Quell'imperfetta meraviglia del buonissimo e soffice gelato artigianale

Quell'imperfetta meraviglia del buonissimo e soffice gelato artigianale

di Saro Faraci

CATANIA – Per amanti, estimatori, buongustai e degustatori del gelato artigianale non può mancare l’appuntamento con Sherbeth il festival internazionale del gelato, giunto alla XI edizione,  che si tiene alla Villa Bellini a Catania e che si concluderà oggi, con un programma a partire dalle undici del mattino ricco di eventi culturali, di workshop, di confronto fra gli operatori e ovviamente con un’esposizione di gelati e granite in grado di soddisfare ogni esigenza del palato.

Al gelato artigianale e ad una storia d’amore piena di sguardi, dialoghi e silenzi fra la rockstar anglo-irlandese Nick e la gelataia italiana Milena, storia ambientata in Provenza, è dedicato il romanzo L’Imperfetta Meraviglia di Andrea De Carlo, pubblicato nel 2016 e diventato ben presto un best seller internazionale, tradotto in varie lingue. Per comprendere il significato dell’imperfetta meraviglia, bisogna evocare proprio le parole di un dialogo fra Nick e Milena all’interno del romanzo.

«Perché la meraviglia è imperfetta?» Lui la fissa, in attesa. Lei si chiede se dovrebbe cercare una risposta accurata, o cavarsela con una battuta; alla fine parla senza riflettere. «Perché non dura.» Lui continua a scrutarla; il suo sguardo è sconcertante per come sembra ricettivo, aperto, non compromesso da giudizi acquisiti. «Se ne va. Insieme allo stupore, la curiosità, l’attenzione millimetrica, il divertimento, il piacere, la gioia che conteneva.» «Prendi un gelato buonissimo.» Lei si rende conto di avere uno sguardo simile al suo, di parlare in un tono simile, per una strana forma di contagio. «Un momento è così deliziosamente freddo, con il più incantevole equilibrio di sofficità e compattezza. Sei così felice di averlo tra le mani, di potertelo gustare. E un momento dopo è finito, basta. Non puoi neanche prenderne un secondo, perché sai benissimo che non sarebbe più la stessa cosa.”

Il gelato artigianale, buonissimo, unico, genuino, soffice e delicato al palato è dunque la rappresentazione estetica e funzionale dell’imperfetta meraviglia. Intorno a questo mondo, ruotano numeri importanti: 39.000 attività, 100.000 addetti e un volume di affari che oscilla tra 2 e 3,5 miliardi di euro all’anno, ma i numeri “ballerini” vanno interpretati correttamente come sostiene l’esperto Paolo Garna, per anni direttore di Longarone Fiere – MIG Mostra Internazionale del Gelato Artigianale, uno dei più profondi conoscitori del settore in Italia.

Ieri pomeriggio, nel padiglione dell’Officina del Gelato, allestito dentro la villa Bellini di Catania, con il patrocinio di Pasticceria Internazionale e di TuttoGelato, si è tenuto un interessante workshop sul tema Essere artigiano moderato dalla giornalista Emanuela Balestrino, al quale sono intervenuti due grandi maestri gelatieri, Antonio Cappadonia e Arnaldo Conforto, direttore tecnico il primo e responsabile del laboratorio di Sherbeth Festival il secondo, e due finissimi artigiani extra settore, Biagio Lo Presti, tappezziere e responsabile per il Sud di C.I.T.A., e Salvo Bartolotta, ceramista di S. Stefano di Camastra. Anche al sottoscritto è stata data la possibilità di intervenire per rappresentare uno spaccato del mondo delle imprese artigiane in Italia, esse stesse espressione di quell’imperfetta meraviglia richiamata costantemente nel romanzo di De Carlo.

Qualità e unicità, ricerca del gusto, selezione degli ingredienti, creatività nella manifattura del prodotto, e senso estetico del gelato artigianale non si discutono. Parliamo di un prodotto che rappresenta pienamente il “made in Italy”, che esprime il concetto stesso di bellezza, che vale un terzo dell’intera produzione di gelato nel Paese (i due 2/3 provengono dall’industria) pari a più di 500 milioni di litri all’anno, sempre secondo i dati di Paolo Garna. Dunque, sulla carta non ci dovrebbero essere problemi per chi si affaccia a questa professione, più una vocazione che un mestiere, più un’attività artistica che un lavoro imprenditoriale.

Ed invece, come tante altre realtà del mondo artigianale, anche i gelatai soffrono dignitosamente in silenzio. Ogni giorno, a parte il carico fiscale e tributario divenuto insostenibile, sono costretti a fare i conti con le imprecise politiche di vivibilità dei centri urbani da parte delle amministrazioni locali, con la concorrenza aggressiva di abusivi del cosiddetto “street food”, con la concorrenza sleale della grande industria che prova a vendere il messaggio dell’artigianalità dei suoi prodotti, con l’imprevedibilità e la volatilità delle preferenze dei consumatori, con un turnover di nuovi ingressi e di continue defezioni dal settore che fa del gelato artigianale uno dei business a maggiore contendibilità, come del resto in molti altri ambiti della ristorazione.

E poi ci sono i problemi, tipicamente aziendali e apparentemente più freddi, dei costi delle materie prime di qualità che crescono più rapidamente dei ricavi, e dunque di una marginalità ridotta; la difficoltà a trovare manodopera specializzata cui gradualmente trasferire i saperi taciti ed esclusivi dell’arte del fare il gelato; la ritrosia nell’ usare il marketing e le nuove tecnologie digitali per “portare fuori” la bottega e farla conoscere ad un pubblico sempre più vasto. Infine non mancano i soliti problemi della piccola imprenditoria italiana: esasperato individualismo, difficoltà a fare squadra tutti insieme, scarsa rappresentatività dell’associazionismo di categoria.

Tutti i problemi appena ricordati “evaporano” subito, non appena si trova il tempo di fermarsi a gustare uno dei tantissimi gelati in competizione a Sherbeth. Gelatai provenienti da tutta Italia e qualche straniero hanno una fantasia straordinaria. Sono bravi, competenti, creativi; qualcuno tra i giovani ha pure viaggiato per il mondo e ha una laurea in tasca. Altri, come la bravissima e laureata Giovanna Musumeci di Randazzo, un altro dei direttori operativi di Sherbeth, hanno una capacità unica nell’abbinare i gelati alla cultura del territorio, guardando avanti ma senza trascurare la tradizione dei padri.

Le combinazioni di gusto sono degne da ristoranti stellati e la soffice consistenza del gelato appena preparato non ha nulla a che vedere con la durezza delle “mattonelle” preconfezionate, ghiacciate e piene di conservanti dell’industria. Nella frenesia della vita moderna, dove tutto scorre velocemente e le persone si incrociano fugacemente, anziché fermarsi ad incontrarle, bisogna prendersi qualche minuto, mettere da parte lo smartphone, sedersi ad un tavolino o magari passeggiare lentamente, e gustarsi fino in fondo un buon gelato artigianale. Dove ogni pezzo prodotto, chiamiamolo così, è diverso dal precedente ed è unico nella sua combinazione di materie prime, manifattura e gusto. Dove ogni gelato artigianale è una imperfetta meraviglia.

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