Assunta Lupo
In memoria del Prof. Giorgio Gullini
Questa è una piccola storia che dimostra che i tempi della cultura, della politica e della pubblica amministrazione, come di frequente avviene, non sono in sintonia. Ho pensato che sia opportuno raccontarla, adesso che molti dei protagonisti sono usciti di scena e altri non hanno più incarichi istituzionali, perché non se ne perda la memoria e sia resa giustizia a chi pensò che si potesse realizzare, partendo dalla Sicilia, il progetto di una grande mostra che coniugava l’idea dell’esposizione a quella del museo diffuso e del museo virtuale, al fine di realizzare un vasto programma di promozione culturale: “I Greci d’Occidente”.
Era il 1988. A marzo il professor Giorgio Gullini, in qualità di consulente, proponeva all’Assessore per i Beni Culturali, Ambientali e Pubblica Istruzione della Regione Siciliana, Raffaele Gentile, la realizzazione di una serie di manifestazioni per illustrare l’irradiazione, la trasformazione e l’eredità della cultura greca nella metà occidentale del Mediterraneo e soprattutto in Sicilia e in Italia Meridionale. Ne aveva già parlato ai Direttori generali dei Ministeri Beni culturali e Affari esteri che ritenevano l’idea affascinante ed erano pronti a collaborare. Scriveva Gullini: “ Uno dei maggiori risultati della ricerca archeologica e di quella italiana, soprattutto, è stato il salto qualitativo e quantitativo nella conoscenza del diffondersi e dello svilupparsi della civiltà greca nella metà occidentale del Mediterraneo con particolarmente numerose ed eccezionali evidenze in Italia meridionale e in Sicilia. La colonizzazione e le vicende che ne derivarono fino alla conquista romana non costituiscono un episodio marginale e provinciale della civiltà greca, ma eventi storici e trasformazioni culturali fondamentali per comprendere il complesso carattere di quella civiltà e come essa, grazie all’opera mediatrice di Roma, abbia potuto caratterizzare la formazione della civiltà europea e quindi il nostro attuale modo di essere.
E’ perciò doveroso offrire alla domanda del pubblico italiano, europeo e di ogni altro paese una risposta valida, documentata ed esauriente, su una ingente e complessa massa di dati e di testimonianze che costituiscono le radici della cultura occidentale e la sua specifica identità. Crediamo altresì che alle sollecitazioni di una pseudo divulgazione, che si basa sul passato suscitato attraverso i lenocini dell’avventura, della scoperta dell’oggetto prezioso e di gran valore materiale, la scienza archeologica, oggi fondata su una amplissima integrazione disciplinare, risponda con la illustrazione al pubblico del recupero integrale di presenze umane nel passato, nei termini che esso pubblico si attende, e attraverso la più esauriente ed esaustiva interpretazione di manufatti e di trasformazioni apportate dall’uomo all’ambiente….Nasce così la proposta di un programma di manifestazioni che abbia per obiettivo la messa a disposizione del pubblico di documenti e risultati di scavi e ricerche, sia come risposta ad una domanda del pubblico stesso, e sia come richiamo verso regioni che sono la culla della cultura occidentale, ma che offrono anche, se non continueremo a degradarli, una natura e un paesaggio incomparabili.Il programma si fonda su una mostra, concepita però in modo da superare i limiti effimeri che in una mostra sono congeniti, proponendo realizzazioni per una permanente ricaduta dei messaggi culturali nella mostra proposti e trasmessi. Accanto a questa esigenza si vuole assicurare la accessibilità di questa ricaduta, e dei dati che ne sono la causa, a chiunque intenda farne domanda. Occorre perciò trovare gli strumenti più idonei per diffondere, anche tra un pubblico ignaro e meno avvertito, la coscienza di queste radici di una promozione culturale che da un lato raggiunga capillarmente tutte le aree del mezzogiorno e, dall’altro, richiami verso di esse i cittadini di altre parti dell’ Italia, d’Europa e del mondo, attratti non solo dal mare e dal sole, ma anche dalla suggestione di avere a disposizione eccezionali testimonianze della storia dell’uomo.
