#RingraziaUnDocente – Mario Pafumi, la vocazione di Maestro ti rende creativo


 
 
 
 GIARRE – #RingraziaUnDocente questa volta tocca il mondo della scuola primaria, le elementari, ascoltando uno dei protagonisti al suo interno, il maestro Mario Pafumi, giornalista, collaboratore di questa testata Sicilia Network.

– Professore Mario Pafumi, o meglio Maestro, da quanto tempo insegna e adesso dove espleta il suo incarico di docente?

«Maestro da tanti anni e me ne vanto! Ho iniziato praticamente da adolescente. Mi diplomai che avevo 17 anni e a 18 iniziai a fare gavetta con le supplenze che capitavano. Un’esperienza straordinaria sul piano professionale, perché mi permise di conoscere la didattica di molti colleghi. Allora c’erano ancora tanti Maestri di sesso maschile, che pur laureati in pedagogia e filosofia preferivano esercitare la professione di Maestro, sviluppavano metodologie molto valide e preparavano gli aspiranti maestri per i concorsi. Io da autodidatta vinsi il concorso a cattedra per titoli ed esami, ed entrai come si diceva allora “di ruolo” nel 1983, cominciando a girare per le scuole della provincia, prima in dotazione organica aggiuntiva, poi con sede definitiva. Ho insegnato a Giarre e frazioni, Milo, Bronte, Maniace, Zafferana e Aci Sant’Antonio, per poi approdare definitivamente a Macchia di Giarre, nello storico plesso “Alessandro Manzoni” nel 1992, che all’epoca apparteneva al 2° Circolo didattico di Giarre, oggi appartiene al 1° Istituto comprensivo “Giuseppe Russo”, il più grande e popoloso dei tre IC giarresi. Ho quasi trentacinque anni di attività scolastica di ruolo. Quest’anno ho ripreso una classe prima, con l’entusiasmo del primo giorno, perché trovo linfa vitale nei miei piccoli grandi alunni dai quali ricevo sempre nuovi stimoli e la forza per superare l’esasperante burocrazia. Nelle classi ormai accogliamo sempre più bimbi extracomunitari, che ignorano completamente la lingua italiana, ma che arricchiscono i loro compagni della loro cultura e umanità. I bambini non conoscono diversità»

– Considera il suo lavoro una vocazione e dunque una chiamata; una vocazione e dunque un impegno rivolto a fini sociali; o più semplicemente un mestiere come tanti altri, in cui contano etica e senso del dovere?

«Considero il mio lavoro una vocazione e una professione insieme. La vocazione è un sentimento che si possiede o non si possiede. Ti spinge a dare il massimo nella quotidiana opera educativa e ti porta in modo naturale a essere particolarmente vicino ai casi difficili. E’ meraviglioso riuscire a recuperare e motivare gli alunni che hanno difficoltà e problemi di varia natura: è una vittoria per entrambi. E’ fantastico dare sempre nuovi input agli alunni in eccellenza che ti incalzano con le loro domande. La vocazione ti rende creativo. La professionalità ti soccorre nei momenti difficili e di scoramento perché ti consente di sapere trovare risorse e momenti giusti nell’azione educativa e didattica. Penso che in qualsiasi lavoro debbano essere sempre presenti il senso etico e il senso del dovere, ma a maggior ragione devono imperare nell’insegnamento in generale e in quello della scuola primaria in particolare. Noi non plasmiamo materiali inerti, ma abbiamo l’altissima responsabilità di formare persone uniche e irripetibili. Lavorando con i bambini e le bambine ci arricchiamo quotidianamente in umanità e siamo stimolati a migliorare le nostre conoscenze e competenze, così come desideriamo che accada ai nostri Alunni attraverso i nostri interventi».

– Un Maestro è per sempre. Se i suoi alunni dovessero ringraziarla, e sicuramente lo faranno, per quale aspetto del suo lavoro, per quale lato del suo carattere, per quale caratteristica del suo essere docente dovrebbero farlo?

