Rimpasto di fine anno e Giunta regionale senza donne: un coro di proteste

Rimpasto di fine anno e Giunta regionale senza donne: un coro di proteste

PALERMO – Toni Scilla e Marco Zambuto in mattinata firmano davanti al presidente della Regione da nuovi assessori della giunta guidata da Nello Musumeci. Scilla, di Mazara del Vallo, prende il posto di Edy Bandiera all’assessorato agricoltura e pesca, mentre Zambuto, già sindaco di Agrigento, ex presidente del Pd siciliano e alle ultime amministrative candidato sindaco di Agrigento con le insegne di Forza Italia e appoggiato da Diventerà bellissima, subentra all’unica donna in giunta, Bernardette Grasso, alle Autonomie locali. Con l’uscita di quest’ultima la giunta regionale perde la rappresentanza femminile.

“Come Consigliera Regionale di Parità per la Sicilia, apprendo con stupore e con grande rammarico la rimozione della presenza femminile dalla Giunta Musumeci – ha dichiarato Margherita Ferro -.

Consapevole della gravità degli effetti di questo avvicendamento, che rimuove l’unica donna, pur avendo dato prova di intelligenza ed operosità, tali da avvalorare il concetto della qualità della presenza femminile che non è, e non può essere, solo una questione di mera partecipazione, ma di intelligenza, sensibilità e capacità. Da oggi la visione politica della Sicilia diventa monoculare, porterà con sé solo la visione al maschile e questa visione distorta che non rappresenta la società porterà inevitabilmente a promuovere politiche che non vanno nella direzione delle pari opportunità e di una crescita equa e paritaria del sistema economico e sociale. Mentre l’Europa si muove nella direzione della parità e della promozione della partecipazione femminile nei ruoli apicali; la Regione Siciliana cancella l’identità e la presenza delle donne. La decisione si pone in violazione dei principi costituzionali sulla parità, nonché in assoluto spregio delle norme sul funzionamento del governo regionale e dell’assemblea regionale che meno di un anno fa ha approvato una norma che garantirà dalla prossima legislatura il vincolo della presenza minima di un terzo di donne in Giunta. Intanto, adesso la Regione Siciliana cancella l’identità femminile e si pone come l’ultima regione d’Italia per democrazia paritaria”, ha concluso Margherita Ferro.

“L’esclusione dalla giunta regionale siciliana dell’unica donna finora presente è un fatto grave e conferma una tendenza pericolosa della politica siciliana a cui tutte le donne, specie quelle impegnate nelle istituzioni devono opporsi”, ha affermato la deputata regionale del Movimento Cinque Stelle Jose Marano commentando la notizia del rimpasto della Giunta Musumeci.
“Se, come sembra ormai certo, i cambi della giunta regionale siciliana sono quelli annunciati, a farne le spese è ancora una volta la figura della donna, già largamente umiliata e sotto – rappresentata nella precedente compagine di governo guidata da Nello Musumeci. Qui non si tratta di quote rosa ma di dignità e ognuno di noi oggi deve decidere se essere donna o cortigiana e comunque vada – qualunque decisione abbiano preso o penderanno – la storia contemporanea li ha già condannati, maggioranza ed opposizione.  Spero di non essere ancora una volta sola in questa battaglia ma anche se lo fosse io non indietreggio ed un passo alla volta raggiungerò l’obiettivo.  Questo governo regionale, non più tardi di sei mesi fa, ha approvato una legge per far sì che almeno terzo della giunta di governo debba essere obbligatoriamente formato da donne. Questo accadrà dalla prossima legislatura ma intanto cominciare dal rispetto elementare delle donne e delle loro competenze sarebbe oltremodo opportuno”, ha concluso Marano.
“Con l’esercizio provvisorio in alto mare e la Sicilia a rischio di default finanziario, l’unico pensiero del Presidente Musumeci in queste settimane è stato il rimpastino della Giunta, condizione necessaria per portare a casa l’approvazione della manovra di fine anno. In un grottesco travisamento delle forme politiche e della sostanza democratica, Musumeci inaugura la prima giunta integralmente al maschile, virile rimembranza del ventennio fascista in cui alle donne non era neppure concesso di votare. Sarà il caso che di questa offesa giuridica e culturale si occupi anche il Presidente Mattarella, a meno che l’Autonomia siciliana debba essere intesa anche come extraterritorialità rispetto alla civiltà del diritto e della storia”. Lo ha dichiarato il Presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava.
“Il deputato regionale Figuccia difende la scelta della composizione monosessuata della nuova giunta Musumeci con queste parole <<Non conta ciò che è in mezzo alle gambe ma ciò che è in mezzo alle orecchie>>.  Ora il linguaggio sarà censurato, ci auguriamo, dal presidente dell’Ars e dall’intera Assemblea regionale.
Ma la parte peggiore di questa, eufemisticamente infelice, dichiarazione sta nel fatto che in Sicilia, purtroppo, il sesso con cui si nasce conta. E conta molto.  Conta quando si paga una donna meno di un uomo (in Sicilia ben peggio del già vergognoso 11,2% di divario nazionale).  Conta quando si guardano le statistiche sull’occupazione, con il record europeo di disoccupazione femminile. Conta quando si deve scegliere un incarico di vertice che, guarda caso, non vede mai una donna proposta (meno del 10% delle nomine regionali alla presidenza di un cda).
Insomma <<quel che si ha tra le gambe>>in Sicilia conta eccome. E sarebbe bene che il deputato Figuccia riflettesse su questo” Così le assessore e le consigliere comunali della Rete dei cento passi per la Sicilia.
“Dal leghista Figuccia un linguaggio volgare, non giustificabile per un rappresentante delle istituzioni democratiche. Me ne dispiaccio per lui. Certamente non sentivamo il bisogno di una metafora di così cattivo gusto. C’è da chiedersi se le tante donne che lo avranno votato sentano di avere il cervello al posto giusto. Nella Lega, Figuccia, da neofita si scopre Enea che anziché Anchise riprende sulle spalle quel Bossi del celodurismo. Non ricordo mai di aver sentito pronunciare volgarità al collega Figuccia che probabilmente nell’abbracciare la fede leghista ha mutuato il linguaggio scurrile del Bossi della prima ora”. Lo ha affermato  Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc all’Assemblea regionale siciliana.

 

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