RingraziaUnDocente: Ausilia Gulino, l’insegnante che ama Catania e vuol sorridere col cuore


 
 
 
 
 

Nella settimana italiana dell’insegnante, diamo spazio a chi la Scuola la vive ogni giorno, sul fronte di battaglia, a contatto con i ragazzi. Ausilia Gulino è una di queste persone. Docente di Lettere, quando si è laureata voleva lavorare nelle case editrici, e soprattutto voleva restare a vivere nella sua città dove ha concluso gli studi universitari: Catania. Ma la vita le ha riservato delle sorprese, prima fra tutte la possibilità di insegnare a 1800 km di distanza; così senza esitare, dall’oggi al domani, ha accettato l’incarico ed è partita con un biglietto aereo di sola andata con destinazione il Friuli Venezia-Giulia e lì da sola ha costruito la sua vita. Questo evento l’ha aiutata a scegliere il lavoro definitivo: diventare docente. Dopo tre anni a Pordenone ed altri tre spesi in Lazio, adesso ha preso servizio presso la scuola secondaria di primo grado a Civitavecchia.

– Professoressa Gulino,considera il suo lavoro una vocazione e dunque una chiamata; unavocazione e dunque un impegno rivolto a fini sociali; o piùsemplicemente un mestiere come tanti altri, in cui contano etica e senso del dovere?

«A dire il vero ho cominciato questo lavoro per caso, con la chiamata (telefonica) da parte di una scuola: ero perplessa e senza esitare ho accettato con il senso di avventura. Adesso, acquisita la consapevolezza e la convinzione che è quello che voglio fare, penso sia una vocazione, con la voglia di mettermi a disposizione per gli altri (i ragazzi) : l’idea di essere utile, di aiutare a far ragione con la propria testa adolescenti e preadolescenti mi piace un sacco, mi motiva e mi rende felice»

– È stata studentessa. Quale docente si sentirebbe di ringraziare, per quello che le ha insegnato, ovvero per il segno che le ha lasciato dentro?

«Ricordo con affetto i miei docenti delle scuole medie, tutti quanti, dal prof. di Ed. Tecnica all’insegnante di Matematica fino alla prof.ssa di Lettere e al prof. di Educazione  fisica che mi ha insegnato a saltare sulla cavallina: mi hanno aiutato a relazionarmi con gli altri e a mettere da parte la timidezza che mi caratterizzava, mi hanno aiutato a tirare fuori il coraggio. Ma, più di tutti, mi sento di ringraziare, perché è proprio lui che ha lasciato il segno indelebile dentro al mio cuore, il docente di Storia della Musica della facoltà di Lettere di Catania il prof. Failla che purtroppo non c’è più. Con lui ho redatto la tesi di laurea, e pochi giorni prima della discussione mi ha fatto un discorso che non dimenticherò mai: mi ha insegnato a credere in me stessa, mi ha insegnato a sorridere con il cuore»

Se i suoi studenti oggi dovessero ringraziarla, e sicuramente lo faranno, per quale aspetto del suo lavoro, per quale lato del suo carattere, per quale caratteristica del suo essere docente dovrebbero farlo?

«Forse perché do loro la possibilità di recuperare le lacune e potenziare quello che già sanno: capiscono che amo “prendermi cura” anche dal punto di vista dell’educazione e del rispetto, dando per prima il buon esempio. Sono al corrente ormai (tra le altre cose) che non sopporto quando si masticano chewing gum o si mangiano caramelle: hanno notato che nemmeno io lo faccio, che non interrompo la lezione per prendere il caffè. Esigo il rispetto delle regole ed io per prima sono rispettosa. Poi apprezzano qualche volta il modo di fare didattica, come la realizzazione di video documentari, o talvolta faccio scegliere loro gli argomenti di cui magari sono più appassionati. Ricordo che una alunna aveva come idolo Bob Marley, e anche se non era oggetto di studio previsto dal programma ministeriale ho fatto ascoltare e analizzare le sue canzoni in classe. Poi apprezzano soprattutto che possono contattarmi ogni volta che lo desiderano attraverso messaggi privati, per il fatto che sono disponibile a spiegare anche attraverso email argomenti non capiti in classe. Per quanto il riguarda il mio carattere non saprei, qualcuno dice che sono spesso sorridente, qualcun altro afferma che faccio battute simpatiche, anche quando metto 4»

