Recensione dell'analisi letteraria di Santino Mirabella, "Tortum Tortura". Il più odioso dei crimini contro l’umanità

Recensione dell'analisi letteraria di Santino Mirabella, "Tortum Tortura". Il più odioso dei crimini contro l’umanità

di Katya Maugeri

È una pratica inumana e vigliacca. Serve ad annientare la personalità della vittima e a negare la dignità della persona. La tortura, nelle sue molteplici forme è ancora oggi molto diffusa ed eseguita nonostante i numerosi divieti comunitari e internazionali. Si tratta di una pratica subdola che sembra avere tutte le caratteristiche del male.

Ma cos’è il male? «Il male non è mai banale, o, quantomeno, è tale solo se lo si osserva dall’esterno, in vitro, per così dire» scrive così il giudice Santino Mirabella nel suo libro “Tortum Tortura” edito da Akkuaria.

«Il Male si manifesta ma a volte, nella sua versione paradossalmente più pericolosa, non si rappresenta apertamente, si nasconde, si cela dietro un viso col ghigno che cerca di travestirsi da sorriso», discutere su una tematica così delicata è certamente coraggioso oggi in una società che sembra essere spinta all’odio mediatico all’incapacità di andare a fondo. «Parlare della tortura dovrebbe essere compito degli storici. I libri sulla tortura dovrebbero essere saggi di storia. Il fatto che nel 2019 ancora se ne parli al presente è una ferita che non sa nè vuole rimarginarsi».

Un libro necessario che analizza sin dalle sue origini i modi di torturare (dal pestaggio all’annegamento, dalla panca della tigre alla cremagliera) sempre vari e fantasiosi e «la fantasia al potere, si dice, genera mostri; la fantasia del Potere questi mostri addirittura li scaglia contro il popolo. L’Isis insomma – scrive il giudice – non ha inventato niente ma ha tratto a piene mani dal sistema dell’orrore di cui si pasce».

Tra le torture più moderne vi è anche la deprivazione sensoriale, ovvero privare un prigioniero di ogni stimolo proveniente dal mondo esterno azzerando i suoi sensi principali. Le persone vengono collocate in una cella isolata e buia senza che possano sentire nessun rumore per un tempo indefinito. Bastano solo quindici minuti di deprivazione sensoriale per avere allucinazioni, attacchi di panico, paranoia. Chi è rinchiuso perde la padronanza della percezione, anche di quella cromatica, e così si scaraventa il torturato in una realtà alterata anche temporalmente; si perdono le coordinate spazio-tempo. All’interno del suo libro, Santino Mirabella, analizza nei dettagli ogni aspetto relativo alla tortura fornendo al lettore un excursus storico utile per contrastare la disinformazione, passando per quella nota del 2005, in cui la CIA afferma di mantenere delle “condizioni di detenzione” fino ad arrivare alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti: uno strumento internazionale per la difesa dei diritti umani, sotto la supervisione dell’ONU. L’Italia ha sottoscritto la Convenzione ONU, ma, nonostante molti solleciti anche a livello internazionale, il Parlamento italiano ha approvato la legge che introduce il reato di tortura nel codice penale il 5 luglio 2017 con la legge 110/2017, entrata in vigore il 18 luglio 2017. Cioè a trent’anni di distanza dalla Convenzione. «In Italia il reato è stato introdotto da pochi anni e siamo tra gli ultimi paesi ‘della nostra c.d. cultura’ ad averlo fatto. Eppure già vi è chi lo vuole abolire. Addirittura personaggi politici ne vogliono la cancellazione perché impedirebbe alla polizia di fare il proprio lavoro, con ciò offendendo in primo luogo le Forze dell’Ordine, sovrapposte a potenziali torturatori. La attualità della pratica della tortura, anche in paesi insospettabili, e il fervore della discussione che la anima (paradossale scontro tra chi fa riferimento all’abc della umanità e chi sventola l’opposta bandiera) ci fanno ritrovare a braccetto con gli uomini primitivi, al dente per dente, alla cravatta come clava stilizzata».

La tortura è la negazione di ogni umanità, considerarla possibile, se non utile o addirittura necessaria, ci fa precipitare così in basso da superare il male stesso che si intende combattere. «Perché vi sono persone che si ritengono per bene, timorate di Dio e ricche di pseudo valori, che poi concionano pomposamente sulla possibilità di utilizzare la tortura a’fin di bene’. Un male a fin di bene è solo un male ipocrita. Se il fine giustifica i mezzi, ogni mezzo va bene; ma se ogni mezzo va bene, non mi piace più il fine».

Un interessante capitolo è dedicato ai contro e ai pro della tortura affidando questo stimolante confronto a Cesare Beccaria con uno stralcio dell’opera “Dei delitti e delle pene”, in cui viene condotta un’analisi politica e giuridica contro la pena di morte e la tortura, e Vincenzo Malerba – giudice delle prime appellazioni e della corte patriziale di Catania – con “Ragionamento sopra la tortura”. In America, a Guantanamo, la tortura è regolarmente praticata, addirittura si scrivono manuali sulle modalità migliori: alle torture tribali di un tempo, purtroppo non scomparse, ora se ne aggiungono nuove e più diabolicamente sofisticate, tutte finalizzate a far sposare il dolore con il risultato migliore, persino il divertimento. «Praticare una infame ingiustizia per combattere potenziali ingiustizie comporta una distorsione: due ingiustizie non si elidono, si sommano. La attualità della tortura è una Idra che deve essere combattuta testa per testa, perché si traveste, come sempre si traveste il male».

Non è mai tardi sensibilizzare l’opinione pubblica, sottraendola ai propagandisti della paura. Nessuno di certo potrà affermare: “io non lo sapevo”. «Quel che sfugge è che se si aprono brecce ove il male, la disumanità sono ipotizzabili, non ci si limita a far passare solo un po’ di acqua: la diga andrà in frantumi e porterà con sé tutto».

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