Per rispondere a queste esigenze si propone di avvalersi dell’apporto che le scienze, e specialmente l’informatica, possono recare alla godibilità del patrimonio culturale, come conoscenza e tutela sono ottenute in maniera adeguata solo attraverso una ampia integrazione disciplinare. Questa si fonda sulla centralità della domanda storica e sull’essenziale apporto dagli ambiti propri di quasi tutte le scienze fisiche, matematiche e naturali.”
Il programma era immaginato in tre distinti progetti che avrebbero dovuto combinarsi fra loro in un complessivo piano di promozione culturale :
1. “la mostra vera e propria , in tre sedi diverse e contemporanee;
2. Il “ Museo virtuale”, cioè un sistema informatico interattivo per rendere accessibile un vastissimo patrimonio di dati, di immagini e suggerire possibili itinerari per l’accesso diretto e la migliore godibilità dei singoli contesti;
3. La promozione culturale, fondata su una struttura specifica destinata a portare al pubblico italiano, e meridionale, ma non soltanto, in località diverse da quelle della mostra, le immagini e le illustrazioni di esse e quindi i raggiungimenti culturali nella mostra ottenuti.”
Le sedi della mostra, individuate da Gullini, erano Siracusa , per la scienza, urbanistica ed architettura, la Certosa di Padula per il tema città e territorio, società ed irradiazione nel mondo indigeno e, infine, Taranto per le arti figurative.
L’assessore, siracusano, si rese subito conto della validità dell’idea. Il 24 settembre, con una nota indirizzata a Gullini, e per conoscenza al Ministero Beni culturali e al Direttore del Museo “Paolo Orsi” di Siracusa, istituì la commissione scientifica, della quale furono chiamati a far parte i Direttori generali dei Ministeri interessati e dell’Assessorato regionale, i responsabili delle Soprintendenze e dei Musei coinvolti nell’esposizione, illustri archeologi e docenti universitari. Gullini fu nominato presidente della commissione, in quanto, in qualità di consulente dell’Assessorato avrebbe potuto mantenere più diretti collegamenti con i Soprintendenti delle altre
regioni e fu invitato a procedere, ricevuta la disponibilità degli interessati, alla convocazione delle riunioni organizzative.
Il 28 settembre 1988 venne emanato un decreto assessoriale con il quale venne accolta la proposta complessiva e autorizzata la realizzazione di una mostra dedicata all’architettura della Magna Grecia, da tenersi presso il Museo Archeologico di Siracusa, impegnando la somma di un miliardo e duecento milioni di lire da spendere secondo il piano di ripartizione allegato alla
relazione del Prof. Gullini.
Quell’idea il professore la meditava sicuramente da tanto tempo e finalmente ritenne di avere trovato l’occasione giusta per realizzarla. Infatti fra Governo Nazionale, Ministero beni culturali e Assessorato Regionale era possibile un’intesa : c’erano le persone disposte al dialogo e c’erano i fondi messi a disposizione dallo Stato e da altre regioni oltre la Sicilia. Per coordinare i lavori della commissione e l’organizzazione generale venne creata, presso l’Assessorato, una segreteria della quale venni nominata responsabile.
Si trattava di mettere in relazione i vari attori e iniziare l’impresa affascinante, ma sicuramente difficile. Le difficoltà non spaventavano il professor Gullini, archeologo dal prestigioso curriculum : fu infatti professore ordinario di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana all’Università di Torino, direttore dell’Istituto di Archeologia e poi del Dipartimento di Scienze antropologiche, Archeologiche e storico territoriali dell’Università di Torino, Direttore, dal 1969, dell’Istituto Italo–Iraqeno di scienze archeologiche di Bagdad, Direttore responsabile di “Mesopotamia, rivista di Archeologia, Epigrafia e Storia Orientale antica, Presidente, dal 1979, del consiglio scientifico dell’Istituto di tecnologie applicate ai beni culturali del CNR, membro del Consiglio Nazionale dei Beni culturali ( dal 1976 ) e Presidente ( dal 1981 ) del Comitato di settore dei Beni archeologici, medaglia d’oro, nel 1971, dei benemeriti della Scienza, della cultura e dell’arte, e molto altro ancora.
