Quarantotto anni e una condanna a vita: senza lavoro


Riceviamo e pubblichiamo

Il mio calvario è iniziato esattamente 4 anni fa. Quattro anni e tre lavori diversi, tutti finiti in niente, Poi curricula e curricula dopo, mi sono ritrovata ad ammettere la verità, che è una scritta lampeggiante davanti ai miei occhi, non si spegne, neanche la notte, la sua luce mi sveglia, il ronzio nelle orecchie, il fastidio di chiudere le palpebre e vederla lo stesso:

NON SONO COMMERCIALMENTE CONVENIENTE

Tutto qui, poche parole, dette senza emozione dal mio ultimo datore di lavoro al quale, oltre al pelo sullo stomaco, riconosco se non altro il coraggio di avermi sbattuto in faccia questa verità, per lui un’informazione come un’altra, per me, che fremevo sulla sedia, pensando ai miei tre figli a casa, all’affitto da pagare, alle bollette, alla spesa da fare, una condanna.
Ebbene sì, come mi ha sputato in faccia lo squalo che prima mi aveva masticato ignorandomi per mesi e non avvalendosi delle mie competenze perché probabilmente avrei potuto considerarmi “ dentro”, io sono fuori mercato,

sono vecchia, posso al limite essere utile per un contratto a sei mesi

che garantisce sgravi fiscali al datore di lavoro, ma poi basta: 48 anni, commercialmente non conveniente.
Sono stata definita in molti modi nella mia vita, in alcune occasioni anche con epiteti difficilmente ripetibili, ma mai mi sono sentita annullata nella più profonda essenza di me, come quel maledetto pomeriggio in cui un uomo qualunque ma con il potere di vita o di morte su di me, mi ha liquidata in pochi minuti come ci si scrolla dai pantaloni eventuali molliche dopo aver pranzato.
Ecco qua, questa è la mia storia, sono laureata, parlo lingue straniere, traduco,

ho un curriculum che leggerlo fa impressione

(è opinione di possibili datori di lavoro cui l’ho sottoposto), ho lavorato con i più alti vertici militari e civili italiani, stranieri e della Nato, ho collaborato con scrittori, giornalisti, psichiatri, ma sta tutto lì, la mia età è sbagliata; il mio corpo di madre di tre figli è sbagliato (in un bar o in un ristorante, i clienti gradiscono essere serviti da belle e giovani ragazze possibilmente avvenenti). E dunque anche il demansionamento voluto non ha prodotto
nulla, continuo a passare le mie giornate a occuparmi della mia famiglia e nutro il mio spirito. Leggo, studio, mi informo, consapevole che tutto questo non mi porterà più a niente, anche se non riesco a smettere di sperare, come tutte le mie amiche e coetanee che, a casa, si chiedono cosa ne sia stato dei loro sogni di ragazze.

Una donna

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