Salute mentale: quando i pazzi diventarono cittadini. La “rivoluzione gentile” è ancora in atto

Salute mentale: quando i pazzi diventarono cittadini. La “rivoluzione gentile” è ancora in atto

di Katya Maugeri foto di Mauro Vallinotto

Il 13 maggio 1978 la legge 180 decretò la chiusura dei manicomi e stabilì uguale diritto di cittadinanza alle persone con disturbi mentali. Ridando, da quel momento, dignità e diritti alle persone.  Sono trascorsi quarantadue anni e oggi più che mai serve approfondire e divulgare le informazioni legate a una realtà ritenuta scomoda. Quella della salute mentale. Argomento scottante che tende ancora oggi a emarginare.

La legge Basaglia ha affermato a voce alta, l’importanza di un modello plurale e diffuso di offerta di servizi socio-sanitari concentrato sulla persona da curare, e non sulla sua istituzionalizzazione.

«Come sempre, o quasi, il mondo della comunicazione si è occupato, o si occupa, dei problemi dei malati di mente solo in caso di fatti di cronaca di particolare rilevanza. Oppure (come spesso accadeva nei settimanali a grande tiratura come Panorama Espresso ecc) si dedicavano servizi sui malati quasi sempre nei mesi estivi quando c’era penuria di altre notizie. Quindi, sempre figli di un dio minore». Spiega Mauro Vallinotto. Giornalista dell’agenzia Ansa che nel 1970 a Villa Azzurra, il manicomio per bambini che sorgeva a Grugliasco,  raccontò con i suoi scatti le atrocità, l’orrore e la crudeltà di quel luogo. Scatti diventati protagonisti nella sua mostra “Matti”

«Nel mio lavoro soprattutto negli anni ’70 non mi sono occupato solo di malattie mentali. All’Espresso ho fatto inchieste sulle trame nere e sui campi paramilitari fascisti, sulle schedature alla Fiat e sulle Brigate rosse, su orfanotrofi e carceri minorili. Direi che occuparmi di manicomi  faceva parte di un percorso professionale e personale molto in sintonia con quello che accadeva nell’Italia di quegli anni. Come poi sia finito tutto, lascio il giudizio agli storici».

La rivoluzione gentile della legge Basaglia

La dignità umana spesso non esisteva ed erano luoghi macabri in cui la qualità della vita era ai margini dell’umanità. Erano i manicomi. All’interno dei quali l’uomo non era assolutamente considerato tale e al quale venivano sottoposte terapie invasive, come l’elettroshock.

Fino a 2000 persone per ciascun istituto. E l’obiettivo era non tanto quello di curare, quanto quello di “rinchiudere” e tenere i “matti” lontani dal resto della società. Una società che temeva quegli uomini, diversi, malati. Per molti esperti, i manicomi svolgevano un ruolo di controllo sociale nei confronti di chi si trovava ai margini della società, includendo delinquenti, prostitute o omosessuali, data la facilità con cui era possibile internare una persona.

«Oggi, con la chiusura dei manicomi – continua Vallinotto – i riferimenti sono più sottili, i malati meno identificabili e quindi anche giornalisticamente più difficili da seguire. Ha fatto eccezione, in questi anni, il caso torinese di Andrea Soldi, un ragazzo ucciso durante un TSO obbligatorio. Molti altri hanno fatto la stessa fine nell’indifferenza generale. Ma Andrea aveva alle spalle una famiglia presente, una sorella battagliera (un po’ come quella di Stefano Cucchi) e un supporto notevole della stampa cittadina».

In Italia, secondo i dati rilevati dal sistema informativo salute mentale del Ministero, purtroppo aggiornati al 2017, sono oltre 850mila le persone con patologie psichiatriche assistite dai servizi specialistici.

Tra le diagnosi più frequenti: depressione, schizofrenia, sindromi nevrotiche e somatoformi. Quasi 336mila sono stati coloro entrati in contatto per la prima volta con i Dipartimenti di Salute Mentale, per un 67,6% dei casi, persone con più di 45 anni d’età. Per il 53,5% sono donne. Oltre 170mila alunni in Italia, nell’anno scolastico 2016/2017, hanno presentato una disabilità di tipo intellettivo.

Chi sono i matti, oggi? «Non sono un operatore che lavora a contatto con i malati. Non ho con loro rapporti continuativi, non sono addentro alle dinamiche e ai problemi nei quali si dibattono le Onlus e le cooperative che di loro si occupano. I tagli regionali alla sanità hanno colpito, almeno qui al Nord, in modo significativo proprio questo settore. Ne posso dedurre che i malati psichici sono per le giunte leghiste (ma non solo quelle) un peso morto».

Perché, purtroppo, in Italia la situazione dell’assistenza psichiatrica non è delle migliori. I numeri delle malattie mentali sono in costante aumento e le risorse investite sono precarie.

A 42 anni dalla legge Basaglia sono ancora molte le criticità e i problemi da risolvere nell’ambito dei servizi di salute mentale, e serve parlarne, discutere e cercare delle soluzioni concrete.

Tutte le riforme che segnano profondamente la vita di un Paese hanno bisogno di trovare le necessarie modifiche alla luce dei cambiamenti sociali che maturano nel corso del tempo. Consapevoli che certe battaglie non restano solo delle folli utopie, perché “la cosa importante è che abbiamo dimostrato che l’impossibile diventa possibile”.

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