Amava la Sicilia, in particolare Selinunte, che frequentava per le campagne di scavo e dove intervenne autorevolmente sulle ipotesi di anastilosi del tempio G. La sua bibliografia comprende un lunghissimo elenco di articoli e saggi, a partire dal 1943, che documentano l’evoluzione professionale dell’archeologo dai molteplici interessi, aperto alle innovazioni e alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Riteneva infatti necessaria, già nel 1987, l’integrazione disciplinare fra informatica, archeologia ed architettura per la migliore
conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
Ma, soprattutto, per quanto io ricordi, era un uomo animato da grande vitalità, sebbene l’età cominciasse ad avanzare, disponibile alle novità e pieno di entusiasmo, tale da trascinare il gruppo di collaboratori indispensabile per avviare l’attività.
L’iniziativa cominciò a prendere corpo ad ottobre, con una riunione a Siracusa . A dicembre il ministro per i Beni culturali, Vincenza Bono Parrino, convocava con telegramma “per programmazione e organizzazione della mostra e delle altre manifestazioni culturali dedicate ai Greci in Occidente previste estate 1990 gruppo docenti universitari e funzionari tecnico scientifici questo Ministero et regione Sicilia presso sede via del Collegio Romano giorno 7
dicembre ore 10”. Qui è d’obbligo aprire una parentesi personale. Il gruppetto di siciliani si mosse verso Roma in aereo e io dovetti necessariamente vincere la paura di volare che fino ad allora mi aveva limitato nei viaggi.
L’incontro fu produttivo. Il ministero manifestò grande interesse e si decise, sulla base delle segnalazioni dei partecipanti, di costituire 9 gruppi tematici con l’intento di avviare su un piano concreto la collaborazione dei molti studiosi in grado di contribuire al successo delle manifestazioni.
L’obiettivo fissato dal prof. Gullini, in una nota del 7 gennaio 1989, con la quale venivano convocati a Siracusa i gruppi di lavoro era quello di giungere, con l’apporto di ognuno ad un preciso progetto operativo, condiviso anzitutto dai partecipanti, che potesse rappresentare l’apporto della scienza archeologica in un ambito tanto importante come quello dell’irradiazione e dell’autonomo sviluppo della cultura greca nel Mediterraneo ad occidente della penisola balcanica.
Dal 18 al 20 gennaio 1989, presso la sala conferenze del Museo Paolo Orsi, si incontrarono e vissero esaltanti momenti di confronto i più importanti archeologi italiani. Ai componenti del comitato scientifico si erano infatti aggiunti numerosi altri studiosi, esperti nei vari settori previsti per la discussione. I gruppi di lavoro che si incontrarono a ritmo serrato si occuparono dei seguenti argomenti : “Le origini: dal III millennio alla colonizzazione; storia-religione-culti; La cultura non figurativa: poesia-teatro-storia-filosofia; Le aree di frontiera: Africa ed estremo Occidente; l’Adriatico; Greci e indigeni-Le culture autonome ma influenzate: Elimi-Etruschi-Punici; Scienza-Architettura Urbanistica; Città e territorio, uso del suolo; Arte e Artigianato; Il Museo Virtuale.”
Ricordo quei giorni fra i migliori della mia esperienza lavorativa. Ero realmente al centro di un brain storming, la tempesta di cervelli che gareggiavano per condividere conoscenze, dubbi, ipotesi. Prendevo appunti e talvolta intervenivo, ascoltata, facendo valere la mia laurea in lettere classiche.
Si aveva la sensazione di poter finalmente dare vita ad un progetto a più voci che realmente mettesse in rete le regioni del Sud e ne evidenziasse le enormi qualità culturali, realizzando percorsi di turismo intelligente. E questo doveva avvenire non per mano di privati, ma delle strutture pubbliche dei beni culturali. Il Professore Gullini ripeteva sempre che non avrebbe voluto si
replicasse quanto era già avvenuto per la mostra dei Fenici a Palazzo Grassi. Non avrebbe avuto senso relegare a Venezia quello che poteva e doveva essere valorizzato e fruito nel territorio di provenienza ed appartenenza.
Sembrava allora che questo, al tempo della prima Repubblica, fosse possibile.
Le discussioni animate, gli incontri, i fermenti culturali proseguivano anche a cena, alla tavola di Archimede e poi in giro per Siracusa, in festa per San Sebastiano. Venne infine il giorno della sintesi.