– Lei si dichiara molto attenta a distinguere sul piano dell’educazione dei ragazzi i tre profili delle conoscenze, delle abilità e delle competenze. Concretamente, un docente come dovrebbe comportarsi quando, nel proprio lavoro, è chiamato a sviluppare nei ragazzi ciascuno di questi tre profili dell’apprendimento?

«Le competenze si sviluppano attraverso la conoscenza degli argomenti, dunque il ragazzo deve intanto essere stimolato nello studio di queste ultime con la motivazione. Di solito cerco di innescare il meccanismo della motivazione dando la possibilità di studiare anche attraverso l’uso delle TIC (come le app per esempio). Le abilità riguardano il saper fare, cosa è capace di fare dopo aver acquisito la conoscenza. Chiedo ai miei ragazzi di saper fare una ricerca in internet, di scaricare documenti che mando attraverso email e discuterli in classe dopo che li hanno letti a casa, chiedo di guardare video su YouTube e ricercare testi dei quali abbiamo discusso in classe, e chiedo loro di ragionare con la propria testa riguardo allo studio delle poesie ad esempio, di solito le analizziamo senza note di critica, perché mi piace sapere cosa ne pensano: in questi casi imparo tanto anche io»

– Un’ultima domanda, professoressa Gulino. I problemi della Scuola oggi. Stanno nel precariato di tanti insegnanti e dunque nel basso livello di motivazione di alcuni, nella scarsa managerialità di tanti dirigenti scolastici oppure nella continua invadenza delle famiglie, che spesso si contrappongono ai docenti anzichè collaborare con loro nella missione educativa?

«Forse ho poca esperienza per rispondere a questa domanda, non vorrei peccare di presunzione ma penso che dipenda molto dalla vulnerabilità caratteriale di dirigenti, docenti, genitori. I ragazzi di cui “mi occupo” sono minorenni, che chiedono delle regole, che hanno bisogno di forti ma soprattutto stabili punti di riferimento. Spesso i dirigenti sono assenti, troppo attenti al lato burocratico della scuola-azienda, trascurando quello dell’apprendimento. Sono loro che dovrebbero motivare e curare i docenti, cercare di valorizzare il proprio istituto e prendersi cura anche dei ragazzi. Ricordo che la Preside di una scuola della provincia di Pordenone conosceva uno per uno i ragazzini, presiedeva tutti i consigli di classe e pretendeva che noi docenti la mettessimo al corrente di ogni tipologia di problema affinché si potesse risolvere insieme. Insomma ci dava una linea comune da seguire, non faceva distinzione tra docente precario e docente di ruolo. Lei motivava noi, e noi cercavamo di motivare i nostri alunni, certo… ci sta sempre quell’insegnante che ha scelto questo lavoro per ripiego, che per motivi caratteriali non “sa tenere” la classe, non è capace di prendere decisioni. Una volta una mia alunna che avevo avuto alle scuole medie e che mi sono ritrovata quando ho insegnato al Liceo mi ha detto: “prof, qui sono strani, noi non studiamo e nemmeno se ne accorgono perché non spiegano, non interrogano e quando dobbiamo fare le verifiche ci dicono prima le soluzioni. Quindi io mica sono scema che spreco i pomeriggi a studiare!”. È probabile che la ragazza abbia esagerato, però è anche vero che se gli studenti assumono dei comportamenti sbagliati è perché noi gliene diamo la possibilità»

Saro Faraci

 
 

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