#RingraziaUnDocente. Ylenia, la dottoressa della «movida catanese»: cari insegnanti, bisogna saper ascoltare prima e poi ben consigliare

#RingraziaUnDocente. Ylenia, la dottoressa della «movida catanese»: cari insegnanti, bisogna saper ascoltare prima e poi ben consigliare

di Saro Faraci

Lei ha 27 anni, si chiama Ylenia Virzì. Originaria di Agira in provincia di Enna, studi classici al Liceo, catanese di adozione fin dai tempi dell’Università dove ha frequentato la triennale in Economia Aziendale, da un paio di anni vive a Milano dove da poco ha conseguito la laurea magistrale in Economia e Finanza all’Università statale di Milano- Bicocca. Adesso fa la consulente in banca e si occupa di progetti di pagamenti digitali. Quando si laureò a Catania dedicò la tesi finale all’analisi del business della movida e questa sua originalissima scelta attirò l’attenzione di diversi media regionali (MeridioNews e Live Sicilia) e persino di RAI3 che dedicò un intero speciale all’economia della «notte catanese».

  • Dottoressa Virzì, buongiorno. Sono Faraci, chiamo dalla Sicilia.

«Professore, che gioia risentirla! A cosa debbo il piacere di questa telefonata?»

  • Le telefono come giornalista, non come professore. E’ la Settimana italiana dell’insegnante e sto intervistando un po’ di persone per invitare loro ad anteporre l’hashtag #RingraziaUnDocente ad un post, ad un pensiero, a poche parole di ringraziamento per un insegnante di cui ogni allievo conserva un buon ricordo per il contributo alla crescita umana, culturale ed educativa. Lei come si è rapportata in generale alla classe docente?

«Mi ritengo una persona molto fortunata. Ad ogni livello di istruzione ho avuto insegnanti degni di nota con i quali ho instaurato rapporti umani speciali che hanno fatto di loro veri punti di riferimento per me. Si tratta di docenti che mi hanno sempre spronata e stimata anche a distanza di anni e che oggi ricordo con molta gioia nel cuore»

  • Qualcuno, in particolare, da ringraziare?

«Un nome ce l’avrei, ma non so se Lei che mi intervista è d’accordo»

  • Faccio il cronista, mi limito a raccogliere le dichiarazioni. Non devo fare considerazioni di merito; dunque mi dica.

«Un grazie particolare in questa Settimana dell’Insegnante va alla persona che adesso mi sta intervistando. Dunque trasgredisco le consegne di non fare riferimenti personali e ringrazio con il cuore il mio docente eccezionale, un animo buono che crede nei suoi studenti e che li accompagna nella vita, anche quando il percorso universitario si è concluso. Quel Maestro che ha tanto da raccontare e consigliare proprio perché sa molto ascoltare. Anni fa mi ha sfidata, ha poi creduto in me, così insieme ci siamo presi tante soddisfazioni. Una persona speciale che ancora oggi è presente nella mia vita. Grazie prof. Rosario»

  • Mi limiterò a riferire all’interessato che leggerà di sicuro questa intervista e, immagino, sarà lusingato dell’apprezzamento. Le faccio una domanda più pungente. Ci sarà pure invece qualche professore che magari è arrivata ad odiare? E’ normale, capita a tutti. 

«L’odio è un sentimento che non mi appartiene così come il rancore. Avendo però un carattere molto prorompente, espansivo e poco arrendevole mi è capitato spesso di avere battibecchi con professori, soprattutto da adolescente, negli anni del liceo. Ad oggi mi faccio grosse risate ripensando ad alcuni episodi. Gli anni universitari invece mi hanno riservato qualche esperienza negativa in più, di quelle che fanno riflettere e crescere, ma penso che tutto sia propedeutico e di preparazione per affrontare i veri ostacoli della vita. E’ tutto tesoro»

  • Perché oggi famiglie e studenti non credono più alla Scuola? Si è spezzato l’incantesimo? E per colpa di chi?

«Credo che oggi si prenda tutto troppo alla leggera. Manca il riconoscimento dei ruoli, c’è poco interesse e poca attenzione alla crescita interiore. Troppo poco rispetto in generale»

  • Adesso che è passata dall’altra parte della barricata, nel mondo del lavoro, in che cosa le piacerebbe impegnarsi per avvicinare Scuola e Università al lavoro, alle imprese e alla professione in generale?

«Auspicherei una Università proattiva, che mantenga le promesse fatte in sede di “Welcome Day”, che promuova la mobilità internazionale, che avvicini davvero aziende-università facendo toccare con mano la realtà professionale. L’Università Italiana è la migliore dal punto di vista teorico, se a ciò si unisse la pratica, sarebbe  sicuramente un’eccellenza»

  • Se tornasse indietro, ai tempi del Liceo, cosa rifarebbe e cosa invece non più?

«Rifarei tutto. Orgogliosissima di essere una studentessa di Liceo Classico. Apprendo con rammarico che quella che per oltre un secolo è stata la scuola della classe dirigente, vive un momento di abbandono diffuso. Bisogna secondo me riflettere sul fatto che il Liceo Classico si caratterizza per l’ampia possibilità di scelta al termine degli studi; il greco e il latino permettono di sviluppare la logica, essendo discipline formative che insegnano a pensare. Bisogna dedicare il tempo per investire su una crescita integrata per avere delle buone basi su cui reggersi per il futuro»

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