Partiti tutti, era il 21 gennaio, Gullini chiamò me e il collega ed amico Claudio Paterna per elaborare il programma delle manifestazioni. In una saletta dell’allora Jolly Hotel, dopo colazione, cominciò a parlare e a dettare, ad occhi
semichiusi. Le parole scorrevano incessantemente, frutto di una chiarezza estrema del pensiero, e scandite con precisione e senza esitazione e ripensamenti. Era come se tutto quello che diceva fosse conseguenza di una riflessione antica che fluiva arricchendosi di linfa nuova. Claudio ed io ci
guardavamo incantati, consapevoli di trovarci davanti ad un Maestro che, senza alcuna presunzione, ci arricchiva del suo sapere.
Il programma culturale, scaturito dai gruppi di lavoro, era estremamente analitico. Era previsto un comitato nazionale che avrebbe rappresentato i Ministeri coinvolti, la Regione siciliana e le altre Regioni meridionali. La collaborazione scientifica era aperta a tutti gli studiosi che lo avessero desiderato. In premessa era previsto che “La fase precoloniale costituirà il presupposto della trattazione attraverso quelle testimonianze che danno luce ai temi specifici , mentre gli aspetti non figurativi della civiltà della Grecia di Occidente dovranno emergere dalla illustrazione degli oggetti presentati. Ciò vale per tutti quelli che si riferiscono alla ricostruzione delle vicende storiche, come alla letteratura, alla poesia, alla filosofia e alla religione”. Per ogni mostra, da tenersi contemporaneamente alle altre, veniva indicato il percorso
espositivo, pensato cronologicamente e venivano individuati i luoghi più significativi delle trasformazioni. Così la prima sezione della mostra, confermata a Siracusa per il tema Scienza, urbanistica, architettura avrebbe dovuto rappresentare le differenze fra madrepatria e area coloniale, tenendo
conto della cultura preesistente, “non affatto insignificante e senza suggestioni. Megara e Siracusa, che risalgono all’ultimo VIII sec. offrono quei modelli di relativa ortogonalità che è collegata alla situazione topografica locale e che risponde, con la maglia che ne deriva, alla duplice esigenza di
drenaggio dell’area da occupare e di distribuzione dei lotti”.
Di seguito, analizzando nel corso dei vari secoli, gli impianti delle poleis e le tipologie abitative ci si soffermava sulla trasformazione della città, all’epoca delle tirannidi, “connessa alla trasformazione della città come luogo della società dei cittadini in funzione della crescita delle attività artigianali non solo finalizzate alla coltivazione della terra, ma anche alla produzione edilizia e di beni di consumo, oltre che alle attività terziarie. E’ l’impianto caratteristico di plateiai e stenopoi” , i cui esempi da considerare si ritennero Metaponto, Crotone, Locri, Selinunte, Imera mentre, con la grande novità Ippodamea, Turi viene definita “un documento fondamentale di questa concezione urbanistica , che porta sulla cultura dell’insediamento l’utopia della città panellenica”. E poi il IV secolo, l’urbanistica ellenistica, l’architettura templare e civile, gli edifici per riunioni, sfruttando il caso di Metaponto, le tipologie abitative incluse tutte le problematiche relative alla finitura e all’arredo della casa. Ritenendo essenziali i documenti di Taranto e Siracusa, l’approfondimento dell’architettura ellenistica in Sicilia era considerato particolarmente importante e pertanto Morgantina e Monte Jato avrebbero rappresentato un punto focale dell’esposizione. La seconda delle mostre previste avrebbe dovuto tenersi in Campania. Si era incerti fra la Certosa di Padula e il Museo Archeologico di Napoli. Si sarebbero analizzati i rapporti fra greci e indigeni, “ fornendo un quadro delle preesistenze al momento dell’arrivo dei coloni da cui si possa cogliere non tanto l’individuazione delle diverse etnie note dalla tradizione letteraria , ma i quadri culturali delle singole aree e l’impatto che questi hanno avuto con la civiltà dei coloni. Le città coloniali saranno viste come contenitore della società dei cittadini. Le vicende storiche saranno viste in funzione di questo sviluppo che determina trasformazioni non solo di carattere sociale, ma anche della stessa immagine della struttura. Nella città e nel suo territorio circostante saranno considerati i culti, tanto nell’espressione materiale dei templi e dei santuari, quanto sotto il profilo sociale come strutture catalizzanti la presenza umana nella città. Di questa fanno parte le feste, i giochi collettivi e internazionali fino a quell’aspetto culturale che è il teatro. Procedendo per aree territoriali e per santuari sarà possibile ricostruire gli aspetti più propriamente culturali e le forme di religione relative alle diverse divinità. Queste andranno viste in connessione con le categorie della società e nei rapporti fra Greci e Indigeni” .
