Sanità, storie di violenze in un tugurio. La dottoressa Strano parlerà alla Camera


 

CATANIA –  Dopo un comprensibile periodo di riservatezza, necessario per iniziare a cicatrizzare ferite fisiche e psicologiche, che forse resteranno  sempre aperte e dolorose, ha deciso di dare  un volto, oltre che la voce, al suo dramma. Serafina Strano, domani parlerà alla camera, su invito della presidente laura Boldrini, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, e poi martedì mattina terrà una conferenza stampa nella sede dell’Ordine dei medici di Catania. Due uscite pubbliche quando a breve inizierà il processo contro l’uomo che l’ha violentata nella Guardia medica di Trecastagni, dove si era recato in piena notte con la scusa di un antidolorifico. “E’ ineccepibile quanto stanno facendo i magistrati nei confronti del mio aggressore – ha dichiarato la dottoressa Serafina Strano, nel corso di un incontro organizzato a Palermo sul contrasto al fenomeno della violenza sulle donne medico nel luogo di lavoro -. Ma ci sono dei corresponsabili. Si dovrebbe aprire un’inchiesta parallela sui dirigenti dell’Asp che mi hanno esposto a quel rischio. Non voglio far polemiche, ma qual è l’organo che deve far assumere responsabilità ai dirigenti, se non la magistratura?». La dottoressa Strano aggiunge: « Il nostro è un lavoro con il pubblico. Dobbiamo evitare in futuro – continua – quanto accaduto a me o ad altri; evitare anche episodi di violenza “minori”, che subiscono sia colleghi uomini che donne in una guardia medica. La cosa più ignobile che possa mettere in atto un uomo su una donna è la violenza sessuale e lo stupro, ma il tema della sicurezza è molto più ampio e per questo si deve andare oltre la questione femminile». Alla denuncia della dottoressa Strano risponde il direttore generale dell’Asp etnea, Giuseppe Giammanco.

«Sul tema della sicurezza delle Guardie mediche condivido pienamente le parole della ministra Lorenzin che ho riconosciuto ispirate al rispetto del dolore e del dramma vissuto dalla collega di Trecastagni e, al contempo, al rigore in merito alle azioni da intraprendere per il riordino del servizio e per la rivisitazione del modello organizzativo. Con lo stesso atteggiamento di rispetto per la dignità ferita e offesa di una collega e di rigore nell’azione organizzativa e amministrativa svolta, ribadisco la vicinanza e la solidarietà mia e di tutta l’Azienda».  Lo afferma il direttore generale dell’Asp di Catania, Giuseppe Giammanco, presentando le proposte trasmesse all’Assessorato regionale alla Salute relative alla garanzia della sicurezza degli operatori nei Servizi di Continuità assistenziale.
IL LAVORO SVOLTO E REALIZZATO. Dal 2016 ad oggi, la Direzione Generale ha adottato diversi atti deliberativi e ha impartito precise disposizioni al fine di assicurare adeguati livelli di sicurezza nei Servizi di continuità assistenziale, coerenti con le indicazioni del Decreto assessoriale del 6 settembre 2010.
Gli interventi attuati hanno riguardato l’implementazione di un sistema di sicurezza, per ciascun Presidio di continuità assistenziale, costituito da: braccialetti di emergenza collegati con 112, grate alle finestre, porte blindate, telefoni di soccorso, videocitofoni, videosorveglianza.
Sono stati istituiti dei “tavoli tecnici” ed in ultimo è stata nominata una commissione di verifica interna, presieduta dal Direttore sanitario dr. Franco Luca, per accertare e riscontrare la completa rispondenza dei sistemi di sicurezza attivati nei Presidi con le previsioni normative, oltre che per migliorare gli standard sinora assicurati non solo nei Presidi di continuità assistenziale, ma anche nei Pronto soccorso e nelle altre sedi con simili condizioni di rischio.
«Il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e soprattutto nei luoghi di cura interroga e riguarda tutti – continua il dr. Giammanco -: mi riferisco al medico di base di Matera aggredito perché si è rifiutato di rilasciare un certificato falso; al collega picchiato al Pronto soccorso dell’Ospedale “Vittorio Emanuele” di Catania; alle colleghe di Guardia medica di Trecastagni e Bari e a molti altri. Qui si discute della dignità della persona, che è stata gravemente offesa, e della dignità di medici aggrediti nell’atto di compiere il loro dovere, che è essenzialmente aiutare gli altri. C’è, quindi, una questione organizzativa, che richiede nuovi standard e nuovi modelli; e c’è una questione morale e culturale, che attiene tanto alla violenza quanto alla negazione di un principio di civiltà: il rispetto per chi svolge una professione di aiuto».

DUE NUOVE IPOTESI ORGANIZZATIVE. Sono due le ipotesi alternative già proposte all’Assessorato regionale alla Salute dalla Direzione dell’Asp di Catania come contributo alla rivisitazione del modello organizzativo dei Servizi di continuità assistenziale. Entrambe troverebbero completa integrazione con le AFT (aggregazione funzionale territoriale) dei medici di medicina generale, già previste dal decreto Balduzzi.

La prima riguarda la riorganizzazione della rete delle Guardie mediche, in provincia, in considerazione della loro allocazione e della contestuale presenza sul posto di lavoro di altri operatori.
22 Guardie mediche sono oggi allocate in un PTE o in prossimità di una postazione del 118.
La proposta formulata all’Assessorato regionale alla Salute riguarda pertanto le rimanenti 36 Guardie mediche per le quali si prospetta l’accorpamento in 17 moduli operativi (individuando una sede principale o prevedendo la rotazione delle sedi e unificando in un’unica sede il turno dei medici).
Su questa prima ipotesi di lavoro si registra, anche, la disponibilità delle Misericordie di Catania a condividere le sedi delle loro postazioni con i Presidi di Continuità assistenziale.
La seconda attiene alla conversione delle singole sedi di Continuità assistenziale e all’integrazione delle stesse con le postazioni del Seus 118. Le nuove postazioni, una per Comune, svolgerebbero sia compiti e funzioni della postazione fissa (Guardia medica e/o PTE) sia della postazione mobile (Seus 118) per l’emergenza-urgenza.
Questo nuovo format, già sperimentato in altri contesti, permetterebbe una più efficace azione al domicilio del paziente, contribuendo a garantire l’emergenza-urgenza.
«Sono ipotesi che vedono la concertazione con tutte le organizzazioni sindacali e il confronto con le Autorità preposte – conclude il dr. Giammanco -. Ringrazio in modo particolare la Prefettura per l’immediata attenzione espressa con l’istituzione del Tavolo tecnico per la Sicurezza e l’Ordine pubblico, nel quale la presenza del Comando provinciale dei Carabinieri, della Questura, del Comando provinciale della Guardia di Finanza ha reso esplicita l’attenzione delle Istituzioni deputate al controllo del territorio a condividere e supportare tali urgenti azioni».
AFFIDARE IL SERVIZIO DI SICUREZZA AI VIGILANTES. Nel corso degli incontri, alcune organizzazione sindacali di categoria hanno avanzato la proposta di affidare il servizio di sicurezza individuale a guardie particolari giurate per ogni singola sede e per singolo medico.
L’ipotesi presentata dovrebbe essere definita a livello regionale, se non nazionale, in ragione dei numerosi aspetti implicati e, soprattutto, per la valutazione della sua plausibilità con le norme vigenti in materia di Pubblica sicurezza.

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