Daniele Lo Porto
Armi di convinzione di massa. I sondaggi. In questa stagione elettorale fioriscono rigogliosi, profumati e colorati in tutti i comitati e si propagano da sito in sito, viaggiano nell’etere e nella rete internet, invasivi e incredibili. Musumeci al 70%, Fava al 71%, Micari al 3%, Crocetta al 51%, Cancelleri al 101%. Perché il sondaggio non è scienza, è opinione malleabile e addomesticabile a seconda del committente. E’ un abito confezionato con le misure fornite dal committente, che ne indica colore, tessuto e taglio. Avessi qualche spicciolo da spendere potrei scoprire di essere il candidato ideale per la presidenza della Regione Siciliana o per l’Unesco. A me la scelta. Ho l’età tra Berlusconi e Di Maio, la cultura tra Cancelleri e Fava, il reddito tra un grillino nullafacente e un medio borghese forzista, esperienza di pubblica amministrazione e di settore privato, nella mia professione ho ottenuto qualche carica elettiva senza ricorrere al voto di scambio. Incensurato, patente B, cavaliere all’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Insomma, pagando bene un sondaggista ho il profilo ideale.
Ma torniamo a loro, ai partiti, ai candidati che giornalmente sventolano sondaggi che li danno già per ampiamente vittoriosi. Un gonfiare i muscoli, da rana farsi bue per intimorire gli avversari, metterli in confusione e nel contempo convincere gli elettori, molti dei quali, secondo italica tradizione, sono pronti a soccorrere il vincitore. Abbiamo letto numeri incredibili anche in relazione alla tempistica. Andiamo per grandi linee non guardando i numeri ma seguendo il così detto fiuto del cronista politico, collaudato dagli anni, ma anche soggetto al raffreddore di stagione.
La competizione, al momento, credo che sia tra Musumeci e Cancelleri. L’usato sicuro contro il nuovo da provare. Entrambi in corsa già da tempo, Musumeci da solo e poi in compagnia, Cancelleri ha aspettato l’ufficializzazione del risultato delle regionarie, o “fasullarie” vista la sentenza del Tribunale di Palermo, che, naturalmente, non gli ha fatto cambiare passo. Terzo incomodo Claudio Fava che è partito tardi perché ha aspettato il “no, grazie” del Pd. Fava si sarebbe alleato con i renziani a condizione di non avere impresentabili vicini di banco, come gli alfaniani. La sua intransigente coerenza potrebbe essere, paradossalmente, un valore aggiunto perché l’elettorato di centrosinistra pre renziano, diciamo quello più fedele ai valori e alla storia della sinistra moderata, potrebbe trovare ricollocazione più a sinistra, invece che lasciarsi omologare da un “pastone” politico sempre più indigeribile. Addirittura quarto il buon professore Fabrizio Micari, candidato dall’incomprensibile slogan metafilosofico, che deve prima di tutto convincere se stesso, e poi gli elettori, di essere il rappresentate del partito di governo. Come si sia ritrovato sui manifesti elettorali incollati ai 6×3 forse neanche lui lo sa bene. E rischia di pagare l’ospitalità accordata giocoforza agli Alfano boys. Naturalmente queste considerazioni hanno valore oggi, ora. Nella fase calda delle campagna elettorale ci saranno aggiustamenti e riposizionamenti non palesi, le ultime 72 ore prima del voto potrebbero provocare terremoti, come già successo nel 2012. Ma due cose sono certe: il sondaggio logora chi non ce l’ha e la mia candidatura è al 32%.