Si sarebbe analizzata la vita economica e produttiva delle città, l’agricoltura, nonché la situazione e la condizione fisica delle popolazioni e la loro qualità di vita attraverso ricerche antropologiche e paleo patologiche. Insomma un quadro completo tale da fornire indicazioni di quella che “è stata la matrice delle trasformazioni delle civiltà italiche e il formarsi di quella romana”.
A Taranto avrebbero dovuto trovare spazio i documenti della cultura figurativa , presentati in funzione di quella che era la loro posizione fra gli apporti della madre patria e l’autonoma elaborazione propria dell’Occidente. Si sarebbero illustrate le notizie e i dati sui maestri che dalla madre patria operarono in Magna Grecia e Sicilia, cercando di ricostruirne la presenza attraverso la
produzione locale e perfino quella seriale, “L’esame dei documenti più significativi della ceramica di importazione, dall’età geometrica alla fine del V secolo illustrerà l’apporto di temi e di motivi stilistici dalla madrepatria, a costituire il fondamento di una cultura che è greca, ma che non subisce e sa fare le sue scelte presupposto di una nuova creatività. Questa sarà considerata nella produzione coroplastica bronzistica e scultorea, con particolare riguardo alla toreutica ed oreficeria…la cultura figurativa sarà studiata non solo nei suoi aspetti storico-stilistici, ma anche come prodotto di un artigianato che deve ubbidire a norme organizzative e ad esigenze di mercato che condizionano lo sviluppo e la fortuna delle singole botteghe. Il mercato, quindi, l’esportazione, costituisce lo strumento dell’irradiazione della cultura figurativa verso le altre aree e altre culture che saranno considerate di volta in volta per ciò che sono debitrici a quella della Grecia d’Occidente.”
L’ultimo aspetto approfondito era quello del Museo Virtuale, la cui idea, a quel tempo non era ancora ben consolidata. “Il museo virtuale è un sistema informatico interattivo che deve consentire, potenzialmente per ogni documento esposto, di fornire tutti i dati iconografici e contestuali che servono alla più esauriente interpretazione e alla ricomposizione del contesto di cui l’oggetto documento fa parte.
Quest’ultima è la funzione essenziale che mira, con gli strumenti dell’informatica, a portare nel luogo di esposizione quei dati urbanistici, architettonici, paesaggistici ed ambientali che sarebbero altrimenti soltanto richiamati alla memoria del visitatore e mai presenti all’effettiva sua valutazione del messaggio fornito dall’oggetto esposto. Quest’obiettivo deve essere realizzato non mediante l’offerta al visitatore di un messaggio già
definitivamente confezionato che necessariamente risponde ad un processo mentale dell’estensore, ma con la possibilità di fornirgli una serie di opzioni , che gli può scegliere secondo il tipo e la natura della domanda che la visione di ciò che è esposto gli ha suggerito. In tal modo l’acquisizione culturale che lo spettatore riceve è conseguenza di un suo atto di volontà, è la risposta ad una sua curiosità e quindi è chiaramente una cellula di quel processo che è fondamentale nella gestione del patrimonio culturale.” In prima istanza, al fine di presentare l’iniziativa era previsto che alcuni segmenti del Museo virtuale riguardanti l’Efebo di Mozia e l’Athenaion di Siracusa sarebbero stati realizzati per essere presentati nelle sedi di alcuni musei Europei , ad Atene e a New York. A rileggerlo a distanza di trent’anni il progetto appare sicuramente complesso, ma ricco di intuizioni importanti, sulle quali sarebbe importante tornare a discutere sia per i contenuti, che per le modalità organizzative e i principi delle stesse. Mi sembra rilevante, in particolare, il concetto, più volte ripetuto, di promozione culturale, alla base di una consolidata idea di educazione permanente al patrimonio e, per quanto riguarda il Museo Virtuale, la consapevolezza dell’opportunità di un approccio critico ai contenuti, conseguenza di un atto di volontà dello spettatore fruitore.