«Ho sempre insegnato ai miei discenti a ragionare con la propria testa; a decidere sempre liberamente secondo la propria coscienza; a sapere assumere le proprie responsabilità quando commettono eventuali errori; a essere leali e sinceri nei rapporti; a credere nella possibilità che le cose possono essere cambiate… soprattutto ho insegnato loro che bisogna studiare. Non ci si deve mai fermare nello studio; che si studia per sé stessi e per la propria realizzazione. Loro mi ringraziano, anche dopo tanti anni che sono usciti dalla Primaria e mantengono sempre i contatti con me, perché sanno che sono sempre disponibile. Mi ringraziano perché in tutto questo sono divertente e simpatico, perfino quando li rimprovero di brutto, ma in realtà sono io che ringrazio loro perché mi permettono di essere sempreverde…»

– Quanto contano le famiglie nel rapporto con gli insegnanti e in che modo gli uni e gli altri possono collaborare nell’interesse dell’alunno? Perchè ancora oggi è un muro contro muro fra docenti e genitori quando entrambe le categorie, sebbene a diverso titolo, svolgano una importante funzione educativa?

«La famiglia oggi vive una crisi d’identità. Esistono molte famiglie divise, allargate, lacerate… I primi a soffrire di questo sono i figli. Entrambi i genitori nella maggior parte dei casi lavorano e hanno sensi di colpa feroci perché non possono seguire i figli se non in certe ore e per poco tempo. Per forza di cose, quindi, delegano l’educazione e la formazione dei propri figli ad altri. In alcuni casi a strutture private, in altri a doposcuola approssimativi. Il ruolo della scuola diventa sempre più difficile e oneroso. Gli alunni dovrebbero esaurire tutto l’apprendimento nelle sole ore scolastiche e i docenti dovrebbero essere supereroi. L’organizzazione delle scuole primarie è costretta quindi a dare un’offerta formativa sempre più complessa e articolata alla famiglie: dall’accoglienza pre e post scolastica alla mensa. Ci sono costi che devono essere sostenuti dalle famiglie stesse perché i Comuni non hanno risorse e non danno sostegni. Quando le famiglie capiscono gli sforzi che la scuola fa non ci sono problemi di sorta. Se lo Stato investisse adeguatamente sulla scuola, investisse in modo serio e non episodico o elettoralistico anche da noi molte problematiche da “guerra dei poveri” potrebbe essere agevolmente superate. Nella mia esperienza scolastica non ho mai sofferto incomprensioni con le famiglie dei miei alunni. La ricetta? Parlare chiaro sin dall’inizio e spiegare che stiamo tutti dalla stessa parte e che vogliamo tutti la stessa cosa: il bene delle bambine e dei bambini, la loro sana crescita umana e culturale».

– Una domanda secca. Ma una “buona Scuola” oggi cos’è, al di là del titolo solenne con cui l’ha evocata una recente riforma? E alle elementari, quali sono le principali novità che il sistema scolastico sta portando avanti?

«Questa non è una domanda “secca”, ma una domanda che richiederebbe un seminario per cercare di dare una risposta per quanto possibile esaustiva. La buona scuola non la fanno le riforme che vengono puntualmente ogni volta che entra in carica un nuovo governo e che hanno ad oggetto guarda caso sempre la scuola Primaria. La buona scuola la fanno ogni giorno i buoni insegnanti, quelli che amano questa professione e che inevitabilmente si affezionano ai propri alunni, seguendoli con trepidazione e amore lungo il cammino della loro crescita. L’ultima riforma, attuata con la legge 107 del 13 luglio 2015, come tutte le altre, a mio avviso ha luci ed ombre. Il   principio   fondamentale   della   riforma è il potenziamento dell’autonomia scolastica: a partire dal 2016 ogni istituto scolastico ha avuto l’onere di pianificare triennalmente la propria offerta formativa e a questa triennalità sono legati i vari adempimenti amministrativi, dall’organico alla mobilità del personale. Una burocratizzazione che ha colto molte scuole impreparate costringendole ad adempimenti talora cervellotici. Nel mio Istituto siamo riusciti a metterci subito in regola con tutto ciò che prevede la riforma. Personalmente ho lavorato al PdM (Piano di Miglioramento); abbiamo attuato il NIV (Nucleo interno di Valutazione); abbiamo realizzato un curriculo verticale (Infanzia-Primaria-Scuola secondaria di 1° grado) e così via. Siamo un Istituto in grande fermento e offriamo un’ampia scelta ai nostri alunni con attività di recupero da una parte e di potenziamento delle eccellenze dall’altra. Vengono organizzati corsi di lingue straniere per il conseguimento della certificazione del livello di competenza; attività di coding per lo sviluppo del pensiero computazionale; attività sportive, musicali e teatrali e pubblichiamo perfino un giornalino scolastico bimestrale a colori, tutto realizzato da una redazione di alunni nei nostri laboratori informatici»

Saro Faraci

 

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