#RingraziaUnDocente


 
 
 
 
 
 

La margherita è un fiore della primavera, profumato, e che sboccia un po’ ovunque. Cresce spontanea nei prati, ai bordi delle strade, nei boschi radi e nei fossi; ma anche nei campi e colture, in ambienti ruderali e nei frutteti. Sul piano simbolico, dà l’idea di semplicità, innocenza, spontaneità, bontà, freschezza e purezza, amore fedele; nella religione cattolica significa pure bontà d’animo. Dal Medioevo però è diventata il simbolo della pazienza, quanto meno nell’immaginario collettivo, se è vero che sfogliando ad uno ad uno i petali della margherita, nell’indecisione che si lega alla frase “ci devo pensare”, si attende di conoscere se l’amore verso qualcuno è ricambiato oppure no. M’ama. Non ama. Un po’ come il rapporto tra docenti e studenti in tutti i ranghi dell’istruzione, dalla scuola primaria, alla media, alla superiore, all’Università. Anche se di un amore diverso stiamo parlando, ed è quello per la conoscenza e il sapere. Ma la relazione che si stabilisce fra bravi docenti ed allievi è ugualmente empatica.

Anche quest’anno si celebra la Settimana italiana del docente, dal 1 al 7 maggio, e con l’hashtag #RingraziaUnDocente è data a tutti la possibilità di esprimere il proprio ringraziamento ad un docente che, incontrato nel corso della carriera di studente, ha lasciato qualcosa di importante nella nostra vita. Un insegnante, appunto, cioè uno che “lascia il segno”. L’iniziativa, promossa dagli studenti di MasterProf e dal blog dedicato all’istruzione Your Edu Action, una sorta di progetto ispirato al Global TeacherPrize ma che non prevede premi o giurie, è l’unica in Italia ad aver dato risalto al ruolo del docente.La margherita “petalosa” è stata scelta ancora una volta come il logo che accompagnerà questa iniziativa simbolica in tutta Italia. E’ appunto il simbolo della pazienza, la stessa che dovrebbe contraddistinguere il lavoro dei docenti nel rapporto con i ragazzi. Ma anche della spontaneità e della semplicità, per quanto detto prima.

Già da ieri sui social, all’hashtag #RingraziaUnDocente si associano messaggi, ricordi, belle parole, frasi ad effetto e ad affetto aggiungeremmo. Perché quello del docente è un lavoro come tanti altri, sicuramente. Dunque parimenti dignitoso come tanti altri mestieri e professioni che si caratterizzano per etica e senso del dovere. Ma è anche un lavoro che non può prescindere dalla vocazione, cioè dalla chiamata a svolgere tale compito educativo;né può dissociarsi dalla missione, cioè dalle finalità sociali che unaprofessionedel genere sottende quando mette a confronto una persona adulta, un educatore, con persone più piccole che, man mano che apprendono, costruiscono il loro futuro. Ci sono docenti che, in positivo, hanno letteralmente cambiato la vita ai propri discenti. Ne hanno tirato fuori il meglio, hanno creduto in loro, ne hanno accresciuto il senso di autostima e la fiducia in sé stessi. Non c’è riconoscimento migliore per un docente che sentirsi dire queste parole dai propri allievi. Per questo è nata l’iniziativa #RingraziaUnDocente

Oggi Scuola e Università, i luoghi deputati in Italia all’educazione, sono in crisi. Di risorse finanziarie, sicuramente, il che penalizza il nostro Paese rispetto alle altre nazioni dell’Unione Europea e del mondo occidentale.In crisi di programmi e di modelli organizzativi, allo stesso modo. Né la cosiddetta riforma della “Buona Scuola” è riuscita ad incidere profondamente in questa direzione. A cominciare dall’alternanza scuola-lavoro resta ancora molto da rivedere e correggere. Crisi di visione strategica, non c’è dubbio. Non è chiaro verso dove vuole andare il mondo dell’Education, nemmeno quando alcune direttrici di sviluppo le ha già segnate l’Unione Europea, ad esempio con la direttiva sulle otto competenze chiave di apprendimento permanente. L’Università sta soffrendo di più di questa mancanza di visione, come ha scritto Juan Carlos De Martin, nel suo recentissimo libro “Università Futura. Tra democrazia e bit” pubblicato per i tipi di Codice Edizioni.

Eppure, ogni giornosono migliaia e migliaia i docenti, che in ogni rango della Scuola e dell’Università, oltre a fare bene il proprio dovere, si entusiasmano, si appassionano, si lasciano contagiare positivamente dalla voglia di cambiamento e dalla innata curiosità di cui sono portatori i ragazzi.

Abbiamo bisogno di una Scuola e di una Università migliori per far crescere meglio le future generazioni di classe dirigente del Paese.

Saro Faraci

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