Dopo le riunioni di gennaio continuarono i contatti per portare avanti l’iniziativa. In una nota del 12 giugno 1989, l’assessore Gentile, informa i componenti del Comitato che “ i tre mesi che ci separano dall’incontro di Siracusa sono trascorsi per superare le lungaggini dell’iter per la auspicata costituzione di un Comitato Nazionale che consenta il formale coinvolgimento
all’iniziativa di Ministeri, Amministrazioni Regionali, Enti pubblici e privati. Spero che questo iter sia alla conclusione in modo che si possa partire, con l’apporto di tutti gli studiosi interessati, all’attuazione, con scadenza al 1992, del programma che fu disegnato nelle giornate di Siracusa. Per intanto , per iniziativa e per conto di questo Assessorato, si è avviata la realizzazione del primo segmento del Museo Virtuale sulle tre tematiche che furono individuate nell’occasione degli incontri di Siracusa. Si prevede di poterlo presentare a New York alla fine di ottobre e ai primi di dicembre a Siracusa nel Museo Regionale Paolo Orsi, ove potrà costituire anche un ottimo test per le reazioni del pubblico”. Purtroppo, come ho scritto prima, le ragioni della politica non sono quelle della cultura. A seguito di uno dei consueti avvicendamenti di governo, il 21 luglio Raffaele Gentile non è più Assessore , così come, nella stessa data, decade dalla nomina la Bono Parrino. Il professor Gullini continua a lavorare per concretizzare il sogno, ma il tempo è cambiato. I riferimenti, nei Ministeri, negli Assessorati, sono mutati. E’ la seconda Repubblica . Il progetto si ridimensiona . L’idea delle tre grandi Mostre tematiche del Sud e del vasto
progetto di promozione culturale è modificata. Avviene ciò che Gullini non avrebbe voluto. 25 Marzo 1996. Sono passati otto anni. La Fiat apre ancora una volta le sale di Palazzo Grassi per la mostra “ I Greci d’ Occidente”. Il Giovinetto di Mozia torna in trasferta a Venezia edè esposto insieme a tanti altri oggetti provenienti dai Musei della Sicilia e delle Regioni del Sud
Italia, e pertanto completamente decontestualizzati. La mostra è voluta dal Ministero Beni culturali, procedendo sulla linea definita a suo tempo da una
decreto di Alberto Ronchey, come scriveva Antonio Paolucci, allora Ministro per i Beni Culturali: “Occorre dire che la Mostra è del Ministero. L’organizzazione di Palazzo Grassi ha offerto la sede, ha curato l’allestimento, finanziato i restauri, reso possibile la concessione dei prestiti… ma laresponsabilità politica della mostra, insieme alla gestione e al controllo della linea scientifica, competono interamente al Ministero per i Beni culturali.”
Viene riconosciuto alla Sicilia lo spirito collaborativo per totale condivisione della linea scientifica.“Lo dico da Ministro-continua Paolucci- che non ha competenze amministrative né responsabilità gestionale dell’autonoma Regione Sicilia e che tuttavia ha potuto costatare in quest’occasione come i superiori interessi della cultura travalichino le partiture burocratiche”
Oltre che a Venezia, altre mostre minori, a corollario, si tengono a Napoli, Paestum,Policoro, Taranto. Rimane, a perenne memoria, il pesante catalogo di 800 pagine edito da Bompiani, nel qualeè possibile leggere i contributi di molti degli studiosi che furono presenti alle riunioni di Siracusa. A pagina 11 è pubblicata la composizione del comitato scientifico, presieduto da Giovanni
Pugliese Carratelli. Non c’è il Professore, ma due righe in calce recitano : “Un ringraziamento al Prof. Giorgio Gullini e al Prof. Attilio Stazio per l’apporto scientifico dato nella fase iniziale del progetto.”