o ballare su un carro per dire qualcosa sulla propria vita privata.
Avete presente i giudizi a priori? Bene, io ne ero piena, fin quando la mia visione delle cose è riuscita ad aprirsi verso il mondo e verso ciò che che, in realtà, fa parte della mia esistenza come essere umano integrato nella società in cui vive.

Al Pride dello scorso anno ho scoperto molto di me, della mia vita e delle persone che mi circondano e che amo.

E ho capito il senso di una marcia che è molto di più rispetto a quell’esibizionismo che io stessa giudicavo con la medesima apertura mentale di un cactus solitario in mezzo al deserto. Si cambia, per fortuna.
Il Pride è una marcia per i diritti, per l’amore tutto, senza distinzione di genere, senza pregiudizio. Ed è una marcia necessaria per rinfrescare la memoria a chi pensa che i diritti che sono stati conquistati in anni di battaglie possano essere dati per scontati. Il confine tra un diritto conquistato e un diritto che può essere rimesso in discussione è sempre labile. E lo sappiamo, lo vediamo da ogni tweet di certe eminenze politiche che si battono il petto in nome della “famiglia tradizionale” e che si sistemano farfallini osceni a ridosso della giugulare.

Sciacalli, fomentatori d’odio di cui non voglio nemmeno digitare le lettere che ne compongono i profili, perché in nome dell’amore tutto voglio riuscire a pensare che l’orgoglio di essere ciò che si è sicuramente più concreto della miopia culturale della società civile o dell’ignoranza antropologica che riempie di vocio le nostre giornate.

Lottare si può ancora, difendere il diritto all’amore, avere memoria di Stonewall e dei suoi moti, degli attivisti che hanno pagato con la vita per garantirci un futuro libero, degli attivisti e delle attiviste catanesi che stanno costruendo un Pride meraviglioso quest’anno è un dovere. Bisogna avere una tenacia incrollabile per spingere questa marcia, per andare tutti e tutte insieme verso un’unica direzione, bisogna cantare e gridare a voce alta per dire ancora e sempre, che il nostro amore non può essere considerato “minoranza”. Non esistono sentimenti legittimati e costituzionalmente garantiti. Esistono esseri umani di ogni genere, orientamento, etnia, culturale e estrazione sociale. Esiste soltanto la vita e la sua libertà di essere in quanto tale. Love is Love, e in questo slogan – netto, egualitario e potente – è racchiuso tutto il senso di vivere questi tempi a testa alta, contro qualsiasi fascismo e oscurantismo che tenta di uccidere diritti e libertà.

Io al Pride quest’anno ci vado eccome, a sostenere la mia vita e quella di tutti e tutte.

La mia voce non sarà quella di Bono Vox, ma dentro di me il grido di Pride! In the name of love si confonderà a quello di fratelli e sorelle arcobaleno.
Saremo di nuovo Onda.

Instagram: @the_bookeditor

donzellaerica@gmail.com

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