#RingraziaunDocente. Rosa Oliva, l'insegnante che aiuta i ragazzi a "coltivare" il desiderio di sapere

Saro Faraci

Settimana dell’Insegnante. Facciamo tappa ad Acireale, al Liceo linguistico, economico e sociale Regina Elena dove incontriamo Rosa Oliva, insegnante dal 2006 di Scienze Naturali nella scuola secondaria di secondo Grado. In quel Liceo è anche referente per l’Ambiente, nonchè responsabile del Progetto “Orto dei Semplici” e fa parte del Consiglio d’Istituto.

Oggi insegnante, ieri studentessa. A chi ti senti di manifestare #RingraziaunDocente?

« Nel mio percorso formativo ho avuto molti docenti ma insegnanti, cioè che hanno lasciato il segno, soprattutto a livello umano, ne ricordo e ringrazio pochi. I miei genitori che mi hanno educato ai valori e al rispetto dell’altro e di me stessa. Suor Cecilia, la mia maestra delle elementari, dolce ma allo stesso tempo autorevole, che mi ha insegnato a leggere, scrivere e a ragionare. La prof.ssa Giuseppina Colomba, insegnante di Matematica e Scienze Naturali alle Medie, che mi ha introdotto nel mondo scientifico ed è a lei che va in parte il mio amore per le Scienze. Il Prof. Salvatore Blanco “mio” prof d’Italiano al Liceo Scientifico che mi ha fatto amare anche la letteratura italiana, le sue lezioni erano coinvolgenti e per nulla noiose, ti trasmetteva l’amore per la materia e mi ha insegnato come insegnare (anche se questo l’ho capito molto tempo dopo), prima di tutto ad amare te stesso la materia che insegni, dare degli input, incuriosire, ad avere la mente sempre aperta e recettiva ».

Qualcuno fra i docenti che rappresenta per te un “buon esempio”, anche nel lavoro che svolgi oggi?

« L’elenco si arricchisce di altri due nomi. Il Prof. Giuseppe La Malfa ordinario di Orticoltura dell’Università di Catania alla Facoltà di Agraria, mi ha insegnato buona parte di quello che so sui vegetali e trasmesso l’amore per la natura. Poi c’è il dott. Vittorio Lo Giudice con cui ho fatto il tirocinio post laurea presso l’attuale Crea, che mi ha insegnato che accanto alla pratica ci deve essere la preparazione teorica. Da entrambi ho appreso il rispetto per l’ambiente e che quando s’insegna non bisogna mai essere presuntuosi, tenere gli occhi aperti sul mondo e le orecchie tese all’ascolto »

Prova a ringraziare tu gli alunni. Per cosa ti sentiresti di esprimere loro gratitudine?

« Insegno da appena 12 anni però penso che questo è il mestiere più bello, dopo quello di genitore, perché stai a contatto con altri esseri umani, tutti diversi. Se devo ringraziare qualcuno sono proprio gli alunni definiti “diversi” che nella loro diversità sono i più “normali” e mi hanno fatto capire che siamo tutti diversi e i limiti che troviamo ci vengono dati spesso dalla scuola che non fa altro che categorizzare, nella corsa di formare le eccellenze considera zavorre chi è più lento, chi ha bisogno di più di tempo. Non è importante correre 100 km all’ora, ognuno di noi ha competenze diverse, l’importante è metterle in campo, mai scoraggiare nessuno, considerare i tratti positivi e non quelli negativi dell’alunno. Questo l’ho in parte appreso dal mio primo alunno con la sindrome di down G.P.»

Qualche esperienza nuova che hai sperimentato nel modo di insegnare?

« Negli ultimi 5 anni nella mia scuola ho intrapreso un percorso nuovo, una didattica di tipo innovativa. Avendo a disposizione del terreno, circa 1500 mq, ho progettato, sfruttando le mie competenze di agronomo, l’Orto dei semplici. L’orto è un laboratorio vivente, un’aula all’aperto dove gli alunni vengono a studiare, apprendono facendo. Alle classi viene assegnato una porzione di terreno dove si semina, si trapianta la coltura prescelta e se ne prendono cura fino al raccolto. E’ un’attività interdisciplinare e grazie ad una sinergia tra alcuni insegnanti quest’anno abbiamo costruito un curriculo con inserite tutte le discipline. In particolare sono stati progettati 2 moduli di scienze naturali, 1 di matematica e fisica, 1 di scienze motorie, 1 di scienze umane, 2 di lingua inglese e spagnola, 1 di geo-storia, 1 di latino, 1 di italiano, 1 di filosofia, 1 di diritto, 1 di religione e 1 di storia dell’arte. Nell’Orto si trova inoltre un’area dedicata alla compostiera: qui vengono convogliati i rifiuti organici dell’orto ma anche della scuola. Il prodotto che si ottiene alla fine è il compost, che è il più antico e naturale concime, mantiene fertile e sano il terreno e nutre le piante. Il rifiuto organico, che non deve essere visto come prodotto di scarto, viene così reintrodotto nei cicli della natura, vantaggiosamente trasformato in humus e restituito al terreno dando un contributo attivo alla salvaguardia dell’ambiente »

E loro, i tuoi ragazzi, per cosa dovrebbero ringraziarti, magari non oggi, probabilmente in futuro?

« Forse i miei alunni mi ringrazieranno un giorno per averli fatti uscire dall’aula ma non per sgranchirsi le gambe o per prendere una boccata d’aria ma per aver dato loro un modo diverso di apprendere, per aver stimolato la fantasia, per aver trasmesso il mio amore per la materia e  l’ambiente, il rispetto per tutto ciò che ci circonda, per aver anche fatto toccare con mano la terra, che non sporca. Spero di aver fatto capire loro l’importanza e la bellezza dell’attesa, non semino oggi per raccogliere domani ma debbo aspettare, e di accettare le sconfitte perchè non tutto ciò che semino raccoglierò c’è il tempo, la natura, gli imprevisti che possono dimezzare e/o annullare il raccolto ».

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