#RingraziaUnDocente. Quando un prof universitario ti stimola alla resilienza e al senso pratico

#RingraziaUnDocente. Quando un prof universitario ti stimola alla resilienza e al senso pratico

Saro Faraci

La Settimana dell’Insegnante promossa da Youreducation sta per finire. E’ l’occasione per ringraziare docenti, insegnanti, maestri che hanno avuto un ruolo importante nella crescita umana, professionale e culturale dei propri studenti. La Scuola vive anche di questo genere di gratificazioni ai docenti e, anche a distanza di tempo, la riconoscenza espressa da chi è stato studente rappresenta la risposta migliore che il sistema scolastico è in grado di dare alla società civile. Analogo discorso vale per l’Università, dove a maggior ragione dato l’elevato numero di studenti, il rischio di cadere nell’anonimato è elevatissimo.

«Viviamo l’Università solo come una corsa verso la laurea; una corsa lungo la quale ci si trova ad affrontare inutili domande di chi non comprende l’impegno che la meta richiede, in cui spesso ci si trova, pur non volendo, a fare distruttivi confronti con gli altri», ci racconta Silvana La Rocca che è stata studentessa al Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania.
«Penso sia capitato a tutti gli studenti di vivere un momento di totale blocco, di incredibile sfiducia verso le proprie capacità. In un momento simile le parole che sanno risollevarti vengono spesso dalle persone più esterne alla tua vita quotidiana. Perché chi ti conosce non è in grado di darti la giusta spinta. Finirebbe per convincerti che quel che ti dice è solo “di parte” o semplicemente non è neanche interessato a tirarti fuori da un polverone che tu stesso hai creato» continua la dottoressa.
– Ci vuol fare capire che c’è un docente, in particolare, che lei ricorda con grande piacere?
«È in una situazione simile che ho scoperto che i professori universitari non sono necessariamente freddi insegnanti che attribuiscono un numero allo studente senza curarsi della storia che c’è dietro. La mia scoperta è stata il Professor Francesco Garraffo. Credo abbia letto sul mio volto una scia di interminabili e distruttivi pensieri e con fare paterno decise di interromperlo. Stimolò col concetto di resilienza la mia voglia di sfida, la mia naturale voglia di dimostrare sempre di esser capace. Mi disse che la vera forza non è percorrere indisturbati la propria strada ma rialzarsi con orgoglio, nel rispetto dei propri tempi, ad ogni imprevisto presentatosi»
– E’ un termine di cui si abusa, la resilienza.
«Quello della resilienza è un concetto a cui molti si appellano ma per la prima volta quelle parole, con quei toni, con quella comprensione, mi sono sembrate sincere e lontane dai soliti post che, senza attribuire il giusto peso alle parole, passano di bacheca in bacheca come se tutti ne avessero davvero compreso il significato. Per me le parole contano quanto i modi. E allora grazie prof!»
Andiamo indietro ancora di qualche anno. Oggi Tiziana Faraci è insegnante di Filosofia in un Liceo di Gela. Quando era studentessa a Catania, rimase letteralmente affascinata dalle lezioni e dal contributo professionale di un docente universitario.

«Ringrazio di cuore il prof. Corrado Dollo, docente di Storia della Filosofia presso l’Università degli Studi di Catania. Mi ha formato nello studio ma soprattutto nella ricerca come  scoperta legata alla curiosità e al piacere di conoscere. Il mio ricordo, però, è legato al suo saper essere un maestro di vita: accortosi, dopo la lettura di Contro il Metodo di Paul Feyerabend che noi suoi studenti stavamo perdendo il contatto con la realtà, un lunedì mattina iniziò a chiederci il prezzo dei generi di prima necessità ma soprattutto se il pane, al momento dell’acquisto ce lo facevamo pesare o lo prendevamo per “forme” e non per “peso”. Sbalorditi di quanto stesse facendo ci guardavamo increduli, abbiamo pensato che stesse molto male»

– Ed invece?

«Maestro di vita, non solo capì che non sapevamo rispondere alle sue domande (effettivamente non sapevamo i prezzi dei generi di prima necessità), ma ci fece capire che se la Filosofia si stacca dalla vita, dal concreto, dal quotidiano, non è neanche libertà di pensiero, viceversa se la si contestualizza con tutto ciò che si vive, allora chi studia filosofia fa la differenza. Si rivolse a me chiedendomi se mi fossi fatta pesare il pane quando lo compravo. Risposi di no e allora mi disse che io il pane non lo pagavo a 1500 lire al Kg ma almeno a 2000 lire perché la “forma” che il panettiere spacciava per 1 kg, in realtà era poco più di 700 gr. La vita e solo la vita è Filosofia. Aveva ragione. Non solo siamo scesi dal piedistallo in cui, arbitrariamente, ci eravamo posti, ma abbiamo capito e sperimentato con lui che la coniugazione studio-vita ci rendeva uomini. Dopo la Laurea ha voluto sapere cosa abbiamo realizzato e si è congratulato con tutti noi per i successi raggiunti. Grazie professore, maestro, compagno di un tratto importante della mia vita»

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