Si perde peso rapidamente e si guadagna speranza notevolmente. Pronta l'applicazione smart per combattere l'obesità

Si perde peso rapidamente e si guadagna speranza notevolmente. Pronta l'applicazione smart per combattere l'obesità

di Saro Faraci il “Professorista”

Riprendiamo la rubrica #startupsmystory e lo facciamo raccontando la storia di un incontro fra due professionisti, da cui è nata un’idea imprenditoriale e poi un progetto d’impresa che ha già ricevuto numerosi apprezzamenti. Ci racconta questa storia Saverio Latteri, 40 anni, ricercatore universitario, medico e dirigente di primo livello presso l’U.O.C. di Chirurgia Generale dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, dove è responsabile della Chirurgia Bariatrica.

«L’idea nasce da una chiacchierata tra me e Simone – esordisce subito il professore Latteri che, quando smette il camice, si diletta di sport praticando il paddel e la corsa. Simone Curcio, un programmatore informatico, è stato mio paziente ed è nata un’amicizia. Complice una cena di sushi, mentre gli raccontavo il progetto di ricerca a cui stavo lavorando ed ascoltando il feedback del suo vissuto da paziente, a Simone si è accesa la lampadina della business idea che unisse i bisogni di questi due mondi: medico e paziente»

– E’ così che nasce il vostro progetto di start up. Come si chiama e di cosa si occupa?

«Il nostro progetto si chiama Tobesia. È il nuovo ecosistema digitale che facilita l’interazione tra il paziente che vuole curare l’obesità ed il team di professionisti che lo segue. Per i primi abbiamo ideato una applicazione mobile con tutti i servizi digitali che riteniamo fondamentali per il raggiungimento dei loro obbiettivi, quali ad esempio piano alimentare, piano diagnostico-terapeutico, piano fitness, supporto psicologico ed un coach virtuale»

– E per i professionisti, invece?

«Per i secondi, abbiamo ideato un sistema gestionale che permette di monitorare costantemente i risultati raggiunti dal paziente e condividerli con tutti gli altri professionisti che lo seguono; controllare l’aderenza alla terapia ed avere la possibilità di rispondere in maniera rapida ed efficace ad ogni problema del paziente stesso. Tobesia inoltre colma quel gap organizzativo che abbiamo individuato sia nel paziente che nel professionista nella quotidianità.»

– Lei è un medico chirurgo e un professore universitario. Una domanda spontanea per rompere il ghiaccio: ma Le conviene fare lo startupper come i giovanissimi?

«Partiamo dal presupposto che io ancora sono giovane. Mi sento molto più vicino al mondo dei colleghi specializzandi che al mio mondo. Io non mi reputo uno startupper, sono solo una persona a cui piace la ricerca e che sino a qualche mese fa non sapeva neanche il significato della parola “startup” ed insieme ad alcuni amici abbiamo unito la mia idea all’innovazione tecnologica. Adesso dopo aver vinto la Start Cup Catania 2020 ed essere arrivati al Premio Nazionale Innovazione posso ritenermi a pieno titolo uno startupper»

– La solita domanda che facciamo a tutti, nel suo caso rettificata. Lei è un medico e un ricercatore che prova  anche a fare l’imprenditore. Per vocazione, per passione, o cos’altro?

«Imprenditore è una parola grossa. Come ha ben detto sono prima di tutto un chirurgo ed un docente universitario e a tempo perso mi sto dilettando in questa nuova avventura, che mi e ci sta dando tante soddisfazioni. Quando abbiamo iniziato, io e Simone Curcio, non pensavamo di arrivare sino a questo punto; passo dopo passo ci abbiamo creduto e lavorato tanto, siamo molto contenti che la nostra idea “imprenditoriale” sia piaciuta. Quindi per rispondere alla sua domanda lo faccio soprattutto per divertimento»

– Chi fa parte del team Tobesia e che competenze hanno?

«Oltre me e Simone partecipano diverse figure professionali che vanno dal mondo della medicina al mondo imprenditoriale: Angela Colosimo, Valentina Palumbo, Andrea Peri, Maria Sofia e con il supporto di MAD (Management Advisor) e dell’ avvocato Rosario Sapuppo di Smart Law»

– Avete mai partecipato a business plan competition promosse dalle Università? In generale, quanto ritieni  importante il gioco “a fare impresa”?

«Abbiamo partecipato per la prima volta quest’anno a Start Cup Catania e con immenso piacere abbiamo vinto conquistando il giudizio positivo ed i complimenti di tutti i commissari. Inoltre abbiamo avuto la possibilità di conoscere e confrontarci con diversi professionisti del settore, grazie ai quali abbiamo ulteriormente affinato la nostra idea di business; proprio questo è il vantaggio di giocare a fare impresa»

– Se dovesse convincere un venture capitalist, in generale un investitore, ad entrare nella Vostra start up, cosa gli direbbe?

«Innanzitutto Tobesia è un progetto fortemente scalabile, dunque può essere riprodotto per tutte le malattie croniche ed esteso a tutto il territorio nazionale con la possibilità di una profilazione capillare degli utenti. E poi perché risponde a tutti i trend tecnologici della digital trasformation nell’e-Health e aumenta l’inclusione sociale di tutti quei soggetti spesso vittime di discriminazioni. A darci indicazione che Tobesia è sulla strada giusta ci sono le tematiche di e-Health e paziente al centro, trasversalmente presenti nei programmi di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea. Inoltre abbiamo già acquisito lettere di intenti e manifestazioni di interesse da parte di importanti stakeholder, quali ad esempio case farmaceutiche, istituti di ricerca, aziende del settore della nutrizione e del benessere psico-fisico»

– Classica domanda che si fa ai promotori di una start up. Avete concorrenti nel Vostro mercato?

«Veri e propri competitors non ne abbiamo, probabilmente perché la nostra idea è troppo avanti (speriamo non troppo). Scherzi a parte, tra i maggiori competitor abbiamo individuato tutte quelle applicazioni del settore e-Health che si occupano di gestire solamente alcuni aspetti del percorso ma nessuno di essi offre un set di strumenti integrati che mettano insieme professionisti e pazienti»

– Ancora forse è presto per parlarne. E se un domani la Vostra start up diventasse di successo e fosse acquistata da qualche altra impresa? Ne sarebbe felice o in fondo le dispiacerebbe un po’?

«Voglio essere estremamente sincero: qualora arrivasse una proposta all’altezza significherebbe che abbiamo aiutato migliaia di persone a raggiungere i propri obbiettivi, dunque abbiamo vinto e per come siamo fatti inizieremo sicuramente un nuovo progetto. Perché noi fermi non riusciamo a stare»

– Quale è il consiglio che si sentirebbe di dare ad un aspirante imprenditore, specie se giovane?

«Essere perseverante, credere in quello che si fa ed essere pronti ad ascoltare. Ma soprattutto costruire un gruppo di lavoro affiatato con competenze e ruoli diversi»

– Secondo Lei Catania è un ecosistema per le start up oppure ne ha solo le potenzialità?

«Dalla mia poca esperienza ho notato tanta attenzione da parte dell’Università al supporto del trasferimento tecnologico e delle startup, con tante persone preparate e sempre sul pezzo. Sicuramente nella nostra città c’è tanto fermento, i player sono tanti ma ho l’impressione che ognuno sia indipendente dall’altro senza nessuna visione strategica comune. Dunque a mio modestissimo parere di chirurgo non esiste ancora un vero e proprio ecosistema»

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